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Il viaggio del Presidente

Antonio Graziano

Il viaggio del presidente nordamericano in America Latina è partito dal cuore del Mercosur, il mercato comune del "Cono del Sud", cioè dell’America meridionale, di cui fanno parte come Stati membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela e, in qualità di associati, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù.

Bush con il presidente brasiliano Lula.

L’Aire Force One è volato in Brasile ed Uruguay per poi continuare in Colombia, Guatemala e Messico.

La scelta dell’America Latina è dovuta, tra l’altro, ad una politica estera che eviti un ulteriore fracasso politico di fronte a un Congresso a maggioranza democratica dopo il caos dell’Iraq.

In aggiunta, l’abbraccio continentale di Bush tende a controllare i governi di sinistra e sostenere quelli di destra della regione, e risulta funzionale ad una nuova politica energetica.

Stati Uniti e Brasile producono da soli il 72% dell’etanolo di tutto il pianeta. Questo prodotto, di origine vegetale, garantirebbe agli USA una maggiore autonomia dai combustibili fossili e permetterebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Mentre gli Stati Uniti producono etanolo dalla fermentazione del mais, con basso rendimento ed alti costi, in Brasile il processo, che parte dalla canna da zucchero, permette una produzione più efficiente.

Atterrato a San Paulo il giorno della festa della donna ed accompagnato da una mobilitazione di 5.000 persone tra esercito, polizia, FBI e CIA, Bush è riuscito a concludere con Lula un accordo sulla tecnologia di produzione del prezioso alcool.

Per il futuro, si parla addirittura di una sorta di OPEC dell’etanolo, in quanto, secondo il presidente nordamericano, il suo Paese ha l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal petrolio e generare un minore impatto per l’ambiente.

In realtà, la produzione di etanolo presenta rischi sostanziali, come la deforestazione dei boschi tropicali e la perdita di fonti alimentari, visto che per la produzione di questo alcool e di altri biocombustibili vengono usati prodotti come il mais, la colza e la soia.

Intanto per protestare contro la politica nordamericana, 30.000 persone si sono ritrovate a manifestare con un chiaro slogan: "Bush go home!". Una marcia conclusa fra gas lacrimogeni, proiettili di gomma e manganellate. Il bilancio è stato di alcune decine di feriti e vari arresti.

In Uruguay, lo stesso copione, con alcune varianti. Con un contingente di 2.500 persone al seguito Bush è stato accolto dal presidente Vázquez ad Anchorena, a 200 chilometri dalla capitale e ha dato l’OK ai negoziati per la definizione di accordi commerciali e di investimenti.

Infine, sulla scia del Brasile, anche il paese rioplatense contribuirà alla nuova politica energetica con l’industria dell’etanolo.

In contemporanea, la società civile aveva preparato una serie di proteste. Una carovana non violenta verso la località di Anchorena e due manifestazioni con circa cinquantamila persone il primo giorno.

La prima manifestazione era soprattutto contro l’intrusione nordamericana, ma poco critica nei confronti del governo uruguaiano. L’altra, spiccatamente anti-imperialista e dall’apparenza pacifica, ha invece generato alcuni disordini, col danneggiamento di alcuni Mc Donald’s e di altre strutture commerciali e l’arresto di una ventina di persone.

Il giorno successivo si è poi tenuta una marcia verso la casa dell’ambasciatore americano, dove era in corso un banchetto in onore del Presidente. La manifestazione è stata repressa dalle forze dell’ordine.

Negli stessi giorni il presidente venezuelano Hugo Chávez è atterrato in Argentina, col suo deciso discorso contro Bush, definito "un cadavere politico". Dopo aver firmato accordi di cooperazione energetica e di assistenza agrozootecnica con il presidente Kirchner, è ripartito alla volta della Bolivia.

Vediamo ora di riflettere su quello che rappresenta oggi il Mercosur come potenziale strumento dell’integrazione latinoamericana.

Vi sono, a prima vista, due assi energetici: l’asse dell’etanolo Brasile-Uruguay, sostenuto dagli Stati Uniti, e l’asse del petrolio Argentina-Venezuela, sostenuto dal Paese caraibico, che insegue il sogno di un’integrazione continentale.

Rimane fuori il Paraguay, altro socio del blocco regionale, che dopo la Colombia è il secondo paese di importanza strategica per la militarizzazione yankee in Sudamerica.

La storia si ripete con tre parole semplici: Divide et impera. In passato è toccato all’Inghilterra, che quasi due secoli fa favorì la creazione dello stato tampone dell’Uruguay per separare i due giganti sudamericani, Brasile e Argentina.

Oggi tocca agli Stati Uniti, con l’occupazione militare, la nuova politica energetica e l’acrobatica metamorfosi di Bush da petroliero ad ambientalista. Basterebbero forse pochi passi da percorrere insieme ed una rinnovata intuizione geopolitica, guidata magari da Argentina e Brasile, ma con le forze degli altri soci del blocco Mercosureño, per mettere fine ai battibecchi continentali e trasformare il rio della Plata, da scenario di conflitto in scenario d’integrazione.