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Rinunciare o denunciare?

Su un curioso sito Internet che offre consulenza linguistica e legale in tema di parolacce e insulti, abbiamo letto quesiti come questo: “Se su Facebook dico a una donna intollerante con gli stranieri: ‘Sei una razzista di merda’, lei può farmi causa?

E ancora: “Dopo un battibecco, mia cognata, tramite Whatsapp, mi ha dato della stronza, della bambina viziata e della terrona, e tramite Emoticon mi ha mandato affanculo. Posso fare qualcosa?”.

La proliferazione sui social di facinorosi a viso aperto e ancor più di anonimi haters è diventata da tempo un problema e si moltiplicano i casi di utenti che hanno gettato la spugna, rinunciando ad una vetrina pubblica diventata logorante e fonte di malumori. L’attore Alessandro Gassmann, per aver espresso il proprio sostegno alla proposta dello ius soli, è stato sommerso di contumelie, tanto da farlo decidere di abbandonare Twitter. Lo stesso ha fatto il giornalista Fabrizio Rondolino, definendo Twitter “un posto infame pieno di delinquenti e diffamatori”.

Da Facebook se ne sono andati calciatori come Bernardeschi e Giovinco (ingiuriati per prestazioni sportive insoddisfacenti o per essere passati ad una squadra “nemica”), personaggi dello spettacolo detestati perché guadagnano troppo (Carlo Conti) e vip di varia natura (“opinionisti”, “tronisti” e simili, particolarmente soggetti agli umori controversi del pubblico); oltre a tanti sconosciuti che avevano constatato l’impossibilità di gestire cruenti conflitti che non avevano mai fine e facevano perdere tempo e pazienza.

Una modesta storia di quest’ultimo tipo è quella raccontata dall’Adige del 21 agosto.

La pagina Facebook della Polizia Locale della Val di Fassa, che riportava comunicazioni di servizio e informazioni per i cittadini, è stata chiusa dopo l’apparizione di un video che presentava un insieme di fotografie degli agenti mentre erano impegnati in servizio ed in altri momenti privati. Si è cominciato con un “si vede che non avete altro da fare”, poi sono piovuti insulti e sgradevoli considerazioni a sfondo sessuale nei confronti delle vigilesse.

Scrivono i gestori del sito: “Scusandoci con tutti gli amici, oltre 2500, che giornalmente visionano, utilizzano e sfruttano le nostre pagine informative, comunichiamo che il Comando, visto quanto successo in rete, viste le offese e la mancanza di rispetto nei confronti delle nostre colleghe, del loro lavoro e della loro dignità, ha deciso di chiudere la nostra pagina. Ricordiamo comunque che le comunicazioni in rete non sono mai state fatte rubando minuti o ore di lavoro, ma sempre fuori dal servizio, ad eccezione delle comunicazioni urgenti (sinistri o chiusure strade)”.

Laura Boldrini, che dopo la parziale uscita di scena di Matteo Renzi è diventata, per ragioni che non riusciamo a comprendere pienamente, il personaggio pubblico più bersagliato (insieme con Salvini: gli screanzati prosperano anche a sinistra), ha annunciato che intraprenderà la strada della denuncia: una scelta impegnativa, ma forse l’unica in grado di scoraggiare questi odiatori professionali.

Una strada purtroppo impervia, perché ingiurie e diffamazioni sono il più delle volte di fonte anonima e individuarne gli autori, se non impossibile, può essere problematico.

La (tenue) speranza è che questo mitragliamento di insulti e denigrazioni da parte di individui che amano spulciare vita e opere del loro prossimo in cerca di uno spunto per sfogare chissà quali frustrazioni non sia che la malattia adolescenziale, destinata in futuro almeno ad attenuarsi, nell’approccio ad un nuovo, meraviglioso strumento.

A consolarci, c’è la constatazione di un altro fenomeno speculare, quello di tanti iscritti ai social che dopo qualche tempo si sono convinti che il gioco non valesse il tempo impiegato (e, come si è visto, il rischio della baruffa), e magari senza neanche cancellare la propria pagina, l’hanno lasciata lì a deperire, ferma ai primi post inseriti tre o quattro anni fa.

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