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QT n. 12, dicembre 2021 Servizi

Chiudere le scuole per andare al concerto?

La grande idea di Fugatti giudicata dagli studenti

"Si poteva fare molto meglio. Non si dovrebbero chiudere scuole superiori ed università. Già a Vasco Rossi pagheranno di tutto e di più: anche i biglietti invenduti. Ma così quelli hanno fatto tombola!".

È uno studente della Facoltà di Economia, Gianluca, roveretano del terzo anno a proporre queste considerazioni relative alle decisione del presidente della Provincia Fugatti; che ha pensato di fare un regalo al suo popolo, portando qui Vasco Rossi, uno dei rocker più amati in Italia. E per poterlo fare ha deciso di spendere quanto mai (da mettere in conto anche i costi per preparare l’arena in località S. Vincenzo, tra Mattarello e Trento, un milione di euro già stanziati ma alla fine potrebbe costarne anche 3), da ciò che si sa in proporzione più di quanto lo hanno pagato a Modena nell’occasione dei 220.000 in concerto.

Ma ha deciso anche di chiudere facoltà e scuole superiori in quel giorno benedetto da dio. Per non intasare i trasporti, si dice. O forse per cercare di mettere insieme i 100.000 spettatori promessi. Come direbbe una nostra amica, i 15.000 universitari sono “tanta roba”.

Facciamo la ronda per più di tre ore davanti alle facoltà di Sociologia, Giurisprudenza, Economia e alla biblioteca universitaria che sta lì appresso. Una cinquantina gli studenti che fermiamo. La domanda: "Cosa pensi della chiusura di università e superiori nel giorno del concerto del Blasco del 20 maggio prossimo?".

Freddo e sono le 8.30 del mattino. Per riscaldarci assaltiamo gli studenti. Claudia, Ingegneria delle comunicazioni: "Credo sia assurdo bloccare l’Università per un concerto. Spero che alla fine non lo facciano. Io non ci andrò, non è nemmeno il mio genere". Erika Conotter, trentina, frequenta Economia. E sbotta: "Il diritto allo studio va garantito, non può essere negato per un concerto. Che hanno organizzato per visibilità, per attirare l’attenzione. Ci sono eventi più idonei". Sofia non ci dà il tempo di chiederle la città d’origine e la facoltà: "Penso a come hanno trattato il Festival dell’Economia, cambiando l’organizzatore in corsa. Sarebbero i trasporti la ragione della chiusura per il concerto? Abbiamo visto ciò che è successo in occasione degli Europei di ciclismo! Oggi come allora andava solo pensata un’alternativa". Isac, Economia, è di Vicenza: "Non sono un fan di Vasco. Ma forse molti colleghi saranno contenti per il concerto. È ancora molto famoso. Io dico una cosa: hanno fatto di tutto per tenere aperte le scuole in questa pandemia di Covid: non deve essere un concerto il pretesto per una chiusura".

Il freddo gela le dita e noi ancora andiamo di penna. E blocchiamo Elisabetta, Giurisprudenza. A lei non dà fastidio la chiusura: "Se è per fini di sicurezza e problemi di trasporti può anche andare. Anche se non mi parrebbe il caso di chiudere la scuola".

Non è il rocker il problema. È anche la simbologia: l’Università chiude “per svago”, affinché si possa fare il pieno all’Arena della musica popolare. Giulia frequenta Economia: "Mi sembra esagerato, non trovo corrispondenza… non c'entra nulla”. Va più a fondo Anna, Giurisprudenza: "Non sapevo del concerto, ma non sono d’accordo. Il diritto allo studio deve essere preminente. Anche davanti ad una bella occasione di aggregazione”. Il padovano Niccolò, Studi Internazionali a Sociologia, giudica la decisione “provinciale” e un tantino esagerata: "Magari a me nemmeno piace quel concerto ed ho diritto di andare a lezione. Abbiamo già perduto tanto tempo per il Covid. Perderne anche un solo giorno in più mi pare una presa in giro”.

Come direbbe Pablo Neruda, venite a vedere per le strade. Venite a vedere e a chiedere per le strade. Anche Adelaide, Studi Internazionali, veronese, è sulla stessa linea: "Non si sono chiuse le scuole per avvenimenti ben più importanti, Fridays for Future ad esempio. Annullare le lezioni per un cantante è assurdo. In questi due anni si sono perse troppe lezioni per Covid". Poi quasi fa lo spelling: "In-sen-sa-to". Sara frequenta Economia e va di fretta: "È un po’ dubbia la cosa: anche la musica è una forma di arte ma l’istruzione è fondamentale".

Cambiamo strada e marciapiede e affrontiamo il freddo. Per fermare Marianna davanti a Giurisprudenza. Lei, lombarda, è simpaticamente maliziosa: "Non so se a Trento riusciranno a mettere insieme 100.000 persone. È un sacco di gente. E non so se avrei chiuso l’Università ma credo che il problema sia il traffico".

Tu ci andresti al concerto?

"Io ci andrò, mi piace Vasco e così le sue canzoni. Andiamo in gruppo, siamo in molti. Ma se avessi scelto io il concerto non lo avrei proposto a Trento, non è città! Troppo traffico, non ci sono parcheggi sufficienti. Milano sarebbe andata bene. Ma credo che più di 60.000 qui non ne verranno".

Vasco Rossi, centomila, l’arena tra i meli. Un sacco bello. Paolo, Giurisprudenza, viene dal caldo, Lecce: "Mi sono informato e dicono che hanno venduto poco sinora. La chiusura dell’Università è solo una mossa per invogliare le migliaia di studenti ad andarci. Il Trentino spinge molto sui grandi eventi. Ridicolo però chiudere l’Ateneo per Vasco. Ma in questo periodo ne stiamo vedendo di tutti i colori".

Eleonora, che studia legge, sorride: "Gli studenti vanno a piedi o in bicicletta. Non chiudono per problemi di traffico. C’è Vasco Rossi, ma è troppo chiudere Università e superiori". Lei, dice, ama qualche pezzo del Blasco. Così è per Beatrice, Beni culturali a Lettere, mantovana: "Sono confusa – ammette – Vasco è un grande e ci sta. Ma non credo fosse indispensabile chiudere". Il catanese Davide, che da grande farà l’economista, è tranchant: "La chiusura sarà un disservizio per le persone che vengono da fuori". E il suo ‘fuori’ sta molto lontano.

Francesco, Biotecnologie, è di Udine: "Mi spiace che chiudano la Facoltà. Ma non è strano, anche adesso i mercatini di Natale rendono difficoltoso prendere l’autobus e devi andare a piedi fino alla stazione, 20 minuti. Il concerto di Rossi dà prestigio alla città, è un investimento".

Il padovano Guglielmo (Giurisprudenza) si fa pensoso: "Non sapevo. – dice – Non è sensato, non troveranno troppo interesse per il concerto tra gli universitari. E dal punto di vista valoriale non mi pare saggia la chiusura dell’Ateneo. È un pendio scivoloso. Poi ne chiamano un altro e chiudono ancora?". E qui una sciabolata dritta sui denti: "È un modo di fare provinciale. Per il Festival dell’Economia non chiudevano l’Università e per Rossi sì". Una boutade da compagnoni, da provinciali per Guglielmo: "Ma gli universitari non mi paiono coinvolti".

Manuel Angiori di Isernia, Economia, è d’accordo con la decisione della Provincia: "È una sola giornata, si perde poco e si può facilmente recuperare. Fanno bene, sarebbe complicato per il traffico". Alcuni studenti, pochi, non hanno un’opinione al proposito. Ancora un economista, Alessandro di Trento: "Per aiutare il mondo dello spettacolo quasi affondato dal Covid potrebbe andare bene aiutare questi concerti. Ma non certo fermare la scuola. Non è una festa nazionale. E poi, andrà bene coi costi? Meglio farli alla fine i conti". Malizioso Alex. Enrico Pavan, terzo anno di Economia, è trevigiano: "Un giorno di chiusura della Facoltà non cambia nulla. Può andare bene. È un evento talmente importante!". Il suo compagno è Marco Vaccari di Modena, che sbotta tutto d’un fiato: "Per me può chiudere la Facoltà anche per una settimana. È per il dio del rock, tutto è lecito. Per noi non cambia nulla, io sono un fan di Vasco, per una volta anche la Scienza può aspettare. Anzi, quel giorno sarà lui la Scienza. Ci insegna tante cose".

Corriamo, per riscaldarci, davanti a Giurisprudenza ed incontriamo Nicola di Pisa: "Quel concerto sarà un evento pubblico e sarà gradita una grande partecipazione. Vasco Rossi è una figura pubblica". Quindi, se po’ fa. Ma con lui c’è una ragazza che non lascia il nome. E che dice solo: "È sconcertante!". Un’ironia di parole?

Ci avviamo verso Sociologia. Pochi gli studenti, c’è una riunione dei docenti, pare. Un ragazzone grande e grosso, barba compresa. E un vestire comodo il suo. Samy (fa lo spelling) è di Mantova. Parlare pausato, riflessivo: "Trovo assurdo chiudere le scuole. Non ne capisco la ragione, è immotivato. Per i trasporti e il traffico? Non ci credo. Bah… un giorno di istruzione vale meno di un concerto! Non credevo che a Trento si ragionasse così. Lo trovo allucinante".

Abbiamo tentato di avvicinare anche un paio di docenti all’uscita dalle Facoltà. Senza successo. Non volevano manifestarsi. Allora siamo entrati in una Facoltà ma non ci hanno fatti passare, forse per il Covid. Ci hanno però suggerito il numero di telefono del coordinatore del Dipartimento.

Lo abbiamo chiamato e ci ha assicurato che il mattino dopo avrebbe interessato qualche insegnante e ci avrebbe richiamati.

Abbiamo atteso invano. Forse molti docenti sono emozionati più dei loro studenti per l’arrivo di Vasco Rossi? Sarebbe persino comprensibile, almeno in termini anagrafici.