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Due idee diverse di paesaggio

Francesco Borzaga

Ho davanti a me due opuscoli assai diversi, giuntimi da mondi geograficamente vicini ma spiritualmente molto distanti. Da una parte vedo l’ultimo numero del “Bollettino del Fondo Svizzero per il Paesaggio”, inviato gratuitamente a chi ne faccia richiesta e che mi arriva con svizzera puntualità. A fronte sta il quaderno “Incontri sul paesaggio - Riflessioni sul futuro del Trentino”, pubblicato dalla Provincia o, per lei, da Trentino School of Management. La traduzione italiana suona: scuola per il governo del territorio e del paesaggio e la sede si trova a Trento in via Diaz 15.

L’approccio svizzero al paesaggio è assai concreto. Il Fondo amministra finanziamenti messi a disposizione dal Consiglio Federale Svizzero e interviene direttamente a sostegno di numerosi, forse di per sé modesti ma concreti lavori sul territorio. Il numero di questi è rilevante: nel 2011, nel giro di soli 20 anni, il Fondo aveva finanziato e promosso oltre 1800 progetti. Da allora l’attività è proseguita. Varia e molto indicativa è la gamma degli interventi: si va dalla rinaturalizzazione di piccoli corsi d’acqua al ripristino di antichi acquedotti (le Waalwege sudtirolesi), dall’impianto di siepi alla posa a dimora di viali e piantagioni di alberi da frutto, tutti rigorosamente ad alto fusto. Si recuperano i muri a secco, si ripristinano zone umide. Un tema importante è la rivitalizzazione delle “selve castanili” nel Ticino e altrove. Recuperando gli antichi castagni in abbandono si ricavano splendidi parchi. Ogni intervento coinvolge le risorse locali e soprattutto il volontariato e la risposta della popolazione è assai valida.

Del tutto diverso l’approccio trentino al tema del paesaggio, la cui fondamentale importanza è ugualmente proclamata. La Trentino School of Management, come deduco dal sopra citato opuscolo e da un paio di contatti diretti, si muove ad un alto livello didattico e scientifico. La sua opera consiste in un “approfondito lavoro di analisi..., nella elaborazione di possibili scenari futuri..., nella costituzione di un’apposita commissione tecnico-scientifica” che a sua volta ha partorito ben 8 gruppi interdisciplinari cui affidare altrettanti incarichi di studio su tematiche individuate dalla Provincia. Hanno poi avuto luogo, a Trento e nelle valli, ben ottoincontro su vari, fondamentali argomenti.

Certamente il risultato finale sarà una montagna di carte e documenti. Non vedo però alcuna relazione diretta con i problemi concreti che affliggono il nostro paesaggio, né vedo un concreto e diretto impegno della nostra illuminata Provincia nell’affrontarli e risolverli. Per quanto mi sforzi, non riesco a scacciare dalla mia mente la famosa definizione di “aria fritta” coniata a suo tempo dal compianto Ernesto Rossi. Né mi aiuta a pensieri più benevoli l’esito non brillante della pianificazione urbanistica provinciale, a suo tempo vantata quale primo esempio in Italia.

Certamente qualche intervento concreto è stato fatto.I biotopi provinciali sopravvivono, sia pur stentatamente e con ben scarso sostegno finanziario. I parchi naturali sono accettati, purché non contrastino con un qualsiasi interesse costituito. Il progetto riguardante l’orso prosegue, accompagnato dalle proteste e dai romantici interventi degli amici di Daniza.

Ma non vedo molto altro. I nostri pianificatori provinciali hanno mai notato le funebri distese di bianche plastiche che sfigurano la val di Non e il resto del territorio? Non sarebbeurgente un qualche tipo di rinaturalizzazione, pur modesta, dei meleti intensivi? Non si potrebbe intervenire sui piccoli corsi d’acqua recuperare zone umide, rinverdire le cave? È impossibile mettere a dimora, come si fa in Svizzera, alberi da frutto di alto fusto per stemperare almeno le sconfinate distese di meleti deformi? L’esempio e l’opera del Fondo Svizzero per il Paesaggio mi sembra meritino di venire imitati. Non vorrei mi venisse risposto che lì siamo in Svizzera, qui in Italia...

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