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QT n. 3, 11 febbraio 2006 L’intervista

La CGIL che verrà

Sugli esiti del Congresso della Cgil intervistiamo il segretario Ruggero Purin. Riconfermato, ma con un risultato inferiore alle aspettative.

Quanto hanno pesato le divisioni interne?

Ruggero Purin, segretario provinciale - riconfermato - della Cgil.

"Il congresso unitario è stato un passaggio inedito e un po’ complicato: momento di ricomposizione dopo le passate fratture, ma con le diverse anime che comunque vogliono marcare la loro presenza. L’esito del voto ha indicato come questo lavoro unitario non sia completato: non tutti gli elementi di diffidenza sono superati".

Questa situazione quanto è dovuta a diversità di visione politica, e quanto a motivi di potere?

"Sulle questioni di fondo la Cgil ha dimostrato una forte coesione; certo, poi ci sono differenze nelle articolazioni della strategia di base, dilatate indubbiamente anche da problemi di potere, peraltro legittimi. Comunque si sono fatti passi avanti significativi".

Uno dei punti centrali della sua relazione, che ha suscitato perplessità, è il tono sfumato delle critiche alla Giunta Dellai in tema di economia e lavoro.

"In effetti su questi temi, tra noi e la Giunta, c’è una condivisione delle questioni di principio: il riposizionamento del sistema industriale trentino, una politica industriale selettiva che punti alla sostituzione delle attività a bassa qualità, il distretto tecnologico-ambientale, lo sforzo su formazione, innovazione e ricerca, gli ammortizzatori sociali... Insomma, un’idea di politica industriale c’è, la condividiamo, si sono presi una serie di provvedimenti. Noi critichiamo i tempi con cui si procede".

Diciamo anche che il principale strumento per fare tutto ciò, l’Agenzia per lo Sviluppo, è stata un flop clamoroso.

"Si sono persi tre anni. Finalmente, l’estate scorsa, è partita la riforma dell’Agenzia: a questo punto il giudizio è sospeso".

Diciamo che esiste un problema della politica dellaiana: grandi e bei discorsi, ma una pratica ben lontana da essi?

"C’è anche un problema di imprenditorialità, che non può pensare solo a trasferimenti dal pubblico, e che deve imparare a investire e rischiare in una situazione - il Trentino - dove sussistono i requisiti fondamentali: a iniziare dalla ricerca e formazione. L’innovazione nasce anche dall’Agenzia dello Sviluppo, ma deve esserci una disponibilità della classe imprenditoriale. E invece c’è un ritardo: la domanda di lavoro è tuttora rivolta alla fascia di qualità medio-bassa".

Veniamo alla concertazione: anche qui, da Dellai avete tante belle parole, poi però decide lui, mettendovi di fronte a decisioni già confezionate.

"Su questo tema in effetti c’è un divario tra il dire e il fare della Giunta. Dovremo incalzarla. Anche perché l’esperienza nazionale dovrebbe aver insegnato quanto finisca per costare l’abbandono della concertazione e la ricerca dello scontro. Faccio l’esempio di un tema: gli appalti. Con la Giunta abbiamo fatto un ottimo accordo, hanno approvato una legge interessante; poi però è poco e male applicata: i controlli latitano, l’illegalità c’è. E queste sono responsabilità della politica, che chiude gli occhi di fronte ai furbetti".

Appunto. E allora che fa il sindacato?

"Denunciamo le pressioni lobbystiche che hanno prodotto regole abnormi, che consentono a chi ha partecipato a un appalto e lo ha perso, di rientrare nei subappalti; è chiaro che così si apre la strada ai cartelli e agli accordi sottobanco. Ora, lo so che c’è in giro un diffuso fastidio per le regole. Ma ormai credo sia chiaro che senza regole il mercato semplicemente non funziona".

Appunto per questo c’è una richiesta di maggior incisività nei vostri rapporti con il governo provinciale.

"La Provincia è rimasta ferma per dieci anni. Ora sta recuperando, lavora a spron battuto; il che comporta anche per il sindacato l’obbligo di seguire questo percorso: siamo perennemente in commissioni, tavoli. ecc".

Ma riuscite ad essere influenti?

"Credo di sì. Per esempio, la riforma dell’Itea era partita malissimo, e siamo arrivati a un approdo che ritengo interessante. E anche sulle politiche sociali siamo molto impegnati: la partita è aperta, vedremo. Poi, se diamo un giudizio comparato, e vediamo il disastro totale delle politiche nazionali... Comunque tutto questo implica da parte nostra un’assunzione di responsabilità; non siamo più quelli che sono sempre contro".

Qui arriviamo al discorso della cultura. Un campo in cui avete investito, con risultati evidenti.

"Questo è stato l’anno del centenario, e quindi c’è stato un investimento particolare. Comunque, se vogliamo portare il lavoro al centro del dibattito (e oggi il lavoro, anche a sinistra, è un argomento solo sopportato) dobbiamo operare sul piano culturale: la storia, le prospettive, la dignità delle persone come motore della società, come base per la rivendicazione dei diritti. Questo dobbiamo porre in risalto. Perché l’ideologia liberista ha affascinato anche la sinistra; e dobbiamo contrastare l’idea che quello che conta è solo l’aspetto più brutalmente economico, e non le persone. E’ un riscatto culturale che dobbiamo promuovere; e continueremo a farlo".

Sentite il bisogno di un Ufficio Studi?

"Stiamo lavorando per metterlo in piedi. Anche se siamo una Cgil grande sul territorio, ma piccola in assoluto. Dovremo partire dal rinnovamento del gruppo dirigente, reclutando le persone anche in quest’ottica, per cui oltre alle lotte, alla passione nel lavoro, conta anche saperlo inserire in un ambito più vasto. E poi, è vero, dovremo avere un rapporto adeguato con l’Università".