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Il comparaggio farmaceutico

Quando una ricetta è più utile al medico che al paziente.

Pier Nicolò Cecchin

Nel momento in cui un medico prescrive un farmaco, dovrebbe essere guidato nella scelta da un unico criterio: l’efficacia del rimedio nel curare la patologia. Purtroppo non è sempre così: quando si instaura un accordo tra una casa farmaceutica ed un medico perché questi prescriva i prodotti di quella casa farmaceutica, senza preoccuparsi che essi siano davvero la risposta più corretta, in cambio di denaro o altre utilità, siamo di fronte ad un illecito penale: il comparaggio.

Il termine deriva da "compare" e sta appunto ad indicare "il medico che riceva, per sé o per altri, denaro o altra utilità ovvero ne accetti la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico" (Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265).

Questo patto illecito può ricondursi a spregiudicate strategie commerciali e può essere rinnovato senza limiti, per mantenere o espandere quote di mercato già raggiunte. Il punto di partenza consiste in una semplice operazione logica: perché, tra due medicinali contenenti lo stesso principio attivo, il medico o il farmacista dovrebbe scegliere il farmaco della casa farmaceutica A piuttosto che quello della casa farmaceutica B? Perché non offrirgli un incentivo per spingerlo in una precisa direzione?

La ditta farmaceutica si serve di un intermediario, l’informatore scientifico del farmaco, la cui funzione dovrebbe essere, a norma della L. 833/78 e del D.Lgs. 541/92, unicamente quella di descrivere al medico il prodotto elencandone le proprietà farmacologiche.

Spesso l’informatore scientifico accompagna la sua presentazione con campioni gratuiti e con gadget (la classica penna con il logo dell’azienda) legati al marchio della casa produttrice. Sia ben chiaro: in questo caso non ci troviamo di fronte ad un illecito.

Quando però la competizione trasforma l’innocuo gadget in orologi di pregio, viaggi in località esotiche o ingenti somme di denaro, è palese che si è innescato un meccanismo patologico che comporta un danno nei confronti della collettività. I farmaci prescritti a seguito del comparaggio, infatti, hanno di norma prezzi superiori ad altri farmaci "generici", che, peraltro, sono rimborsati dallo Stato.

Altro effetto collaterale è un incremento della spesa sanitaria, qualora i medicinali prescritti vengano posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Il comparaggio è sanzionato dal Codice di Deontologia Medica, secondo cui "ogni forma di comparaggio è vietata. La violazione di tale norma comporta la radiazione dall’albo del medico condannato in via definitiva".

Nonostante i riferimenti normativi piuttosto numerosi, questa strisciante forma di corruzione è riuscita ad insinuarsi quasi indisturbata, grazie ad una notevole difficoltà nelle indagini, dovuta soprattutto a problemi di ordine probatorio: il medico ha prescritto quel farmaco perché davvero è il più idoneo o perché non ha saputo resistere alle pressioni dell’azienda che lo produce? Il convegno nella lussuosa località balneare è davvero un aggiornamento professionale o l’ennesimo, sfavillante invito a redigere una ricetta interessata? Quand’è che si supera la soglia della legalità nell’elargire donazioni?

Per questi motivi il comparaggio è sempre stato un fenomeno sotterraneo ed infatti è solo dal 2002 che ha manifestato tutta la sua dannosità. L’operazione "Giove", portata a termine dalla Guardia di Finanza nel 2004 dopo due anni di investigazioni e che ha interessato il colosso farmaceutico multinazionale Glaxosmithkline(GSK), presenta dei numeri impressionanti: complessivamente sono stati denunciati 4.713 responsabili, residenti in ogni parte d’Italia; in dettaglio sono 2.579 i medici di medicina generale e 62 i dipendenti della GSK coinvolti per il reato di comparaggio. Il 22 febbraio 2006, il procuratore Guido Papalia ha deciso che saranno 30 i medici di famiglia ad essere processati per l’inchiesta sulla Glaxo

Dalle rilevazioni statistiche di Guardia di Finanza, Polizia e Carabinieri, risulta che dopo il boom del caso GSK, la situazione sembra essersi normalizzata; anche se, per sua natura, il fenomeno del comparaggio rimane caratterizzato da un elevatissimo numero oscuro, nel senso che le notizie di reato ad esso legate non corrispondono alla sua reale entità e questo impedisce di averne una visione precisa.

In questa dinamica è chiaro chi sia la vittima del comparaggio: il cittadino, che si trova svantaggiato, poiché in una posizione di asimmetria informativa rispetto a quei medici e a quelle case farmaceutiche che pratichino il comparaggio, impegnati a preservare interessi economici e status professionale più che a salvaguardare la salute del paziente.

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