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Né di destra né di sinistra?

Com'è possibile non avere una posizione chiara di fronte alle diseguaglianze economiche o alle tematiche ambientali e sociali?

Walter Ferrari

Le statistiche, i dati reali, ci mostrano un mondo nel quale le diseguaglianze vanno continuamente aumentando e la ricchezza si va concentrando sempre più in poche mani. Il fenomeno sta avvenendo sia su scala globale che a livello locale attraversando ogni Paese compresa l’Italia e vede aumentare il divario tra i sempre più ristretti gruppi sociali che si impadroniscono della ricchezza e il resto dell’umanità, con gli immancabili riflessi sulla salute, la qualità e la durata della vita delle persone. A corollario di ciò assistiamo a un assalto consumistico alle risorse e all’ambiente che priva di futuro le generazioni a venire.

Com’è possibile di fronte a ciò affermare di non essere né di destra né di sinistra? Forse significa che non si conosce il significato delle parole che si usano. Cosa significa essere di destra o di sinistra? Significa implicitamente schierarsi politicamente dalla parte di chi la ricchezza possiede o dalla parte di quell’umanità che all’accumulo di tale ricchezza è asservita, ma in varia misura è esclusa dal suo godimento. Significa avere coscienza della limitatezza delle risorse e della fragilità dell’ambiente in cui viviamo, preoccupandosi anche di chi verrà dopo di noi. Significa opporsi strenuamente alla guerra fratricida verso la quale sempre più spingono gli interessi economici dei gruppi sociali dominanti.

Se in questi anni è stato smarrito il senso della parola “sinistra” è stato solo grazie al tradimento di chi, pur dichiarandosi di sinistra ha operato scelte politiche contrarie agli interessi di questa umanità esclusa. Certo non si può dire che i rappresentanti politici della “destra” abbiano fatto altrettanto tradendo i ceti sociali di riferimento. Per questo dichiararsi oggi né di destra né di sinistra significa condannarsi al servizio della destra e dei poteri forti. Questo sta succedendo oggi al Movimento 5 stelle!

In realtà è la Lega che, strumentalizzando il tema immigrazione e fomentando l’ennesima guerra tra poveri, imprime la direzione di marcia al governo, pur avendo incassato poco più della metà dei consensi elettorali rispetto al M5stelle.

Ma qual è questa direzione di marcia? Il giudizio non può prescindere dalla figura dell’attuale Ministro dell’Interno, nonché vice premier, Matteo Salvini, che dalle elezioni del 4 marzo era uscito quale leader del Centrodestra. Questa dunque è la direzione di marcia, altro che né di destra né di sinistra!

Così sta passando l’idea che la contrapposizione di interessi sia tra italiani e immigrati, anziché tra chi si sta arricchendo a dismisura e chi si sta impoverendo o povero è sempre stato. Anche il vice premier e Ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi di Maio avvalora tale tesi sostenendo che la contrapposizione tra imprenditori e lavoratori dipendenti sarebbe una guerra tra poveri. Dunque anche il recente scontro tra imprenditori e operai avvenuto nel settore del porfido, con la disdetta da parte padronale del Contratto integrativo, sarebbe stato uno scontro tra poveri? Invito i lavoratori del porfido a rispondere onestamente a questo interrogativo.

Nello stesso tempo ricordo loro che tali imprenditori non hanno esitato a scaricare sugli operai il peso della crisi, attraverso i licenziamenti, i ritardi nel pagamento dei salari e l’imposizione (con la complicità sindacale) di un contratto provinciale nettamente peggiorativo sia in termini economici che normativi. Ricordo che i concessionari di cava, utilizzando a basso costo una materia prima che di fatto costituisce un bene delle comunità locali, hanno accumulato enormi patrimoni a fronte di bassi investimenti nell’attività produttiva. Dove sta dunque la reale contrapposizione di interessi?

Certo, l’Unione Europea, così come è stata costruita, non rappresenta se non in minima parte le esigenze dei lavoratori, dei disoccupati e perfino delle piccole imprese artigiane dei Paesi che la compongono, ma risponde agli interessi dei grandi gruppi finanziari. Da questo punto di vista trovo fondati alcuni elementi delle analisi fatte dal prof. Paolo Savona, oggi Ministro per gli Affari europei di questo governo; paradossalmente, però, solo entità come l’UE possono contrastare lo strapotere dei grandi cartelli multinazionali.

La contrapposizione con gli immigrati, gli zingari, le persone in qualche modo diverse, fa senz’altro comodo a chi vuole nascondere le ragioni vere delle diseguaglianze sociali che si vanno inasprendo. Diseguaglianze che non sono solo tra Paesi ricchi e continenti impoveriti quali l’Africa o regioni devastate dalla guerra come il Medio Oriente, ma attraversano gli stessi Paesi ricchi come gli USA, l’Europa e l’Italia. Si tratta di contraddizioni enormi che costituiscono le ragioni storiche della sinistra, una sinistra che paradossalmente si va politicamente affievolendo di pari passo con l’acuirsi di tali contraddizioni, e questo proprio perché ha smarrito la sua vocazione originaria.

Dopo quasi 40 anni di impegno politico “in basso a sinistra”, nelle ultime elezioni ho dato il mio sostegno al M5stelle nella speranza che al suo interno maturassero quegli elementi in grado di raccogliere la sfida costituita dal ridare rappresentanza e dignità ai lavoratori, ai disoccupati e alla moltitudine degli sfruttati e degli esclusi. Purtroppo il contratto di governo e la sempre più evidente subalternità alla Lega e alla destra sta restringendo drasticamente la possibilità che all’interno del

M5stelle si sviluppi una riflessione in tal senso.

Nonostante ciò, penso sia mio dovere sollecitare almeno la base del Movimento ad interrogarsi e mobilitarsi, cogliendo anche l’invito alla riflessione e il monito lanciato in questi giorni dalla senatrice Liliana Segre, ebrea e superstite dello sterminio nazista.

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