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QT n. 10, ottobre 2019 Servizi

Translagorai: il re (la Provincia) ora è nudo

La lettura del progetto di ristrutturazione della malga conferma i timori. Cosa aspetta la SAT a prendere le distanze?

Finalmente, in modo comunque non diretto, si è venuti a conoscenza del progetto di ristrutturazione della malga Lagorai, la tappa più controversa di un discutibile progetto nato nel cuore del Servizio conservazione della Provincia di Trento, un progetto definito Translagorai. Un insieme di ristrutturazioni pesanti di malghe in quota sul Lagorai che vengono trasformate in strutture turistiche, con ristoro e posti letto. Un percorso storico che viene così stravolto: invece di sistemare le poche situazioni di emergenza presenti sul percorso storico, si vorrebbe costringere escursionisti “selvaggi” a perdere quota giornalmente, per poi risalire ai soliti 2200-2300 metri del tragitto alpino.

In oltre un anno di dibattito si è assistito ad una lacerazione culturale e di fiducia nella SAT, con soci storici, esperti delle alte quote, che hanno abbandonato il sodalizio e sezioni che hanno protestato. Anche nelle ultime dichiarazioni della Presidente non si coglie alcuna autocritica, nemmeno ora che il progetto è stato svelato. Nemmeno dopo le dichiarazioni ufficiali dello Scario della Magnifica Comunità di Fiemme, che ha ammesso come Malga Lagorai non c’entri nulla con la Translagorai si è avvertita la necessità di una presa di distanza dal progetto da parte della SAT. Anzi, si continua a definire i dissenzienti una esigua minoranza, nonostante oltre 150 soci abbiano sottoscritto un documento di severa critica.

Si è trattato, come abbiamo scritto fin dall’inizio, di un sotterfugio ben studiato assieme alla Provincia e all’ex assessore all’ambiente Mauro Gilmozzi, per attingere a contributi pubblici per la ristrutturazione di diversi edifici: Malga Cadinello, Malga Lagorai, Malga Valmaggiore. Fondi che si sarebbe dovuto cercare nelle leggi sul turismo, non certo negli uffici che lavorano per la conservazione ambientale o al miglioramento della biodiversità. Si tratta di un totale di soldi pubblici, riversati ad un ente privato (la MCF), di un milione e 600 mila euro, dei quali 750 mila destinati all’intervento più complesso e più discusso di Malga Lagorai.

Dal progetto si capisce chiaramente che nessuna attenzione è stata rivolta al pastore che dovrebbe gestirla. Infatti non si tratta di investire in un doveroso miglioramento della malga, ma della definizione di una nuova struttura turistica nel cuore del Lagorai, con la grande stalla trasformata in un dormitorio, mentre la volumetria complessiva degli stabili aumenta, e non di poco. Tutto questo è avvenuto in assenza di un piano di sostenibilità economica dell’impresa, non esiste traccia di una specifica Valutazione d’impatto ambientale, non esiste una valutazione sulla accessibilità allo stabile, oggi raggiungibile solo grazie ad una storica, si spera intangibile mulattiera.

Va sottolineato come nessuno abbia mai negato l’esigenza di offrire dignità ai gestori dei pascoli di alta quota; nessuno si sarebbe mai scandalizzato se la ristrutturazione avesse avuto come scopo quello di migliorare le condizioni di lavoro dell’alpeggiatore. Ma, come dimostra il progetto, l’obiettivo non era quello.

Oltre alla Magnifica Comunità di Fiemme, chi si avvantaggia di una simile operazione? Singoli valligiani? La società funiviaria Cermis che non perde l’occasione di invadere spazi liberi con nuove aggressioni al Lagorai? E cosa accadrà, non appena, ristrutturata la Malga, ci si accorgerà della bufala imposta ai cittadini trentini e si renderà necessario, per la sopravvivenza economica della struttura, costruirvi una strada di accesso, necessaria anche alla gestione del nuovo punto ristorante e alloggio?

In tutto questo insieme si rimane sconcertati dal fatto che il Consiglio della SAT non riesca a esprimere un chiarimento che almeno tenti di recuperare il disagio di tanti, troppi soci.