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Tutti pazzi per l’Itas

In un crescendo di provincialismo, lo scudetto nella pallavolo dà alla testa: al punto da invocare soldi per lo sport professionistico, da togliere dove? Dalla cultura.

Lo scudetto tricolore a Trento ha entusiasmato. E in una disciplina popolare come la pallavolo, non in una di nicchia, per qualche centinaio di praticanti in tutta la nazione, come era stato un tempo per la pallamano o per il tamburello (a dire il vero c’era stata due anni fa l’Ata Battisti impegnata nella finale per il titolo nazionale a squadre di tennis, e non c’era un decimo dell’aspettativa per la pallavolo; ma il tennis è sport individuale, le competizioni a squadre come somma di risultati singoli non suscitano passioni particolari, a meno che non sia la Coppa Davis).

La festa per lo scudetto in piazza Duomo (Foto di Marco Trabalza, tratta dal sito www.trentinovolley.it)

Dunque, entusiasmo. Ed elogi per i meriti della società, meritati: mettere assieme una squadra competitiva, tenerla assieme, farle vincere una concorrenza agguerritissima è un indubbio merito manageriale. "Io ho vinto due Coppe dei Campioni, lui che cosa ha vinto?" diceva 14 anni fa Silvio Berlusconi, riferendosi al suo avversario nel collegio di Roma, il prof. Luigi Spaventa, che era solo un luminare in Economia. E il Cavaliere faceva lo sbruffone, ma – pur nella sua grevità e nel colpevole ammiccamento alle popolaresche insofferenze verso la cultura – aveva una porzione di ragione: organizzare una squadra vincente a livello mondiale è una questione non solo di soldi, ma anche di notevoli capacità organizzative.

Quindi, brava Itas, bravo il patron Diego Mosna. E ottimo messaggio per Trento e per il Trentino, che in questi anni è riuscito a scrollarsi di dosso il pesante stereotipo, non immotivato, di posto da lupi, marginale, buono solo per una spartana vacanza ecologica. E in quest’ottica va secondo noi compresa anche la sponsorizzazione pubblica: come avevamo scritto in un recente, più ampio servizio proprio sull’Itas ("Sport: soldi pubblici per i professionisti?" nel n° 7 del 2006) pur ritenendo assolutamente preminente il sostegno allo sport di base, che è tutt’altra cosa ed ha ben altro rilievo sociale, anche la sponsorizzazione del professionismo può avere un suo senso positivo. Si tratta di valutare e di discernere.

E proprio le valutazioni, il ragionamento, ci sono sembrati assenti nella sbornia da scudetto. Con l’atteggiamento classico del provinciale, che quando raggiunge una notorietà nazionale perde la testa, i commenti, i propositi, i progetti, sono andati decisamente fuori dal seminato.

E alcune cose si possono scusare in quanto dettate dall’euforia, ma su altre è opportuno mettere i puntini sulle "i".

Ci riferiamo anzitutto al sindaco Alberto Pacher, che si è messo a vagheggiare un "nuovo palazzetto". Il palazzetto attuale (4.000 posti) è insufficiente a contenere i tifosi dell’Itas: i tifosi degli anni delle vittorie. Un manager (e un sindaco) sanno però (o dovrebbero sapere) che la vittoria, alata, può volar via; ogni squadra ha un suo ciclo, alle vittorie seguiranno le sconfitte. Ora, spendere venti milioni (minimo) per un nuovo palazzetto, che sarà pronto tra dieci anni, è una scommessa azzardatissima.

Non dimentichiamo poi che l’attuale palazzetto, con i suoi 4.000 posti, ha costi di gestione gravosi, che il suo utilizzo per spettacoli è del tutto improprio (un palazzetto non è un auditorium, e l’acustica è pessima): un palazzetto più grande, quanto graverebbe sulle casse comunali? E quanto sarebbe utilizzato? Ha senso scommettere sull’Itas ancora da scudetto fra dieci anni?

Questo ci sembra il classico ragionamento politico, che cioè implica priorità, scelte di fondo. Per lo sport professionistico val la pena spendere tutti questi altri soldi? Per pagare i giocatori (bulgari) con i loro costi da capogiro, per mantenere tutto l’ambaradan collegato (altre quaranta persone e più, oltre agli atleti, impiegati stabilmente, fra dirigenti, allenatori, preparatori atletici, medici, paramedici, accompagnatori, operai...)?

Se parliamo di sport, e di sovvenzioni allo sport, non è meglio parlare di sport praticato, e non guardato?

Di giovani e meno giovani atleti, e non di tifosi?

"Non si può mettere in contrapposizione lo sport praticato con quello professionistico" è il ritornello. Sì, ma fino a un certo punto: la torta da dividere è sempre quella: se una parte viene favorita, l’altra ne risentirà. Ed è la parte cui dovremmo tenere di più.

Chi il discorso della torta lo risolve brillantemente, è il Corriere del Trentino, che in un editoriale del 13 maggio a firma Carlo Giordani trova la soluzione: aumentiamo la torta, portando via quella della cultura. Sentite: "Lo sport merita dignità pari alla cultura, dove gli interventi pubblici sembrano correre molto più generosi. Se qualcuno in passato si è scandalizzato per il sostegno offerto dalla Provincia all’Itas Volley, dovrebbe scandalizzarsi molto di più per quelli assai più cospicui (fatte le debite proporzioni) elargiti a festival seguiti da poche decine di persone".

A parte il fatto che non conosciamo festival "seguiti da poche decine di persone" riccamente e ripetutamente sovvenzionati, è proprio l’impostazione di fondo che ci sembra aberrante. Il popolo ha diritto ai circenses gratuiti, la cultura tenetevela! E qui il Giordani si salda con Berlusconi: "Io ho vinto due Coppe; come osa paragonarsi a me quel fallito che ha passato la vita a studiare e scrivere libri?"

L’assessore Mellarini ha prontamente risposto preannunciando un aumento della sponsorizzazione da 400.000 a 700.000 euro. E dove prende i 300.000 euro in più? Non lo sappiamo. Sappiamo che QT ha fatto domanda di 2.000 euro per aggiornare un PC; ci è stato risposto: "Ne avete diritto, ma abbiamo finito i soldi". E’ così per altre 150 associazioni culturali?

In compenso possiamo aumentare i compensi ai bulgari.