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Linea Torino-Lione: facciamo i conti

L’Italia ha certamente un bisogno disperato di trasferire dalla gomma alla ferrovia quote significative di passeggeri e di merci: ne ha bisogno per ragioni ambientali, per la crescente paralisi della mobilità su strada, per ragioni commerciali. La ragione per cui i passeggeri, e ancora di più le merci, si spostano quasi esclusivamente su gomma, non è la scarsità di ferrovie: sui due assi di attraversamento ferroviario transalpino verso la Francia (Ventimiglia e Fréjus) viaggiano ogni anno poco più di 10 miliardi di tonnellate di merci contro una capacità di trasporto di 50 miliardi di tonnellate. Anche in questo caso la logica delle grandi opere ex-novo prevale su quella della manutenzione, dell’ammodernamento, di un uso maggiore e migliore delle infrastrutture esistenti: si punta su un’opera faraonica che costerebbe svariati miliardi di euro - soldi, sia detto per inciso, che ad oggi non ci sono: ne a Roma né a Bruxelles - quando si potrebbero potenziare e modernizzare le linee esistenti, e investire sulla logistica del trasporto merci.

Con questo non si vuole negare che per rendere il sistema ferroviario efficiente e concorrenziale con le altre modalità di trasporto, occorrano anche nuove infrastrutture. E’ però necessaria una pianificazione adeguata, con un’attenta valutazione di costi e benefici. A questo proposito ricordiamo alcuni dati in merito alla presunta necessità di realizzare con urgenza la nuova linea ad Alta Velocità.

Attualmente sono quattro i tunnel di base progettati o in via di realizzazione nell’arco alpino: ad ovest quello della nuova Torino-Lione, a nord quelli svizzeri del Loetschberg sull’asse Novara-Berna (in costruzione, apertura nel 2008) e quello del Ceneri-Gottardo sull’asse Milano-Zurigo (in costruzione, apertura nel 2016), e ad est quello del Brennero (in progetto). I corridoi di transito interessati dai tunnel ferroviari già oggi drenano, da soli, il 70% dell’intero trasporto merci transalpino, e addirittura l’87% del transito ferroviario. Non vi è dunque alcun dubbio che le quattro grandi opere siano posizionate strategicamente.

Ma allora perché diciamo che la nuova Torino Lione è un’opera strategica ma non prioritaria? Sulle quattro ferrovie esistenti la tratta Torino -Lione è quella con minori, o inesistenti, problemi di congestione. Non esiste conflitto con il traffico passeggeri sulla sezione di valico, e le capacità non utilizzate permetterebbero di assorbire già oggi quasi tutto il traffico merci delle strade del Fréjus e del Monte Bianco: a fronte di 6,9 milioni di tonnellate trasportate nel 2004, la linea esistente ha una capacità, a regime (2008, con la conclusione dei lavori di risagomatura dei tunnel attuali), pari a ben 25 milioni di tonnellate annue.

C’è poi un’altra ragione per cui la nuova Torino-Lione non ha carattere prioritario: benché l’Unione Europea l’abbia ascritta al corridoio Lisbona -Kiev, l’analisi sull’origine e la destinazione (O/D) delle merci (effettuata nel 2000 dalla società francese "SETEC Economie" nello studio di scenario commissionato da Alpetunnel) ci dice che la Torino-Lione è e sarà, in realtà, un asse nord-sud: i terminali regionali delle merci che attraversano la Torino-Lione sono per l’80% in Europa Centrale, tra l’Ile de France, il Benelux e le isole britanniche. Solo una minima parte delle merci è diretta verso la Francia sud occidentale e la penisola Iberica. Dal lato italiano, le O/D sono tutte interne, localizzate prevalentemente (75%) nel triangolo Milano-Torino-Biella.

Questa differenza tra la rappresentazione europea e la realtà dei traffici ha profonde ripercussioni: le O/D delle merci che utilizzano e utilizzeranno la Torino-Lione possono essere servite con analoga efficienza anche dalle linee Novara-Berna e Milano-Zurigo.

Anche nel caso che si verifichino nel medio periodo degli aumenti di domanda di trasporto superiori alla capacità della linea, al momento non previsti da nessuno scenario, non ci sarà paralisi ai valichi, perché le nuove trasversali svizzere assicureranno comunque, a partire dal 2016, un eccesso di capacità utilizzabile.

L’Italia dà priorità alla linea Alta Velocità/Alta Capacità (un binomio che è un pasticcio sul piano dell’esercizio ferroviario, e che contiene al suo interno la indeterminatezza delle politiche di corridoio) senza enunciare né perseguire obiettivi di trasferimento del traffico, anzi facendosi isolata promotrice di iniziativa per il raddoppio di capacità anche delle due principali strade di attraversamento dell’arco alpino italo-francese, con le proposte di nuovi tunnel del Monte Bianco e del Fréjus (anche presso i francesi il nostro ministro si è guadagnato il titolo di ‘tunnelier’). L’Italia, molto più della Francia, si espone finanziariamente per un’opera che non è mai stata sottoposta alla valutazione di una credibile programmazione dei trasporti e a cui non si chiede di rispondere a condivisi requisiti prestazionali rispetto alle aspettative di riduzione del traffico stradale.

Infine, tanto per capire che non esistono con questo progetto oggi prevedibili significativi vantaggi ambientali, lo studio SETEC (commissionato dai progettisti del tunnel) afferma che alla messa in esercizio del tunnel e della nuova linea Torino-Lione è assegnabile una quota di aumento del traffico su ferro dello 0,9%, corrispondente ad un trasferimento modale gomma-ferro pari ad un ridicolo 0,2%!