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QT n. 18, 14 ottobre 2000 Servizi

Matti e sani in piazza Pasi

Romano Turri

L’isolamento coatto di una persona genera paura. "Se una persona viene chiusa dietro le sbarre è senz’altro pericolosa. Meglio stare alla larga, anzi, meglio non approfondire il problema. Ci pensino le istituzioni". Questo è ciò che l’opinione pubblica ha pensato del malato mentale per oltre un secolo di istituzione manicomiale, dando vita così a tanti pregiudizi che permangono ancora oggi, il più diffuso dei quali è appunto la pericolosità. L’isolamento coatto, però, genera paura non solo nella popolazione, ma anche nella persona isolata. È una paura reciproca. Che cosa poteva pensare un internato in manicomio nei suoi momenti di lucidità trovandosi dietro le sbarre? "Sono qui perché la gente ha paura di me, quindi mi odiano e potrebbero anche farmi del male". Da qui il principio di aggressività, da qui la paura reciproca.

Un gazebo del Servizio di salute mentale in piazza.

Venti anni fa le strutture manicomiali sono state messe al bando dalla Legge 180 voluta da Franco Basaglia. Egli aveva capito che "il malato mentale è prima di tutto una persona malata e come tale deve essere curata".

Per una persona sofferente di disturbo psichico l’isolamento è controproducente. Se vogliamo recuperare questa persona, se vogliamo che stia meglio e forse guarisca la dobbiamo curare là dove ha vissuto, dove conosce tanta gente, dove ha amici e parenti, dove ha avuto relazioni con gli altri, perché è con gli altri che egli deve confrontarsi. E si sente meglio quando la sua famiglia viene aiutata a capirlo, quando per tutti noi egli non è un problema da isolare, da delegare alle istituzioni, ma solo una persona malata che deve essere curata con l’aiuto di tutti.

In questo senso, la legge 180 ha voluto che sorgessero servizi pubblici per la prevenzione e la cura delle malattie mentali sul territorio. Inoltre sono nate anche comunità, associazioni e cooperative del privato sociale che operano in vario modo per il recupero, la riabilitazione e il reinserimento del malato e per aiutare i familiari a capire e conoscere meglio il proprio congiunto sofferente.

Adistanza di vent’anni tutto questo non basta a sfatare i pregiudizi che ancora radicati nell’opinione pubblica. Come non sono stati sufficienti i convegni, gli incontri con i cittadini, le manifestazioni nelle piazze, l’ultima delle quali si è tenuta qui a Trento in Piazza Pasi dal 3 al 6 ottobre con la presenza di due gazebo, uno allestito dal Servizio pubblico di salute mentale, l’altro da cooperative sociali che operano nel campo della salute mentale.

Operatori, volontari e soprattutto utenti del Servizio di salute mentale si sono mescolati fra i passanti distribuendo quasi ventimila volantini, dando spiegazioni ed informando. Tutte le sere c’è stato anche un piccolo spettacolo.

La parte più simpatica dell’iniziativa ci è parsa la distribuzione ai passanti di rose, che sul gambo portavano un’etichetta con la scritta "diversità è bellezza". Mentre sul volto di coloro che le donavano si poteva leggere un’altra frase: "Non sono pericoloso come credi. Ho bisogno anche di te e con questa rosa ti offro la mia amicizia".

In queste giornate trascorse in Piazza Pasi, anche se sono state molte le persone che si sono interessate al problema del disagio mentale, anche se alcune di loro hanno dato la propria disponibilità a svolgere attività di volontariato, la stragrande maggioranza della popolazione, però, si è dimostrata ancora fortemente abbarbicata ai pregiudizi. A riprova di ciò abbiamo intervistato una quindicina di persone che passavano dalla piazza ponendogli queste domande: "Che cosa pensa del disagio psichico?", "Conosce qualche persona che ne soffre?", "Sa cos’è il Servizio di salute mentale?". Il risultato è stato deludente: soltanto due persone sembravano informate; tre hanno dichiarato di non sapere niente di ciò che riguarda il problema; nove, nascondendosi dietro frasi di circostanza ("Ho fretta", "Non m’interessa") dimostravano in realtà imbarazzo e paura di parlare di un tema che dovrebbe interessare tutta la cittadinanza. Una persona si è messa addirittura a ridere...