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Teleriscaldamento al Tonale: un disastro annunciato

Un impianto teoricamente all'avanguardia, in realtà pasto delle lobby. E ora, oltre agli sperperi, c'è anche una disastrosa fuoriuscita di carburante: occultata dalla stampa.

Alberto Delpero

Che l’obbrobrioso impianto di teleriscaldamento di Passo Tonale dovesse partorire una qualche magagna era pacifico per tutti i vermigliani, compresi gli amministratori comunali autori dell’opera. Furono loro che nei primi anni ‘90 concepirono questo aborto. Lo sviluppo del passo trentino-lombardo doveva passare attraverso un servizio di teleriscaldamento che razionalizzasse i consumi e di conseguenza le emissioni inquinanti. Una carta di credito ecologica per una stazione che in fatto di ambiente è famosa, citata su tutti i libri riguardanti la speculazione edilizia. Per ritoccare questa fama l’impianto doveva essere un modello tecnologico all’avanguardia che sapesse integrare i sistemi di produzione energetica con fonti rinnovabili ed ecosostenibili. Facevano ben sperare i viaggi d’istruzione del sindaco Daldoss in compagnia di persone esperte e sensibili che lo portavano a vedere esempi positivi sparsi un po’ ovunque. Ma nulla può la pedagogia di fronte all’economia. Di punto in bianco i contatti con questi esperti cessarono e come un fungo nacque la Tonale Energia Srl: 70% di capitale del Comune di Vermiglio, 30% della FenEnergia (ditta camuna che commercia carburanti). 7 miliardi di lire l’investimento iniziale.

Per chi sognava un intervento rispettoso dell’ambiente fu come vedere il cane subappaltare la sorveglianza del gregge all’orso. Siccome per inquinare meno non c’è altro modo che bruciare meno, è azzardato credere che un’azienda che vende combustibili formi una società con un ente pubblico per diminuire le vendite.

Qui però - sostenevano gli amministratori - si sarebbe usato un combustibile ecologico studiato apposta per questi impianti, meno inquinante del gasolio da riscaldamento: il BTZ, sigla che sta per basso tenore di zolfo, in sostanza uno scarto della lavorazione del petrolio. Negli anni ’50 era la base delle caldaie delle grandi città.

A chi faceva notare come quasi tutti i teleriscaldamenti realizzati in montagna funzionassero a biomasse, la giunta rispondeva che non era conveniente. Il "cippato" non conveniente in un comune fra i più ricchi di bosco della provincia? Il vicesindaco, Pierino Veronesi, continua a vendere legname con il Progetto Legno anche di fronte a introiti ridotti a un quarto. I lotti venduti al prezzo attuale renderebbero di più se trasformati in biomassa e usati come combustibile. Niente da fare. "Una caldaia inquina meno di 40" è il motto della maggioranza. Quanto e quale combustibile si usi non importa.

Agli albergatori che aderivano al servizio era stato promesso un risparmio almeno del 20% sulle spese di riscaldamento. I più fortunati hanno invece avuto un rincaro del 10%. Ma c’è chi ha speso il 20% in più di quando usava la propria caldaia. Un albergatore si è rifiutato di pagare le bollette ed è tornato ad usare la sua caldaia facendo notare alla Tonale Energia che nel periodo novembre 1999-marzo 2002 ha speso per riscaldamento 28.324 euro, mentre nel periodo marzo 2002-maggio 2004 (quello coperto dal teleriscaldamento) la spesa è stata di 44.927 euro. Il presidente degli albergatori del passo ha proclamato ad una riunione di categoria il completo fallimento dell’operazione. Solo il socio del sindaco, comproprietario dell’Hotel Vittoria, ha sostenuto di averci guadagnato…

L’edificio polifunzionale, di proprietà del Comune, che ospita diversi servizi pubblici spendeva circa 17.000 euro all’anno, con il teleriscaldamento supera i 21.000. Siamo a un fallimento dagli obiettivi prefissati dell’ordine del 40%.

Quando in Consiglio comunale la minoranza gli presenta questi conti, il consigliere delegato in materia di energia, Renato Depetris, sembra uno di quei giapponesi che a guerra finita proseguivano a combattere: "Questo servizio è vantaggioso" - sostiene eroicamente in barba all’evidenza.

Atteso era anche un blocco legato all’inquinamento dell’aria. La scellerata scelta del BTZ come combustibile associata a diversi malfunzionamenti dell’impianto (accensioni frequenti, bruciatori vecchi, apparecchiature per ottimizzazione della combustione - microemulsione - non funzionanti) ha determinato un incremento delle sostanze emesse. Controlli inesistenti e la ventosità della zona hanno però risolto la questione. Gli inquilini di uno degli ecomostri edilizi costruiti negli anni ‘70 avevano ventilato querele per i fumi emessi che investivano gli appartamenti. Anche qui tutto risolto con la loro adesione al teleriscaldamento. Oltre a prezzi agevolati hanno ottenuto lo spostamento del camino. Ovviamente con denaro pubblico.

Nessuno, per venire al dunque, si aspettava la fuoriuscita di combustibile da un impianto nuovo e venduto come tecnologicamente avanzato. Edificando nell’alveo del torrente Vermigliana, a poche centinaia di metri dalla sorgente, dove può andare il combustibile fuoriuscito? Chi ha permesso questo, Provincia in testa che ha anche contribuito finanziariamente alla fregatura come fosse un interesse pubblico, non ha niente da dire?

Disastro annunciato dunque. Gli amministratori comunali non hanno nemmeno simulato sorpresa, minimizzando l’accaduto. "Solo 700 litri" - annunciava con aria serafica il sindaco in partenza per le ferie "nella iella siamo stati fortunati". E i giornali locali, confermando una pratica in voga, l’hanno preso come fonte oggettiva e nei tre articoli dedicati alla vicenda hanno ripetuto il tam tam del sindaco. Al massimo 1.000 litri. Ma c’è qualcuno nelle redazioni del Trentino e de l’Adige che ha un’idea delle misure di capacità? Mille litri sono un metro cubo: non inondano nemmeno un appartamento. Se quella fosse la quantità fuoriuscita nessuno se ne sarebbe accorto. Chiedere l’ultima bolla di carico (avvenuto solo 3 giorni prima del disastro) e confrontarla coi livelli della cisterna (ripulita in fretta, speriamo dopo averli rilevati) al 3 luglio, non si poteva? Come mai il sindaco, che per l’occasione fa le veci del suo fidato presidente della Tonale Energia, non divulga queste informazioni? Va bene rinunciare al giornalismo d’inchiesta, ma se si rinuncia anche alla raccolta dei dati e alla verifica delle fonti non ne possono uscire che pezzi fuorvianti. E infatti, per i due quotidiani, all’unisono col sindaco, è tutto sotto controllo: niente danni a flora e fauna del torrente, il combustibile non ha raggiunto il Noce, il sindaco "segue, senza sosta, i lavori di ripristino" (sì, dalla spiaggia!), e via così.

La realtà è ben diversa. Appena dopo il primo giorno di lavoro i pompieri avevano già raccolto 2.000 litri di combustibile. Le stime più rosee parlano di almeno 7.000 litri. A una settimana dall’incidente, in località Plaza Belina (500 m. di dislivello dal Tonale) l’acqua scorreva ancora impregnata di massa oleosa e maleodorante. Morìe di pesci non ce ne sono state solo perché mancano i pesci - stiamo parlando della sorgente della Vermigliana, a 2000 m, cioè un piccolo rio.

Attendendo le conclusioni dell’inchiesta (se ci sarà), va registrato l’ennesimo danno, anche d’immagine, che la politica inquinata dalle speculazioni rende alla Val di Sole.

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