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Prepararsi alla crisi

Quando l'emergenza sanitaria sarà finita e si dovranno riparare i danni, sarà bene valutare con più oculatezza come spendere i soldi pubblici.

Lo screening di massa a Bolzano.

All’emergenza virus seguirà la crisi economica è la previsione. E crescono le preoccupazioni dei sindacati e le riflessioni preoccupate dell’Istituto per il lavoro. Il fatto è che la pandemia in Sudtirolo è stata gestita sempre sotto la pressione delle categorie economiche, o meglio di quella parte che pensa, come Trump, che se gli imprenditori e i finanzieri hanno successo, non servono interventi sociali da parte della politica. Ora, si sa che questa è una storiella e basta vedere come la crisi da pandemia ha moltiplicato per molte volte la ricchezza dei più ricchi e impoverito i più poveri e anche una parte della classe media. Cristina Masera, segretaria della CGIL/AGB, ha detto: “Alcuni rappresentanti di alcuni settori economici, sostenuti da una parte della politica e da chi condiziona l’opinione pubblica, chiedono, apparentemente per il bene pubblico, aiuti sostanziosi. Secondo la logica che se sta bene l’economia, stanno bene tutti. È purtroppo una verità parziale, che ha provocato una disparità che ora rischia di allargarsi ancora. Si deve sostenere il sociale e i redditi dei lavoratori in modo da aiutare i consumi e perciò anche l’economia, salvaguardando la pace sociale”.

Molte decisioni che hanno reso tortuosa la cosiddetta “Südtiroler Weg” nella pandemia, la via sudtirolese, come qui la si chiama per distinguerla da quella “italiana”, cioè del governo, sono dovute al fatto che la giunta provinciale è stata costretta ad accontentare questi e quelli, senza troppe distinzioni fra chi ha sofferto e chi no. Il risultato è stata una grande confusione fra la gente.

Il giorno dopo il successo dello screening di massa, artigiani, imprese, ecc. hanno preteso di aprire tutto, senza tener conto dell’alto numero dei morti (contati) e dei nuovi positivi. Le pressioni sono state talmente forti che domenica 29 novembre il presidente della giunta si è rivolto alla stampa per esprimere la sua ira verso diversi colleghi di giunta.

Per prepararsi al futuro, speriamo senza Covid, sarebbe necessario che la politica, a tutti i livelli, e possibilmente in un modo coordinato, si preparasse a ri-stabilire le priorità negli obiettivi di spesa. Perché i soldi non ci sono per tutto. Si dovranno fare delle scelte, e sarebbe bene che si aprisse un dibattito pubblico, per quanto difficile in situazione di monopolio mediatico.

Qualche idea

Si prevede una forte crescita della disoccupazione, che finora nella Provincia di Bolzano era poco diffusa. La crisi già visibile nel commercio, con molti negozi chiusi definitivamente già in primavera, cui se ne aggiungono altri. Gli albergatori hanno riserve accumulate in numerosi anni di forte ininterrotta crescita, ma i loro dipendenti sono in cassa integrazione se avevano i contratti, ma se erano in nero, ora sono alla fame.

Non ci sono soldi per assumere insegnanti” era stata la risposta secca, in Consiglio scolastico provinciale, dell’assessore alla scuola in lingua tedesca ai genitori angosciati perché non sapevano come fare con i loro figli e proponevano di fare classi più piccole e numerose per permettere ai bambini di andare a scuola. La ricca Provincia ha trascurato i piccoli.

Uno dei punti deboli, che influiscono direttamente sulla scuola, come in tutta Italia, sono i trasporti pubblici. Sovraffollati, scomodi, rari. Per andare a passeggio al Renon, sale una funivia ogni 4 minuti. Per spostarsi nelle città per lavoro o per altro, si deve aspettare sempre a lungo l’autobus, al freddo d’inverno e al caldo d’estate, e qualche volta saltano le corse. A Bolzano ci sono anche autobus nuovi a diesel, perché “costano meno”.

La spesa deve prevedere un radicale miglioramento del servizio di trasporto pubblico, far circolare solo bus non inquinanti e non rumorosi, e naturalmente accessibili ai disabili, e accrescere il numero delle corse, favorendo decisamente il trasporto pubblico rispetto alla mobilità privata. E si devono creare parchi nuovi e non chiudere con i cancelli ai pedoni e ai bambini le zone verdi solo perché al centro si trova la villa del vicesindaco. Così le persone non saranno spinte a prendere l’auto per vedere un albero, ma potranno stare a volte anche vicino a casa.

Nell’ambito sanitario disastrato, c’è bisogno di una revisione radicale della spesa, dopo 10 anni di tagli. La Provincia di Bolzano è una delle pochissime che non rispetta per niente i LEA, i livelli essenziali di assistenza, neppure per i malati cronici; dove non ci sono le USCA; che non ha investito niente nella medicina territoriale. Non esiste l’informatizzazione. Negli ultimi anni sono sorte come funghi le cliniche private, che vengono convenzionate o dove chi se lo può permettere paga 332 euro una risonanza magnetica e 180 euro un tampone. Quest’anno solo il 35% di coloro che vengono continuamente invitati a farlo sono stati vaccinati contro l’influenza. I medici di base si chiedono che cosa accadrà in gennaio quando arriveranno le influenze stagionali, e se si sarà in grado di gestire la vaccinazione anti-Covid.

Qualcuno pensa che i finanziamenti del Recovery fund possano essere usati in modo autonomo, prescindendo dalle indicazioni della UE e premiando le proprie clientele politiche. Ma forse non sarà così e i soldi forse saremo costretti a usarli bene.

Una politica ignara della realtà

Nella società impoverita ci sarà bisogno di più aiuto per chi non ce la fa. Non dovrà più succedere che di fronte all’aumento del bisogno e dell’impegno di lavoro gratuito di migliaia di persone, la prima idea dell’assessora provinciale al sociale sia quella di ridurre del 20% i finanziamenti alle associazioni. Un atteggiamento sprezzante verso il volontariato sociale, che ha distribuito centinaia di migliaia di pacchi di cibo e medicine nel lock-down. Colpo di mano sventato, ma che dà un segnale terribile delle intenzioni - o della distrazione - della politica.

Prepararsi a tempi difficili, significa occuparsi attivamente di senzatetto e poveri. Si vedono troppi giovani immigrati in giro per le strade, senza un luogo dove andare, senza niente da fare. I politici pensano che ignorandoli se ne andranno. Ma che spreco, quanto tempo e quante vite perse! Si dovrebbe dar loro un posto per dormire, qualcosa da fare, un’istruzione, un’educazione a una società democratica e civile, che sia utile per la vita qui o altrove.

La spesa sia basata valutando costi e benefici

Se i soldi non ci sono per tutto, si devono cancellare gli investimenti inutili, perché in tempi difficili lo spreco è ancora meno accettabile. La valutazione costi-benefici è uno strumento scientifico e non un’opzione irrilevante per le scelte della politica. Anche se il professor Ponti, esperto internazionale in grandi infrastrutture, ha svelato che in Italia la legge non prevede l’obbligo di fare l’analisi costi-benefici, se le opere sono interamente finanziate dal pubblico, il pubblico denaro non può essere buttato via. E ne abbiamo un esempio vicino, che nel rumore mediatico della pandemia è passato sotto silenzio. In giugno è stato pubblicato il documento conclusivo dei lavori della commissione della Corte dei Conti Europea (ECA) che, sotto la guida dell’austriaco Oskar Herics, ha esaminato 8 megaprogetti transfrontalieri nel campo dei trasporti, fra cui il tunnel di base del Brennero (BBT). Il risultato non è affatto positivo: “Per il BBT in 26 anni i tre stati interessati finora non hanno condotto nessuno studio del traffico comune e ciascuno mette in discussione le cifre e i metodi degli altri, mentre la Commissione europea non ha fatto una propria analisi indipendente sui bisogni”, si legge nel documento conclusivo. La tratta tedesca sarà pronta fra il 2040 e il 2050, forse, perché in Germania ci sono ancora dubbi sull’utilità di questa infrastruttura. L’ECA scrive che il tunnel costerà 9,3 miliardi di euro e finora la UE prevede di pagarne 1,58. Ma il ritardo e la mancanza dell’analisi costi-benefici sulle tratte di accesso si riflettono sul risultato, con la crescita dei costi. Herics ha dichiarato che ci saranno almeno 14 anni di ritardo e che il costo del tunnel raddoppierà. Ha definito la nuova linea ferroviaria un “costoso patchwork nazionale”. E nel presentare lo studio ha concluso: “Con un grosso sostegno finanziario della UE viene realizzato un megaprogetto di tunnel la cui sostenibilità economica a lungo termine come tratta ad alta velocità non ci sarà. Inoltre gli effetti complessivi del BBT rispetto al trasferimento del traffico pesante sulla ferrovia e la riduzione dell’inquinamento ambientale sono discutibili”.

L’Alta Velocità è nata come sistema di trasporto persone. Poiché l’aspettativa del numero di passeggeri era bassissima (54 chilometri sottoterra non sono piacevoli), questo scopo è stato messo da parte. E allora l’AV è stata trasformata in Alta Capacità. Dai tecnici non è mai venuto un giudizio positivo, ma i politici sono andati avanti ignorandoli. La UE inoltre, in un suo libro bianco sul traffico merci attraverso le Alpi, ha dimostrato che non nuove infrastrutture ferroviarie ma solamente un’opportuna tassazione farebbe spostare il traffico merci sulle rotaie. UE a due teste.

Con la crisi incipiente, chi pagherà per un’opera che forse non sarà mai finita e mai usata? Con meno denaro si potrebbe migliorare la linea attuale, fare le circonvallazioni delle città e proteggere dal rumore i centri abitati in fondovalle. Con i denari risparmiati, si potrebbe intervenire sui pedaggi della A22, rincarando il costo per le merci (che provocano molti più danni delle auto all’infrastruttura) e riducendo il costo per i cittadini.