Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

“Tutto è grigio ora per noi”

Lo straordinario diario di una quattordicenne bolzanina durante i difficili mesi del 1943.

Un piccolo avvenimento ha colpito chi scrive più dei titoloni di cronaca nera o politica – sempre più confusa – sulle prime pagine dei giornali locali. I responsabili di questo giornale non amano che si parli di libri. Racconta ciò che accade, consigliano. Benché si tratti di un libro, tuttavia, sosterrei che più che di una pubblicazione oggi qui si tratti di un fatto.

"Tutto è grigio ora per noi" è il diario di pochi mesi del 1943 di una quattordicenne di Bolzano. Lo pubblica la Raetia, casa editrice locale da qualche anno distintasi per aver dato voce a testimonianze che contribuiscono a capire meglio periodi storici difficili e rimasti oscuri o, meglio, oscurati da letture – scritture – tese a sostenere una particolare posizione politica e etnica piuttosto che a comprendere il passato. In questo caso addirittura il testo è doppio: sulle pagine pari la traduzione tedesca, sulle pagine dispari l’originale italiano.

L’autrice, Silvana Cumer, era la primogenita di una famiglia di insegnanti elementari trasferiti durante il fascismo a Bolzano dal Trentino, ben inseriti nella società italiana locale con ruoli nel movimento fascista, allontanati solo negli anni dal 1934 al 1936, quando gli insegnanti di origine trentina subirono il trasferimento perché sospettati di essere legati ai sudtirolesi da una comunanza di tradizioni insostenibile per il regime fascista e di non essere abbastanza decisi nell’insegnare la lingua italiana.

Il diario incomincia nel marzo 1943 e si interrompe definitivamente l’otto settembre dello stesso anno. Non c’è prova che prima o dopo Silvana, da adulta diventata pediatra e neuropsichiatria a Milano, abbia scritto altro, se non lavori scientifici nel suo campo, dove fu anche ricercatrice. Lasciamo ai critici letterari di raccontare la bellezza sorprendente delle lingua e dei riferimenti ai testi classici, e la capacità di pensiero autonomo nonostante l’influenza della retorica fascista (riportiamo alcuni brevi estratti in “Voglio scrivere un poco della guerra...”). Qui interessa di più porre l’attenzione sulla chiara voce di una ragazza italiana che a Rencio, quartiere di Bolzano abitato prevalentemente da persone di lingua tedesca, racconta ciò che vede nei cruciali mesi di un anno di guerra.

Il 1943 è l’anno della caduta, prima che del fascismo, delle illusioni del popolo italiano nei confronti delle promesse gridate del Duce e dei suoi. I reduci dalla Russia, Radio Londra, le notizie di bocca in bocca, facendo attenzione ai delatori, diffondono la generale consapevolezza della sconfitta dell’Italia. Anche l’ostilità verso i tedeschi rinasce, dopo pochi anni di alleanza mal digerita. In particolare ciò vale per la giovane bolzanina italiana, che insieme ai suoi connazionali ha assistito per tre ani alla presenza ingombrante delle istituzioni germaniche deputate a svolgere le pratiche burocratiche per l’attuazione delle opzioni. Anche nel diario l’ostilità si manifesta con forza, accompagnata dal timore per l’inflessibilità mostrata dall’esercito alleato sui vari fronti.

8 settembre 1943: le truppe tedesche entrano a Bolzano da Rencio.

E’ interessante per la storiografia locale di sentire una voce diretta del vissuto degli italiani, e di avere la prova di un sentimento così profondamente diverso da quello dei concittadini di lingua tedesca nello stesso tempo e nello stesso luogo.

Di Rencio, 8 settembre 1943, sono note le immagini di donne, eleganti nei loro Trachten, che distribuiscono mele, fiori e sorrisi ai soldati dell’esercito tedesco. L’entusiasmo è alle stelle. E proprio lì, in una casa lungo la strada circondata da orto e giardino, non troppo dissimile dai masi vicini, il padre di Silvana, molto impaurito, si nasconde con la figlia nella vasca della lavanderia, sotto un tavolino. Questa paura caratterizzerà tutti gli italiani per i successivi due anni di occupazione e di governo della Zona di Operazione delle Prealpi, e in particolare coloro che facevano parte della borghesia burocratica legata al regime.

L’assessora alla Cultura di lingua tedesca, Sabina Kasslatter Mur.

La giovane autrice compie nel breve lasso di tempo in cui scrive il diario una forte evoluzione interiore e politica, tipica della sua generazione: dall’ammirazione sconfinata per il Duce salvatore, alla delusione, fino alla perdita di ogni punto di riferimento politico e alla messa in dubbio delle convinzioni precedenti, condizione necessaria a una apertura democratica.

Lasciamo il resto alla scoperta dei lettori, che sono introdotti da due brevi saggi di Hans Drumbl, docente dell’Università di Bolzano, e dello storico Carlo Romeo, che mette in rilievo con la consueta finezza molti aspetti personali, storici, letterari e politici del testo. Da segnalare invece che la pubblicazione è stata sostenuta dall’assessorato alla Cultura di lingua tedesca, - di qui la traduzione contestuale – che si mostra molto più lungimirante dei colleghi di lingua italiana.

Questi ultimi, impasticciati nelle trame partitiche e nel sottogoverno, indeboliti dai limiti culturali personali e dei loro consiglieri, trascurano di valorizzare le testimonianze della presenza italiana in Alto Adige. Il rischio è la scomparsa dell’esperienza di vita di un gruppo linguistico. E si deve essere grati della sensibilità dell’assessora SVP Sabina Kasslatter, che insieme all’editrice, si fa da tempo carico di una rilettura più equilibrata della storia locale.