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Un look da rifare

Callista & Mafalda

Cari lettori di QT, questo mese lettera aperta. Per favore, sosteneteci. Vogliamo aprire un dibattito sui cliché esistenti a proposito del trentino medio. Se chiedete in giro per l’Italia “Cosa ti viene in mente se ti dico ‘Trentino’?”, le risposte più frequenti saranno polenta, tedesco, neve, mele, orso, Trieste (ma solo per i ripetenti in storia moderna che sono convinti dell’esistenza di un ponte che colleghi le due città irredente), alpini e grappa. Che gran bella pubblicità. Praticamente siamo degli esseri perfettamente bilingui che vivono in una baita (ragione per la quale dovremmo essere sempre abbronzantissimi, ma col segno degli occhiali da sci), abbiamo un orso come animale da compagnia, ci vestiamo solo in loden tempestato di stelle alpine, intingiamo la polenta nella grappa mentre cantiamo “Quel mazzolin di fiori” e abbiamo Heidi come vicina di casa, il che ci permette di fare il tiro al bersaglio con le mele alle sue caprette (che salutano sempre e solo lei, ‘ste maleducate). Sono soddisfazioni.

In realtà sappiamo tutti che non è così, ma andiamolo a spiegare ai nostri compatrioti. In fondo loro ci conoscono anche (o meglio, solo) grazie alla pubblicità dei nostri prodotti tipici, che non aiutano a scardinare gli stereotipi. Prendiamo ad esempio la regina dell’esportazione trentina, la mela: in una pubblicità un albero gigantesco ballonzola felice, come se abitassimo nella foresta del Signore degli Anelli. Inquietante: e inoltre ciò avvalora il pensiero che noi trentini siamo ubriachi tutto il giorno, visto che vediamo muoversi le piante. In un altro spot, una bella gnocca pedala felice per i meleti della Val di Non e l’unica preoccupazione del coltivatore è che la mela - che lei ha rubato - abbia il bollino: tanto per cominciare provate voi a pedalare per i frutteti, che manco Moser lo saprebbe fare; ma, soprattutto, il gioioso contadino noneso (che da dicerie, ma solo dicerie, non è particolarmente generoso) il bollino te lo tatua in fronte, se provi a toccare una mela: con un randello. Altro che isola felice di bucolica serenità dove tutti sono belli, buoni, facili e sani come la Polenta Valsugana (e su questo non aggiungiamo altro, perché è come sparare sulla Croce Rossa). Nell’ultima pubblicità, poi, una biondissima fanciulla addenta una mela sulle note di “Varda che passa la villanella, os’ce che bella la fa ‘namorar”. Che scelta raffinata: non che Giovanni Allevi ci facesse proprio schifo, ma già che ci siamo tanto valeva optare per qualcosa tipo “Gobo so pare, goba so mare, goba la fiola de so’ sorela...”: almeno passavamo per simpatici burloni.

Quindi volevamo dire ai pubblicitari di venire a fare un giro in Trentino prima di partorire questi capolavori del marketing: parlate con la gente comune, chiedete loro un’opinione sulle vostre idee geniali. Sarà anche vero che i trentini sono riservati e schivi: ma un caldo e affettuoso “vaffanculo” in questo caso non ve lo rifiuterebbero. Ovviamente offrendovi un bicchierino di grappa.

diariodellederelitte.blogspot.com.

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