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QT n. 11, dicembre 2009 Trentagiorni

In memoria di Luciano Baroni

Luciano Baroni era una persona affabile e cortese. Non era un ottimista nel valutare il mondo, però condiva sempre i suoi perentori giudizi con una adeguata dose di umorismo, spesso di sarcasmo. Era stato nei suoi primi anni giovanili un focoso frequentatore dell’oratorio e delle liturgie. Poi, come illuminato dalla ragione, si è convertito ad una visione laica della società. Ma ha conservato la radicalità delle sue convinzioni.

Luciano Baroni

Io lo conobbi nel luglio del 1943. Eravamo ragazzi, arruolati nelle organizzazioni del regime. Avevamo scelto di fare i prealpini, cercando nella montagna un antidoto alla dottrina del regime. Fu così che ci ritrovammo entrambi al passo Sella, in un campeggio della Gioventù Italiana del Littorio, addestrati da un gruppo di alpini della scuola d’Aosta a compiere arrampicate sulle pareti di quelle splendide montagne dolomitiche. Quando il 25 di quel mese giunse la notizia che Mussolini era caduto, noi due, con gli istruttori alpini, ci recammo al rifugio Valentini a brindare per festeggiare l’evento.

Da quel giorno restammo legati dalla nostra comune fede antifascista fino a condividere i drammatici eventi dell’eccidio nazista del 28 giugno del 1944. Poi lui divenne comunista mentre io fui socialista, ma la nostra amicizia non venne mai meno, anzi si consolidò nei lunghi anni che seguirono.

Insegnante, iniziò la sua missione a Riva per poi trasferirsi a Torino, ove rimase dal 1960 al 1979. Vi svolse una intensa attività culturale, come critico cinematografico dell’Unità e dirigendo l’Unione Culturale “F. Antonicelli”. Tornato a Riva, si dedicò a scrivere dando alle stampe un romanzo, “Le stagioni interrotte”, un accurato resoconto dell’esperienza della sua generazione, ed un racconto lungo, “Paspartù”, dove riprende i temi della sua formazione nel contesto storico-politico travagliato dell’epoca fascista e della guerra. Dà alla luce numerose poesie in lingua italiana ed in vernacolo, nelle quali non si perde in astratte astruserie, ma con forma lapidaria morde la realtà che lo circonda.

Infatti la sua indole e la sua cultura portano i segni di una ossessiva coerenza alle sue profonde convinzioni. Onesto ed esigente con se stesso e con gli altri, non incline al facile compromesso, del tutto sprovvisto dell’italica arte di arrangiarsi, incapace di cedere ad una rinuncia conveniente. Libertà, eguaglianza, giustizia sociale erano i valori in cui credeva e che hanno permeato la sua vita pubblica e privata.

Era un simbolo vivente della Resistenza ed un sicuro punto di riferimento per tutti noi. Se ne è andato lasciando un vuoto incolmabile.