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QT n. 20, 24 novembre 2007 Servizi

“Cene dell’altro mondo”: troppo successo…

Una grande festa, ormai troppo spettacolare, che rischiava di stravolgere il vero significato dell’iniziativa. E allora si è deciso di chiudere.

Cene dell’Altro Mondo: chi non le conosce? La grande festa che per tre giorni all’anno monopolizzava Martignano è un evento che non passava inosservato, neppure presso chi se ne teneva alla larga. Per otto anni questa festa popolare ha polarizzato l’interesse dei cittadini sulle comunità altre, portando alla ribalta gruppi ed etnie spesso ai margini della nostra società. Così è stato per esempio per la comunità islamica, coinvolta nell’edizione di esordio del 2000. O per quella balcanica, protagonista nel 2001, cioè in un tempo in cui i balcanici erano soltanto dei vicini di casa praticamente sconosciuti e non l’emergenza sociale che paiono rappresentare oggi.

Otto anni fa scommettere sul coinvolgimento dei trentini in una manifestazione etnica era assai meno scontato di quanto possa apparire oggi. Una serie di intuizioni azzeccate, come quella di puntare sul cibo per arrivare alla cultura, ha fatto crescere in modo sorprendente la manifestazione, nata quasi per caso e con lo scopo di dare un po’ di visibilità ad un’associazione che allora muoveva i primi passi. L’associazione in questione è Tremembè e da allora di strada ne ha fatta tanta, come le Cene, che nelle ultime edizioni hanno avuto un vero e proprio boom, tanto da costringere il Comune a modificare, in quei giorni, la viabilità del quartiere e a potenziare le linee di autobus da e per Martignano.

Eppure, proprio all’apice di quello che – almeno dall’esterno – pare un successo travolgente, l’Associazione Tremembè ha deciso di mollare. Perché? E perché questa decisione ha avuto così poca risonanza?

Cancellare una festa che coinvolge migliaia di persone dovrebbe avviare una protesta spontanea. Ma non è accaduto nulla di tutto questo e l’annuncio della chiusura (pubblicato sui quotidiani locali nello scorso mese di giugno) non ha provocato quelle reazioni che era naturale aspettarsi. Come mai? Per capirne di più siamo andati a trovare Armando Stefani, presidente di Tremembè, l’uomo che più di tutti nelle Cene ha creduto e investito.

Armando Stefani, allora è proprio vero, niente più Cene dell’Altro Mondo?

"Confermo. Non senza dubbi e titubanze abbiamo preso questa decisione; erano anni che ci interrogavamo sul senso di questa manifestazione che diventava sempre più grande, complessa, popolare e che allo stesso tempo assumeva modalità espressive e mediatiche che ci andavano strette perché sempre più legate alla spettacolarizzazione.

I problemi e i dubbi erano dentro di noi, a partire da me, che dedicavo alla manifestazione sei-otto mesi all’anno. Tremembè non è nata per organizzare spettacoli! In Trentino: lavoriamo, o almeno questo è l’impegno che ci siamo assunti nello Statuto, per far crescere la comunità dentro un’ottica solidale e di accettazione di chi viene da lontano e ci è apparentemente estraneo".

C’è stato qualche altro momento, in questi anni, in cui avete rischiato di chiudere?

Problemi seri ne abbiamo incontrati pochi. Abbiamo trovato quasi sempre porte aperte, disponibilità ed interesse a sostenere il nostro sforzo. Evidentemente in questi anni ci siamo fatti apprezzare per la nostra onestà e la nostra capacità organizzativa. Eravamo dentro un trend ascendente e praticamente tutto ciò che proponevamo era colto come importante e degno di essere sostenuto".

Come è nata l’idea delle Cene?

"Gli amici immigrati ci invitavano spesso alle loro tavole. Sedersi attorno al desco è un’ottima modalità per conoscersi, abbassare le barriere, costruire ponti ed allacciare amicizie. Sono stati loro stessi, gli ‘stranieri’, a lanciare l’idea. Era tutto una novità e i trentini si spellavano le mani davanti alle sfilate di moda africane e alle feste brasiliane. Spettacoli costruiti in casa con nessuna professionalità ma tanto entusiasmo".

Dal 2000 al 2007: cosa è cambiato in questi otto anni?

"Nel 2000 invitare gli amici musulmani ad organizzare una cena in piazza a Martignano era un atto non dico rivoluzionario, ma di certo non scontato; ricordo che all’apertura arrivò l’illuminato parroco Don Giorgio a dare il benvenuto agli ‘ospiti stranieri’. La gente stava ad osservare ai bordi della piazza e i più non capivano perché questi forestieri avessero i riflettori puntati su di loro. Oggi la festa multiculturale è quasi una consuetudine e la troviamo in molte sagre dei nostri sobborghi. Il nostro compito può dirsi concluso".

Come ha vissuto l’associazione la crescita del fenomeno Cene dell’Altro Mondo?

"Le Cene sono sempre state l’occasione in cui le risorse umane dell’associazione venivano ottimizzate per far fronte ad uno sforzo organizzativo davvero elevato, che a volte ci ha messo a dura prova. Ma era il nostro biglietto da visita perché la manifestazione era conosciuta e apprezzata da migliaia di persone. Ci sentivamo orgogliosi di essere quelli che organizzavano le Cene, l’appuntamento forse più famoso del mondo associazionistico trentino. Durante la tre giorni si mettevano a nostra disposizione ogni anno circa un centinaio di volontari, a dimostrazione del seguito raccolto presso i cittadini, giovani e meno giovani"

Qual è stata la discussione interna all’associazione su questo inaspettato successo di pubblico?

"Eravamo dibattuti tra due posizioni estreme: da una parte la popolarità che cresceva di anno in anno e che ci spingeva ad andare avanti. Dall’altra la consapevolezza che, con il successo, il nostro messaggio si annacquava, esortandoci a rimettere tutto in discussione.

Man mano che si perfezionava la macchina organizzativa, venivano meno l’interazione, l’incontro, la possibilità di conoscersi per abbattere la reciproca paura e diffidenza: dunque si perdeva lo scopo iniziale. E’ vero che la nostra formula aveva individuato il cibo e la festa come strumento per avvicinare un target distante dal mondo della solidarietà e dell’interculturalità, ma è altrettanto vero che la spettacolarizzazione inquinava sempre più la spinta primaria rischiando di stravolgere il messaggio. E questo è un rischio che non abbiamo voluto assumerci oltre, perché crediamo che la mancanza di incontro e di dialogo sia una delle cause di degrado del nostro stile di vita e della perdita di senso che affligge i nostri giovani".

I gruppi di immigrati coinvolti in questi anni sono stati davvero tanti e molto vari. Qual è stata la maggiore difficoltà nel lavorare con loro?

"Quasi sempre erano gruppi non strutturati, che si coagulavano attorno al compito delle Cene. Dovevamo quindi confrontarci con gruppi senza identità e senza leadership e questo non ci aiutava. Ma molte di queste compagini informali sono oggi associazioni strutturate, che offrono servizi culturali alla nostra comunità: un risultato significativo e inaspettato. Ho bellissimi ricordi di persone con cui ho condiviso il lavoro fino a notte inoltrata, dopo turni di lavoro massacranti. In generale direi che l’entusiasmo ci ha permesso di superare difficoltà e fatiche davvero grandi".

Per tre giorni all’anno questo evento ha rivoluzionato, nel bene e nel male, la vita di Martignano e dintorni. Come hanno reagito i suoi vicini di casa?

"Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un Comitato Culturale lungimirante che ha sostenuto attivamente il nostro percorso, anche quando qualcuno lanciava critiche e improperi verso l’avanzata dei barbari. Con gli amici del Comitato di Martignano abbiamo condiviso un percorso che ci ha arricchito vicendevolmente. Devo un ringraziamento particolare al presidente, che ci ha sostenuto anche quando le Cene rischiavano di oscurare la tradizionale sagra del paese".

Al di là dei numeri e della risonanza, qual è secondo lei l’obiettivo più importante raggiunto dalla manifestazione?

"L’aver avvicinato ai nostri messaggi un target distante, distratto".

Si aspettava una reazione maggiore all’annuncio della chiusura?

"Mi aspettavo che qualche voce immigrata chiedesse pubblicamente di andare avanti e qualche trentino ricordasse di essersi sentito proprio bene in quelle serate di primavera, lassù in collina. La verità è che la notizia, qualsiasi notizia, per circolare deve essere ripresa più volte da molti mezzi di comunicazione e questo lo stabiliscono i media. In realtà poche persone sanno che le Cene non si faranno più; la scorsa settimana alcuni leader di comunità mi hanno avvicinato chiedendomi se quest’anno poteva essere il loro turno".

Trento sentirà la mancanza delle Cene dell’Altro Mondo?

"Penso di sì! Era considerata da molti la vera festa di primavera della città".

I numeri delle Cene

Le Cene dell’Altro Mondo sono nate nel 2000 e da allora la manifestazione è continuata ininterrottamente per 8 anni, raccogliendo un crescente, e per certi versi sorprendente, successo di pubblico. Le comunità straniere coinvolte sono state molte e ancora di più sono stati i gruppi, anche spontanei, che si sono attivati per realizzare il grande evento che le Cene sono state.

E allora proviamo a dare i numeri:

8 le edizioni realizzate dal 2000 al 2007
112.000 gli euro di contributi pubblici erogati nelle 8 edizioni
450 i pasti serviti nel 2000
2.400 i pasti serviti nel 2007
50 le comunità e gruppi di immigrati coinvolti
520 i volontari che hanno lavorato
4200 i mq occupati dalla festa nell’ultima edizione
600 scolari e studenti coinvolti a vario titolo
36.000 i visitatori totali stimati