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QT n. 6, giugno 2018 Cover story

Ragioni e metodo di una ricerca

La cornice dentro la quale si colloca la ricerca "il sessantotto: storia, miti, valori"

Gaspare Nevola
1968, Trento
1968, Trento
1968, Trento

La ricerca “Il Sessantotto: storia, miti, valori”

Questo articolo ha il compito di introdurre e fornire la cornice dentro la quale si colloca la ricerca “Il Sessantotto: storia, miti, valori”. Una prima analisi dei suoi risultati è invece offerta dall’articolo di Ettore Paris.

Dico subito che il titolo e la prospettiva di analisi di questo mio intervento raccolgono un invito ”seminato” dal politologo, americano ma esperto anche di cose italiane, Sidney Tarrow. Il cinquantenario del Sessantotto è una buona occasione per riflettere sul 1968, inteso come anno di eventi catalizzatori della protesta studentesca, al ritmo della “fantasia al potere”. Un anno probabilmente davvero magico: una “magia bianca” o una “magia nera”? Dipende. Dipende dai punti di vista che circolavano all’epoca del ‘68 e dalle memorie e giudizi riproposti nei decenni successivi. Il Sessantotto, infatti, è un anno simbolicamente suggellato nell’esplosione del “maggio francese”: un sogno generativo di liberazione o un incubo degenerativo dell’ordine, a seconda dei casi. Ma questo cinquantenario rimanda anche, come nel caso italiano, ad un “lungo ed articolato 68” (68 senza apostrofo), che racchiude gli anni ‘60 e ‘70, di cui il ‘68 (con l’apostrofo) è sintomatica espressione. Su questa lunga stagione siamo oggi ad interrogarci per cercare di comprendere quale sia stata la sua eredità per noi oggi, come è giusto che faccia ogni epoca e ogni generazione con il suo passato.

Nel corso della ricorrenza di questo 50° compleanno simbolico del ‘68, consistente e variegata è l’attenzione rivolta a quella stagione ormai consegnata alla storia, così come, dopo cinquant’anni, era ormai una pagina di storia per i giovani ma anche per molti loro padri e madri, nel 1979, la crisi di Wall Street del 1929 o, nel 1983, la caduta della Repubblica di Weimar del 1933. L’attenzione sul’68 e sul 68, in occasione del cinquantenario, è nutrita da memorie personali spesso ancora contrapposte tra loro o lacerate, da momenti espositivi che dichiarano di rifiutare ogni intento celebrativo: anche queste”curvature della memoria” dovrebbero porci qualche interrogativo; in questo 2018 non mancano saggi e libri, iniziative editoriali da parte di quotidiani, riviste e rotocalchi2, conferenze e seminari dedicati a quei “formidabili anni” o a quella “carnevalata politica”, a seconda dei punti di vista.

Rispetto ad altri momenti o ricorrenze decennali, in questo 2018 alcuni dei più ponderati analisti del fenomeno hanno voluto, giustamente, focalizzare l’attenzione più che sulle cause o sul suo svolgimento storico-sociale, sull’eredità, sugli effetti o sulla memoria del ‘68 o 68 che tuttora, in una maniera o l’altra, percorrono la nostra società3. Anche la nostra ricerca si colloca, lato sensu, in questa prospettiva. O meglio, intende offrire qualche informazione (per quanto di portata limitata) e qualche argomento di analisi e riflessione attraverso i quali interrogarci, oggi, sul tema della convergenza o divergenza dei valori odierni rispetto a quelli spesso associati al 68. Si tratta di un tema rimosso. In questa prospettiva guardiamo,in specifico, ad un piccolo segmento di contemporanei: gli studenti di scuola superiore del Trentino.

Abbiamo sollecitato gli studenti del Trentino a rispondere ad un questionario e a prendere posizione rispetto ad una serie di “stimoli” in esso organizzati. L’obiettivo della ricerca è stato, tra altri, quello di raccogliere, da un lato, informazioni sui loro livelli di conoscenza di alcuni importanti aspetti, episodi o snodi storici del “lungo 68” (trentino e non); dall’altro, informazioni sui loro giudizi di valore su “momenti e facce del 68”, che abbiamo sintetizzato nel testo delle domande e delle alternative di risposta contenute nel questionario. Nel formulare domande e alternative di risposta, nel riassumere episodi o aspetti della stagione del 68, abbiamo deliberatamente cercato di attenerci a due criteri, di natura anche metodologica: 1) raccontare episodi, evocare aspetti di quegli anni e focalizzare i valori in gioco all’epoca per come essi sono stati vissuti e interpretati dai giovani della “contro-cultura” del movimento sessantottino.

Questo perché la ricerca ha mirato a raccogliere i giudizi che i ragazzi di oggi danno della costellazione valoriale con la quale si pensavano e si identificavano i giovani della contro-cultura del 68, ovvero i valori che quei giovani proclamavano. Abbiamo voluto stimolare i giovani di oggi a “reagire” rispetto ai “miti” o ai “contro-miti” di cui il 68 ha vissuto e con cui continua a convivere. Questa scelta metodologica non implica alcun giudizio di valore da parte del ricercatore sui valori o i miti e contro-miti del 68;

2) formulare le alternative di risposta secondo modalità, nei limiti del possibile, nette e persino stereotipate, quasi a forzare i giovani rispondenti ad optare per un grado o l’altro di condivisione o di avversione rispetto a giudizi formulati spesso in maniera recisa4.

Giovani e valori

I bassi, ma non del tutto sorprendenti, livelli di conoscenza del 68 che abbiamo registrato nella ricerca ci pongono interrogativi sui processi e gli esiti che caratterizzano la costruzione, trasmissione o rimozione delle memorie collettive e pubbliche. Ci invitano a riflettere sulle continuità e discontinuità nei rapporti tra passato e presente di una società, sulla consapevolezza con cui il significato e l’eredità valoriale delle esperienze del passato circolano nel nostro presente, che pure, in positivo o in negativo, di essi si nutre. È un tema sul quale torneremo in altra occasione. Al momento ci soffermiamo sulla questione dei valori.

I valori, o gli “atteggiamenti di orientamento valoriale”, sono un elemento primario della cultura politica di una società, di un territorio, di una generazione o di un’epoca. Possono essere osservati a differenti livelli e tramite differenti lenti o strumenti di indagine5. Ad esempio, possiamo esaminare i “valori” sul piano del “normativismo astratto” (sistemi concettuali, dottrine filosofiche e morali, teorie politiche, ideologie) e/o su quello degli “atteggiamenti sociali diffusi” (narrazioni correnti, cosa pensano e cosa esprimono le persone comuni nella loro vita quotidiana)6. La nostra ricerca si muove sul secondo piano.

Questo significa, anzitutto, prestare attenzione a cosa si pensa, a livello di senso comune, dei valori. Nel nostro caso l’attenzione è rivolta a giovani studenti. Essi, è evidente, non esauriscono la popolazione di una società, né l’universo giovanile, né quello nazionale. Rappresentano, piuttosto, un interessante segmento giovanile di Trento, che è stato a suo tempo protagonista del movimento studentesco; e costituiscono un peculiare punto di osservazione sullo stato politico-culturale e sugli orientamenti di valore della comunità trentina.

È un luogo consolidato nell’opinione pubblica considerare i giovani e gli studenti come una fascia di età carica di ideali, particolarmente sensibile alle motivazioni valoriali. Già Aristotele riconosceva in loro disposizioni di “nobiltà d’animo” (anziché utilitaristiche). Allo stesso modo, siamo in generale inclini a ritenere i giovani particolarmente propensi a mobilitarsi in azioni collettive, sulla spinta dei loro valori ideali. Comprendere quali siano i valori dei giovani può aiutare a intravedere cosa c’è dietro l’apparente legittimazione culturale, morale e politica di un ordine sociale, di una democrazia; può fare intravedere oggi possibili tendenze future e il loro eventuale radicamento in stagioni del passato. I giovani di oggi, si passi il luogo comune ma verace, saranno gli adulti di domani.

La condizione giovanile, però, non è una proprietà strutturale che «caratterizza le persone per il solo fatto di trovarsi in una certa fase della vita»: il modo di essere giovani o l’identità giovanile sono segnati anche da fattori quali, ad esempio, il sesso, la condizione socio-economica e culturale della famiglia di origine, la comunità territoriale o l’area geografica nelle quali si è nati e cresciuti7. Nella ricerca trentina ciò non è stato trascurato.

Ma cosa sono i valori? Gli studi sociologici e politologici, ma anche filosofici e di altre scienze sociali (antropologia, economia, psicologia) ci consegnano una varietà di indicazioni. Per noi basta richiamare la sintesi offerta da de Lillo: “I valori sono concetti o credenze… che guidano la selezione e la valutazione di comportamenti e di eventi, trascendono le situazioni specifiche”, delineano “parametri entro i quali i comportamenti sono definiti accettabili”, si configuriamo come “strutture mentali attraverso le quali noi strutturiamo le nostre esperienze”8. In breve, i valori o gli atteggiamenti di orientamento valoriale indicano degli “obiettivi desiderabili”, delle “idee-forza” o principi che, in una misura o l’altra, orientano la vita dei singoli individui, dei gruppi, della società. Attraverso i processi di socializzazione, essi mettono gli individui in relazione (positiva o negativa, a seconda dei casi) con le norme collettive che governano una società o un suo segmento (siano queste norme ufficiali e istituzionalizzate, collettive e/o pubbliche, condivise, contestate, alternative). In questo modo, i valori contribuiscono ad assicurare alla società una maggiore o una minore integrazione culturale, sociale o politica, oppure oppongono sfide alla società, la spingono a cambiare.

Tra la generazione del civismo adattivo e quella dell’idealismo attivo

Diversi anni fa, concludendo una ricerca nell’ambito della cultura politica dei giovani dell’epoca9, nel tentativo di trovare un’immagine di sintesi per quella generazione di giovani coniai la nozione di “generazione civico-adattiva”: una generazione, cioè, che ha sostanzialmente assorbito e fatto propri i valori civili, sociali e politici legati alla cultura della cittadinanza democratica, o perlomeno che mostra segni di essere figlia di tale cultura. Una generazione, tuttavia, che ha rinunciato ad una rivendicazione attiva e, per così dire, astratta o ideale di questi valori, e che mostra di preferire una sorta di adattamento dei valori della cittadinanza democratica: per un verso, si tratta di un adattamento alla “situazione data”, allo “spirito dell’epoca”, situazione e spirito che vengono intesi e vissuti come latori di “vincoli invalicabili”, rispetto ai quali non sono date “vere alternative reali”; per l’altro verso, si tratta di un adattamento di fronte ai problemi urgenti del momento e alle risposte pragmatiche, necessarie e praticabili, affinché i problemi siano risolvibili nella vita sociale di tutti i giorni, con i mezzi disponibili nella quotidianità del contesto dato. Questa sindrome del civismo adattivo tende ad esprimersi in chiave soprattutto individualistica, “depoliticizzata”, micro-associativa o corporativistica, e solo rapsodicamente o con eventi-flashin chiave di azione collettiva politicizzata.

Alla fine, in un gioco di convergenze e divergenze valoriali, contrapponevo questa generazione civico-adattiva dei giovani a cavallo tra fine del XX secolo e primi anni del XXI alla generazione dei giovani del 68, che definivo “generazione dell’idealismo attivo”. Allo stesso tempo, respingevo un’immagine diffusa dei giovani di qualche anno fa, che li dipingeva come una generazione svuotata di valori dalla condizione di disagio in cui versava e che arrivava anche a ritrarla come opportunista e cinica: un’immagine ancora saliente nella pubblicistica e nei mass media. È anche da questa prospettiva di confronto inter-generazionale che, dal mio punto di vista, i dati della ricerca sono interessanti. Starà al lettore trarre le conclusioni su questa chiave di lettura che confronta i giovani di oggi con quelli di ieri, ossia del 68: starà a lui o a lei, in ultimo, riflettere su convergenze e divergenze, vicinanze e distanze, somiglianze e differenze. Ma anche quanto i giovani di oggi siano responsabili del loro modo di stare al mondo, e di quanto lo fossero quelli di ieri;quanto e in che modo sono responsabili le “società degli adulti” di ieri e di oggi per come i giovani erano ieri e per come lo sono oggi. Senza dimenticare che non poca parte degli adulti di oggi sono, a vario titolo, i giovani del 68, padri e madri, nonni o nonne dei giovani entrati in scena nei decenni successivi al “magico” o all’”enigmatico” 68. Sulle conoscenze della stagione del 68 e sulle preferenze valoriali espresse dai giovanissimi studenti del Trentino tornerò prossimamente. Intanto il lettore può cominciare a riflettere con i materiali già ora messi a sua disposizione.

Il questionario è stato redatto da Ettore Paris (direttore di QT) e dal prof. Gaspare Nevola, responsabile scientifico (UNITN–unità di ricerca VADem Valori, Appartenenze, Democrazia); rivisto dai redattori di Questotrentino e da Fabrizio Rasera (presidente dell’Accademia degli Agiati); distribuito a maggio 2017 in una prima versione presso gli studenti dell’ultimo anno del Liceo Classico Prati, di cui si sono raccolte opinioni e critiche. La versione definitiva è stata distribuita tra ottobre e dicembre 2017 con la collaborazione di Irene Bonvicini, Sara Fambri, Lorenzo Passerini del Liceo Prati nell’ambito dell’Alternanza Scuola Lavoro, nelle seguenti scuole: Liceo Scientifico Da Vinci, Liceo Classico Prati, Liceo Linguistico Rosmini, Istituti Tecnici Pozzo e Tambosi, Istituto Professionale ENAIP, tutti di Trento; Liceo Classico-Scientifico Rosmini, Istituto Tecnico Fontana, Centro Formazione Professionale Veronesi, tutti di Rovereto; Liceo Degasperi e Centro Formazione Professionale di Borgo Valsugana; Liceo Russell e Istituto Tecnico Pilati di Cles; Liceo Maffei e Istituto Tecnico Floriani di Riva del Garda. Di tutte queste scuole ringraziamo i dirigenti per la disponibilità e i tanti docenti che si sono rapportati positivamente con noi e con gli studenti durante le somministrazioni e le (giocoforza brevi) discussioni precedenti e conclusive. Dobbiamo ringraziare gli studenti per l’impegno e talora l’entusiasmo (c’è stato chi fotografava le pagine del questionario, per poi poterci ripensare sopra con comodo) con cui hanno dato sostanza al progetto.

Dopo le verifiche, i questionari correttamente compilati sono risultati 499, quelli balordi, zero.

Il programma di elaborazione dei dati è stato messo a punto dal tecnico della UniTrento Digital University dott. Corrado Paternolli; l’inserimento della marea di dati (circa 50.000 numeri), supervisionata da Joshua De Gennaro, è stata effettuata, oltre che dallo staff di QT e dai liceali dell’alternanza Scuola-Lavoro, anche dagli universitari Diego, Antonio, Amanda, Klea, come pure da Cristina, Renata, Maurizio, Mauro che universitari da tempo più non sono.

A tutti costoro, che hanno reso possibile questa complessa ricerca, va il nostro più sincero ringraziamento.

NOTE

  1. S. Tarrow, La stagione della semina non è quella del raccolto, in “Il Mulino”, 2, 2018.
  2. Degno di nota, a Trento, è il dossier settimanale che il Trentino ha dedicato nei mesi scorsi al 68, in 22 puntate.
  3. A titolo di esempio ricordo, oltre al contributo di Tarrow: D. della Porta (a cura di), Sessantotto. Passato e presente dell’anno ribelle, Feltrinelli, 2018; L. Sciolla, Gli effetti culturali del Sessantotto e S. Tarrow, La stagione della semina non è quella del raccolto, in “Il Mulino”, 2, 2018.
  4. Come ogni tipo di ricerca e come ogni questionario o indagine campionaria, anche il nostro strumento di raccolta e di strutturazione dei dati informativi presenta limiti e difetti, e può essere discutibile. Per le finalità conoscitive della nostra ricerca è tuttavia stato uno strumento proficuo, agibile anche in un quadro di risorse limitate. Ho avuto modo di affrontare simili questioni in G. Nevola, Robert Bellah e le ‘abitudini del cuore’, in “Quaderni di Scienza Politica”, 2, 2012; G. Nevola, Lo studio della cultura politica, in “Quaderni di Scienza Politica”, 2, 2017.
  5. Sia consentita una breve nota metodologica. Con il concetto di “valori” ci riferiamo a quella dimensione più profonda e stabile nel tempo della cultura politica di un gruppo, ma anche di un individuo o della sua identità sociale. Lo strumento del sondaggio di opinione consente, tipicamente, di raccogliere informazioni su dimensioni proxy (prossime o approssimative) a quella valoriale che, tecnicamente, possiamo definire “atteggiamenti di orientamento valoriale”. Per approfondimenti sul punto: G. Nevola, Lo studio della cultura politica, in “Quaderni di Scienza Politica”, 2, 2017.
  6. Cfr. G. Nevola, Giustizia sociale e giovani. Gli ideali di un secolo e la sfida del ‘civismo adattivo’, Edizioni Lavoro, 2000.
  7. Si vedano: A. de Lillo, Gli orientamenti di valore, in A. Cavalli, A. de Lillo, Giovani anni 80, il Mulino, 1988, p. 158; G. Bettin Lattes, Sul concetto di generazione politica, in “Rivista Italiana di Scienza Politica”, 1, 1992.
  8. A. de Lillo, Valori. Questioni teoriche e analisi empiriche, Lectio Magistralis presso la Scuola di Dottorato in Sociologia della Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, 24 marzo 2007.
  9. Cfr. G. Nevola, Giustizia sociale e giovani. Gli ideali di un secolo e la sfida del ‘civismo adattivo’, Edizioni Lavoro, 2000.

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Gaspare Nevola è docente di Scienza politica all’Università di Trento.