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QT n. 10, 17 maggio 2008 Monitor

Flavio Albanese e la natura della fama

Buon risultato del bravo attore nello spettacolo per un uomo solo tratto da Dostoevskij ("Le notti bianche").

E’ come una sinfonia, "Le notti bianche" di Dostoevskij, con la sua scansione in quattro "Notti", un flash-back ("La storia di Nastjen’ka"), e, infine, "Il mattino". Qualcuno se ne sarà pur accorto; in ogni caso, l’8 maggio scorso, al teatro Cuminetti, tale aspetto musicale del testo probabilmente è stato colto da chi assisteva allo spettacolo scritto, diretto e interpretato da Flavio Albanese; intitolato, appunto "Le notti bianche".

Albanese è un attore preparato: tiene la scena da solo, gesticola ma non si sbraccia, modula voci e registri tonali senza esagerare; ha il senso dello spazio, anche se si è relegato, regista di se stesso, in una striscia di palcoscenico piuttosto sottile. E’ vero che si trova ad essere agevolato da un bel testo; tuttavia il suo merito è innanzi tutto quello di averlo scelto e adattato drammaturgicamente. La sua proposta teatrale invita alla lettura del breve romanzo di Dostoevskij, ed è questo il più efficace stimolo che uno spettacolo dovrebbe sempre suscitare.

Inizialmente, la presenza in scena di un trio musicale appare fastidiosa, perché distrae lo spettatore. Quando non suonano, i musicisti fanno gesti, movimenti, sullo sfondo, che richiamano inevitabilmente l’attenzione.

Tuttavia, dopo un po’ ci si abitua, piacevolmente intrattenuti dalla bravura di Albanese, che in un’ora e 20 minuti ci racconta le speranze e le frustrazioni sentimentali di un impiegato anonimo, un sognatore. Scene particolarmente apprezzabili sono l’inconsolabile pianto, alla lunga comico, di Nastjen’ka/Albanese, e quelle in cui la voce della nonna di lei si colora di un bizzarro quanto esilarante accento barese.

Infine, l‘accompagnamento musicale risulta nella maggior parte dello spettacolo meno estraneo di quanto pareva all’inizio, salvo gli inconvenienti di cui s’è detto.

Il confronto tra la staticità di Enzo Decaro, nel precedente "La natura dell’amore" - visto il 20 marzo scorso, sempre al Cuminetti, tratto da Lucrezio, con accompagnamento della New Project Jazz Orchestra - e il trascinante brio di Albanese è tutto a favore del meno celebre dei due; il che fa riflettere sulla... natura della fama.

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