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Il cratere di Carezza

Alberto Filippi

Un nuovo lago è sorto sopra quello di Carezza, un invaso di 96.000 metri cubi, visibile al pari del famoso lago dalla maggior parte dei panorami che si possono godere salendo verso le cime del Latemar o del Catinaccio.

Panorami rovinati da una mostruosa bruttura. La cima di una collina verde, nel mezzo dei due splendidi gruppi dolomitici, spianata, scavata, destinata ad essere riempita da tre strati di materiali plastico-gommosi, da ghiaia e infine dal cemento. Una piaga grande come due stadi ha deturpato il territorio, grazie alla cupidigia di qualcuno e alla stoltezza di coloro che lo hanno permesso. Senza nessun valido motivo si priva il territorio di 96 milioni di mc di acqua da destinare alla giostra delle nevi, ad un insignificante carosello sciistico senza alcun senso economico.

Non so se una simile devastazione ambientale sia compatibile col patto stabilito con l’Unesco, ma se lo fosse, seri dubbi potrebbero sorgere sull’efficacia di questa tutela internazionale del territorio.

È proprio dal punto di vista economico che lo sci è indifendibile. Nel tentativo di arricchire ancora di più qualche personaggio che probabilmente gode dell’amicizia di politici che contano, si devasta il territorio, si spreca la sua acqua e una quantità enorme di energia: quella consumata dalle pompe della stazione a valle di Malga Moser per spingere milioni di litri d’acqua nelle condotte che salgono verso il Catinaccio affinché siano alimentati i cannoni neve, lungo un percorso costato l’abbattimento di centinaia di alberi.

Qualcosa però non quadra. Per l’innevamento delle piste che da Malga Moser raggiungono il rifugio Fronza tutta quest’acqua non serve e pertanto una tale spesa di denaro non trova giustificazione.

L’unica spiegazione la si può trovare in un obiettivo mancato: la realizzazione della nuova pista che l’entrata delle Dolomiti nel patrimonio dell’umanità non permetterebbe più.

Gli artefici di questa iniziativa imprenditoriale, fino a qualche mese fa, davano per scontata la realizzazione della super pista fra la Paolina e la Coronelle. Avevano già segnato con cura il tracciato, poi è arrivata la doccia fredda dell’Unesco. Nonostante ciò, ci provano ancora: propongono una pista un po’ più corta di quella originaria che possa andare bene anche per l’Unesco.

Intanto dall’altra parte è stata allargata a dismisura lo sterrato che sale ai prati del Latemar, con l’abbattimento di altri alberi e lo spostamento del pascolo un po’ più in là.

Al Passo di Costalunga la nuovissima seggiovia a 4 posti è entrata in funzione per portare i turisti estivi sotto il Pulpito. Siamo rimasti qualche ora a guardare l’impianto. Non abbiamo visto nemmeno una persona andare alla cassa: solo seggioloni vuoti andare su e giù davanti agli occhi rassegnati degli addetti ai lavori. A cosa serve sprecare risorse per far andare un impianto vuoto? - si chiede incredula la gente.

Ma altre domande più importanti chiedono spiegazione: chi ha autorizzato, con la concessione edilizia provinciale numero 2008/66, l’invaso per una tale capacità? E quanti e quali contributi sarebbero stati erogati per una simile devastazione? In tal caso avrebbero ragione coloro che sostengono che in Provincia girano troppi soldi e sono spesi male.

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