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Quanto vale un vestito Benetton?

Associazioni per la Pace e i Diritti Umani

"In un anno 60 milioni di chilometri di tessuto, 7.000 negozi in 120 paesi, 6 milioni e mezzo di chili di lana, 90 milioni di pezzi per una superficie pari a due volte e mezzo il Belgio".

Così il gruppo Benetton ama presentare i suoi numeri con metafore ad effetto e spettacolari relazioni interattive, invece di aridi bilanci ed asettici grafici. Ma cosa sta dietro a questo impero finanziario partito dalla maglieria per espandersi a mille altri settori? Dietro ai capi di abbigliamento multicolori e sempre di tendenza che vestono molti italiani esiste una situazione di prevaricazione ed ingiustizia.

Benetton negli anni ‘90 ha comprato un pezzo di Argentina, quasi un milione di ettari di Patagonia con tutto quello che c’è dentro, compresi sorgenti d’acqua, animali e soprattutto persone, uomini e donne, i Mapuche, che da sempre vivono in quegli sterminati territori. Si narra che Benetton possa attraversare tutta la Patagonia senza mai uscire dai suoi terreni. E’ riuscito a creare il più grande feudo del paese che va dalla cordigliera delle Ande alle province di Chubut e Santa Cruz, diventando il più grande proprietario terriero dell’Argentina, padrone di un territorio dove pascolano 280.000 ovini capaci di fornire circa 6.000 tonnellate di lana, ovvero il 10 per cento del fabbisogno complessivo del gruppo.

La popolazione indigena Mapuche, popolo originario della Patagonia diviso tra Argentina e Cile, si è trovata a fare i conti con il concetto di proprietà terriera, mai conosciuto prima, e con nuovi ostacoli alle attività di sussistenza: recinzione degli appezzamenti, impossibilità di accedere alle risorse idriche e molto altro. Ma è ammissibile che una impresa possa comperarsi una regione intera a "scatola chiusa" senza considerare i diritti della popolazione che da sempre vive su quella terra?

Comitato delle Associazioni per la Pace e i Diritti Umani di Rovereto

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