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QT n. 22, 22 dicembre 2007 Monitor

Rosanna Cavallini e Paolo De Carli

La figura delle donna di Cavallini, e gli arazzi di De Carli, in una "doppia personale" dei due artisti trentini.

Ultimamente Rosanna Cavallini e Paolo De Carli si sono molto impegnati, anche sul fronte espositivo, nella loro appassionata attività di studiosi e collezionisti di arte sacra popolare, mentre mancavano notizie sulle loro personali ricerche figurative.

Rosanna Cavallini, “Rosso profondo” (2007).

Oggi vediamo che l’una e l’altro sono stati ben attivi anche su questo fronte, grazie alla "doppia personale" allestita nella rinnovata sede della galleria il Castello di Trento.

La figura della donna rimane il motivo dominante del lavoro di Rosanna: non il suo ritratto e nemmeno, in fondo, la sua fisicità, la consistenza corporea, ma qualcosa che attiene piuttosto al sentimento di sintonia tra la donna, il suo corpo e il mondo.

La figura femminile, in questo ciclo di opere, viene messa in relazione ad un mondo acquatico, in un binomio molto essenziale ma fertile di rimandi, che procedono nelle direzioni solo apparentemente divergenti del mitico e del contemporaneo e, rispetto ai lavori di qualche anno addietro, sembrano accentuare il senso di una serena padronanza della propria origine e del proprio destino: sono da un lato le sirene, o le "anguane" della nostra tradizione locale, dall’altro i profili netti di nuotatrici dei nostri giorni, dove tutto è giocato non sugli strumenti del verismo ma sulla pulizia quasi astratta delle linee, il contrasto dei campi cromatici e, alternativamente, la leggerezza di corpi che l’elemento acquatico tiene in sospensione, oppure la fissità di un gesto isolato nel tempo.

Paolo De Carli, “Burattino” (2006).

Altro è il punto di vista delle opere di Paolo De Carli, e molto diversi i mezzi espressivi. Si tratta soprattutto di grandi arazzi, affidati per la tessitura alla moglie Katia Pustilnicov, nei quali l’autore sviluppa una forma di narrazione che si presenta spezzata e articolata su piani diversi (piani mentali, perché non c’è ricerca di profondità), talvolta incentrata su un unico personaggio, più spesso abitata da una pluralità di presenze umane e non umane, tra le quali si insinuano anche innesti di grande cultura pittorica opportunamente rivisitati.

Al di là delle ascendenze che sono state in altre occasioni messe in luce con la sensibilità surrealista ed espressionista, si riceve da queste opere il sentimento di un conflitto tra una visione drammatica dell’esistenza (il ricorrente burattino, a volte appeso, a volte smembrato, a volte replicato ne è forse il simbolo più evidente) e un’aspirazione di bellezza e di ordine, conflitto irrisolvibile come possiamo ad esempio notare, in una chiave non priva di amara ironia, nell’opera intitolata "Archivio".

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