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QT n. 3, 9 febbraio 2008 Servizi

Marcialonga: una mangiatoia proprio per tutti?

Il grande fascino della manifestazione da una parte, ma dall'altra nuovi aspetti problematici o addirittura decisamente negativi.

La Marcialonga è un miracolo continuo: la sua ideazione anzitutto. Il suo pubblico, il contorno paesaggistico, la forza degli atleti e la tenacia dei "bisonti", la caparbietà degli organizzatori: non vi è dubbio, la Marcialonga di Fiemme e Fassa è ormai leggenda. E’ una manifestazione che ad oggi ha sconfitto ogni avversità: mutamenti climatici, incomprensioni fra persone e Comuni, la dissennata urbanistica delle valli di Fiemme e Fassa, i costi che una simile iniziativa comporta.

Pensiamo solo al clima: per alcuni anni, mentre trascorreva gennaio e ci si avvicinava all’appuntamento, abbiamo visto i prati secchi, nel fondovalle (ma anche in quota) non c’era neve. Prima si sono organizzati decine di camion che scendevano dai passi carichi della preziosa neve, poi è arrivato l’innevamento artificiale, sempre più organizzato, sempre più programmato lungo il percorso. Ma le alte temperature - si pensi al gennaio dell’anno scorso - erano riuscite a rendere problematica anche questa possibilità. Ma la neve, o il freddo arrivavano comunque, appena in tempo: tre giorni prima, nel 2007, la neve; dieci giorni prima, quest’anno, il freddo.

L’ultima edizione è stata percorsa fra le folate di fön, un vento che aveva portato a Moena 12 gradi centigradi, 16 a Cavalese e la neve, ora dopo ora, era sempre più fradicia, la pista più sporca di aghi, di rami, di pigne. Se invece del 26 gennaio la gara si fosse corsa il 27, la pista sarebbe risultata impraticabile.

Non c’è dubbio, una stella importante, affascinata dalla manifestazione, brilla sopra la Marcialonga di Fiemme. Anche per questo motivo, parlare di Marcialonga richiede un certo rispetto, perché si tratta di un gigante ricco di dignità; ma questo non significa tacere le perplessità che di anno in anno si vanno accentuando.

Discutendo con alcuni dirigenti in merito a certe forzature sempre più evidenti, la riposta ricevuta è stata: "Tutti i magna da sto’ piatto, anca ti, alora tasi".

"Tasi?" Perché? Cosa tacere?

Si chiede di tacere una insofferenza sempre più percepibile e diffusa in valle. Tutti capiscono come le forzature sul percorso siano ormai difficili da sostenere, economicamente ed ambientalmente. Anche quest’anno Moena è stata costretta a svuotare le vasche del suo acquedotto più importante e pulito per permettere l’innevamento della pista, gettando nelle vasche la dura acqua dell’area di "Poza". Analoga la sofferenza a Ziano di Fiemme e non solo.

L’arrivo della prima “Marcialonga” (1971). Nelle altre foto, immagini dell’edizione 2007.

E poi i costi: quanto costa ai comuni la Marcialonga di Fiemme e Fassa? Un rendiconto pubblico dettagliato non viene mai presentato ai cittadini, nemmeno nei consigli comunali, nemmeno dove questi conti vengono chiesti. Anzi, ci si accorge che gli amministratori dei comuni non sanno quanto effettivamente il loro ente abbia speso. Si può dire che ai due comuni più importanti, Moena per la partenza e Cavalese per l’arrivo, la Marcialonga costi dai 60 agli 80.000 euro l’anno. Nel costo non sono compresi solo gli euro trasferiti all’organizzazione, ma anche il costo delle macchine operatrici dei comuni, le centinaia di ore delle squadre di operai, gli operai distolti da funzioni più importanti, come la pulizia dalla neve fresca delle strade e dei marciapiedi o altri lavori socialmente ben più indispensabili (in quei giorni Cavalese non riusciva a pulire dalla neve i marciapiedi che portano all’ospedale). I costi indiretti dei comuni non rientrano nel bilancio economico complessivo della Marcialonga.

Anni fa alcuni sindaci più esigenti e più attenti ai veri bisogni del turismo, avevano preteso e ottenuto che i costi sostenuti per l’innevamento dei 70 chilometri della gara avessero una ricaduta temporale adeguata: si era chiesto che la pista rimanesse agibile almeno dal 10 dicembre al 10 febbraio. I mutamenti climatici in atto hanno frantumato la posisibilità di una simile prospettiva. Ed infatti anche quest’anno la pista era agibile solo dal 20 gennaio e già lunedì 27 risultava impercorribile. Ed allora perché, e per chi specialmente, spendere tanti soldi (300.000 euro sono sufficienti?), tanta energia, gettare in questo modo tonnellate di acqua, scavalcare, avvolgere la valle con macchine operatrici e decine di camion?

E poi l’opinione pubblica si sta accorgendo come non sia proprio vero che la Marcialonga faccia mangiare tutti. Certamente brindano felici coloro che impiegano i loro costosi mezzi e si fanno lautamente pagare e brindano gli albergatori, ma sempre meno gli affittacamere. Brindano anche i sindaci e assessori comunali che possono godere di qualche giorno di visibilità e vengono gratificati delle stupende giacche a vento con soffici piumini dell’organizzazione, qualche volontario, pochi, specialmente i dirigenti dei gruppi, siano questi alpini o Croce Bianca, siano le ACLI o gruppi di paese come i circoli degli anziani, alla truppa rimane la gratifica di una pastasciutta in un tendone.

Sono questi gli aspetti che ormai tengono banco nelle discussioni nei paesi: gli amministratori vengono paragonati alla grande casta politica: non spartiranno come i nazionali, ma sanno trovare i loro vantaggi nel sostenere l’organizzazione Marcialonga e tacere i tanti problemi.

Si tace dello spreco energetico, dell’innevamento artificiale di settanta chilometri di tracciato, ormai uno scandalo, anche perché, come già detto, la neve non rimane in pista più di una settimana. Causa la Marcialonga e l’accumulo di neve ghiacciata, la costosissima ciclabile di Fiemme e Fassa rimane per oltre due mesi inagibile alle passeggiate, alle corse, all’uso in bicicletta. Ci si accorge della disaffezione della gente, della routine dell’evento: se si escludono i paesi attraversati dalla manifestazione come Moena, Predazzo e Cavalese, il pubblico rimane distante e sempre più freddo, attende i primi atleti e poi scompare. L’organizzazione poi è sempre più invadente: senza chiedere, passa sui terreni privati, impone pubblicità, non ripristina prati e pascoli sconvolti dall’innevamento e dall’uso dei pesanti caterpillar, mai una volta chiede scusa: alla Marcialonga - pensano i dirigenti - tutto è dovuto.

E’ forse venuto il momento di ripensare l’evento, di valutare se veramente la sua ricaduta sia tanto diffusa e ovunque positiva, se il bilancio sociale dei costi e delle privazioni imposte valga la spesa dello sforzo richiesto alle due valli. Ad oggi un bilancio sociale dell’evento non lo si è ancora mai letto. Eppure sarebbe interessante affrontare questa discussione.

Intendiamoci: qui abbiamo voluto accentuare le perplessità, ma non abbiamo dubbi, l’evento è un investimento economico, pubblicitario e sociale che non si può cancellare o incensare con banalità, è storia ormai, di tradizione e di sport internazionale, una gara mito.

Alfredo Weiss il presidente, afferma che la manifestazione non perderà la sua identità, che non é una gran fondo qualsiasi. Ne siamo convinti, ma proprio come auspica il presidente, si dovrà pur cominciare ad affrontare, a bocce ferme, anche i ragionamenti qui solo accennati proprio per non cadere nella banalità fredda di un marchio.

E’ una riflessione che non riguarda solo la Marcialonga; lo stesso si potrebbe dire per la Ciaspolada della valle di Non o per altri eventi sportivi importanti, come le gare di Coppa del Mondo, l’organizzazione di eventi internazionali come i mondiali di sci alpino e sci nordico.

Se si va a Torino, si scopre che i sindaci di troppo paesi non sanno più come gestire le grandi infrastrutture costruite per l’Olimpiade e le chiudono. A Bormio i mondiali del 2005 hanno lasciato debiti, denunce penali e procedure d’infrazione avanzate dall’Unione Europea per i danni ambientali causati dall’evento, per le conseguenze di due anni di desertificazione turistica, anche invernale.

Questi grandi eventi cosa lasciano alle popolazioni locali? Sono proprio un piatto dal quale tutti attingono in positivo?