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QT n. 4, aprile 2009 Servizi

La moneta scaccia-crisi

Potrebbe diffondersi anche in Trentino lo SCEC, moneta locale che può rivitalizzare l’economia. Il guadagno, non solo economico, sarebbe di tutti: consumatori e negozianti.

Alcune "banconote" dello Scec

“Non venderò mai la mia libertà per tutto l’oro del mondo”. Immagineremmo di trovarlo scritto nella pagina del libro di un qualche romantico pensatore. E invece sta scritto nel posto più impensabile: una banconota. Che si chiama SCEC, acronimo di “Solidarietà ChE Cammina”. Una particolare tipologia di moneta diffusa in molte parti d’Italia, che potrebbe presto diffondersi anche in Trentino.

Di cosa si tratta? Lo SCEC è figlio del progetto di un’associazione nazionale di nome “Arcipelago”. Nata nella primavera del 2008, in meno di un anno conta già 10 sezioni (“isole”) regionali, 2.500 consumatori soci, 1.000 esercizi commerciali aderenti e un giro d’affari di circa 2 milioni e mezzo di euro. Numeri importanti per una moneta locale che in realtà non è nemmeno una moneta. 

Funziona infatti come un buono sconto, e non potrebbe che essere cosi, perché altrimenti sarebbe illegale, visto che è la Banca Centrale Europea la sola a poter batter moneta nella zona euro. In altre parole, lo SCEC è una moneta complementare: uno SCEC vale un euro di sconto, e pertanto si può spendere solo insieme all’euro.

Facciamo un esempio. Immaginiamo di essere possessori di SCEC, e che il nostro panettiere abbia deciso di aderire al circuito. Compro da lui pane, latte e uova, per un totale di 5 euro. Come pago? Siccome da lui lo SCEC vale il 20% di sconto (poteva scegliere lui la percentuale, tra 10, 20 e 30%), gli darò 4 euro e 1 SCEC.

Diversamente dagli altri buoni sconto, i cui tagliandi vengono stracciati dopo esser stati ritirati, il panettiere conserverà lo SCEC ricevuto, e potrà usarlo come resto per i clienti che aderiscono al circuito, oppure spenderli per pagare i suoi fornitori – se ne ha che accettano anche loro lo SCEC – oppure comprarci un abito, se c’è un negozio di abbigliamento aderente al circuito.

Già, ma a noi chi ha dato lo SCEC che abbiamo usato dal panettiere? Semplice: la stessa associazione Arcipelago, che li stampa e li diffonde. Nel momento in cui siamo diventati soci, abbiamo ricevuto un carnet da 100 SCEC, in tagli da 50, 10, 5, 2, 1 e 0,50. In pratica, se la percentuale media del valore dello sconto cui lo SCEC dà diritto fosse nel nostro circuito del 20%, significherebbe aver aumentato di altrettanto il nostro potere d’acquisto. E se finora l’associazione ha consegnato ai soci 100 SCEC una tantum, l’obiettivo – quando il numero di aderenti sarà diventato tale da consentirlo – è quello di consegnare 100 SCEC ogni mese.

E ai commercianti, che vantaggio dà lo SCEC? Semplice: porta clienti. Se io consumatore ho aderito al circuito, deciderò di effettuare i miei acquisti il più possibile presso i negozi aderenti. Se aderisce il piccolo alimentari in centro storico, preferirò andare a far spesa da lui piuttosto che nel centro commerciale fuori città.

Ed ecco il vero valore dello SCEC, come di ogni altra moneta locale (all’estero sono molto più diffuse che in Italia, e da molto più tempo): rivitalizzare l’economia locale, e l’economia reale. Lo SCEC non si può investire in Borsa, non ci si possono comprare derivati. E non ci si può nemmeno comprare una casa al fine di rivenderla a prezzo maggiorato. Lo SCEC non è denaro col quale poter fare altro denaro. Con lo SCEC non si può speculare. Con lo SCEC ci si compra il pane e il salame. E altre cose molto concrete, reali. E locali. Con beneficio non solo economico, quindi, ma anche ambientale e sociale.

Pronti, partenza, via, allora? Non è così semplice. In Trentino ci ha già provato il Comune di Trento, il cui Consiglio nell’aprile scorso ha deliberato quasi all’unanimità l’impegno a diffondere lo SCEC nel capoluogo. Ma poi non se n’è fatto più nulla. Forse perché lo SCEC può funzionare solo se nasce dal basso, dai cittadini.

Adesso ci stanno provando a Rovereto, dove il referente trentino dell’associazione Arcipelago, Emilio Piccoli, ha tenuto la prima riunione pubblica lo scorso marzo. “Per partire occorre raggiungere una determinata massa critica – ci ha spiegato – Almeno un centinaio di consumatori soci e una quarantina di negozi aderenti”.

Chi fosse interessato, può contattarlo al 348/1865349 oppure all’indirizzo piccoliemilio@gmail.com. E fate presto, perché c’è solo da guadagnarci.

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