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QT n. 7, 6 aprile 2007 Monitor

“Genesi”: un progetto da rivedere

La riscrittura in chiave contadina della Bibbia della pur benemerita Arca Azzurra Teatro non convince. Al di là della stucchevole ricerca dello scandalo (da parte della stampa locale) per un seno nudo.

Ci sono compagnie teatrali, come l’"Arca Azzurra Teatro", che ogni anno portano a Trento la loro felice aggregazione di talenti, la cui esibizione in scena onora il teatro e la cultura. Non sempre però la scelta dei soggetti da rappresentare è altrettanto felice, ancorché coraggiosa. Venerdì 23 marzo abbiamo assistito allo spettacolo "Genesi – I ribelli", per la regia di Ugo Chiti, una serie di scene ispirate alla Bibbia: Caino e Abele, L’arca di Noè, La torre di Babele, Lot.

Le recite precedenti erano state enfatizzate dalla (rituale?) diatriba cittadina tra i due principali quotidiani locali, il Trentino e L’Adige, i quali, rispettivamente, avevano biasimato e lodato la rappresentazione. In particolare, il Trentino – che ultimamente sembra colto da fremiti scandalistici preoccupanti – aveva dato notizia sulle sue pagine di spettatori scandalizzati dalle scene di nudo e usciti durante lo spettacolo. Ebbene, il nudo c’era, ma quanto a trarne motivo di scandalo per farci fuggire, ci sarebbe voluto ben altro. D’altronde, la sensibilità e il senso del pudore sono fattori soggettivi, e uno spettacolo teatrale rischia sempre di scontentare qualcuno. Goldoni diceva che è vano aspirare all’"applauso universale". Dal nostro punto di vista, ci chiediamo se in casa propria quelle persone così sensibili cambino immediatamente canale, non appena vedono un paio di natiche o di seni; se si chiudano in casa per non vedere chiappe sporgenti dai jeans; se evitino di andare nei musei (nelle chiese!) per non vedere nudi. Inoltre, ci chiediamo se abbiano mai letto la Bibbia, per davvero, perché di sesso ce n’è anche lì, ovviamente ben contestualizzato. Come lo erano le (fugaci) scene di nudo inserite nello spettacolo di Ugo Chiti, al quale ritorniamo per dire la nostra.

Ebbene, la sensazione è che il tentativo di raccontare tali episodi "sulle cadenze oscure e giocose di una lingua contadina", come recita il dépliant di sala, non sia del tutto riuscito. Non per mancanza di bravura degli attori – eccellenti, come sempre – né per imperizia dell’autore-regista, ma, semplicemente, perché i testi scelti non si prestano particolarmente – a nostro parere – a una lettura media, né troppo burlesca (alla Giobbe Covatta, o, se preferite, alla Woody Allen), né troppo seria (rappresentazione sacra). In altre parole, abbiamo avvertito diversi momenti di allentamento della tensione drammaturgica, culminati nel tormentone dell’innalzamento della torre di Babele, e conseguenti momenti di stanchezza da parte nostra. Se queste sono "le prime tessere di un progetto che prende a pretesto la straordinaria concisione narrativa della Genesi", per una riscrittura in chiave contadina di episodi biblici, potrà forse essere opportuno riflettere a fondo sugli esiti effettivi della messa in scena.

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