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QT n. 11, novembre 2023 Cover story

Come il centrosinistra ha - meritatamente - perso

Lo scadente governo Fugatti vince le elezioni. Grazie al nulla delle opposizioni

Pierluigi Bersani, a Trento per la campagna elettorale, si era incontrato con i maggiorenti del Pd, cui aveva chiesto di tratteggiargli un breve sunto della situazione politica locale. La giunta Fugatti è stata un disastro - gli risposero - ha devastato la sanità, compromesso il rapporto con l’Università, buttato via soldi in fesserie come il concerto di Vasco Rossi, umiliato l’Autonomia sempre a rimorchio del Veneto e di Zaia, si è impuntato in realizzazioni come la PiRuBi cui sono tutti contrari… “Nonostante tutto questo - si intromise un Pierino, attirando lo sguardo corrucciato dei big - Fugatti è di molto avanti in tutti i sondaggi”.

Calò il gelo. Bersani disse solo “Ah!”. Ma lo sguardo, di colpo indurito, la mimica facciale, significavano: “Ma allora voi, voi siete degli asini”.

L’episodio illustra bene il paradosso dell’ultimo esito elettorale: il governo provinciale ha governato decisamente male, eppure ha stravinto le elezioni. A noi sembra ovvia una prima deduzione: l’opposizione era peggio. E’ stata peggiore non tanto e non solo in campagna elettorale, ma nei cinque anni precedenti. “Opposizione costruttiva” era stata la linea del capogruppo del PD Giorgio Tonini, diventata strada facendo “non opposizione” “fare il minimo possibile”, e se qualche consigliere si esponeva con prese di posizione decise, subito veniva isolato quando non attaccato dagli stessi suoi compagni di partito, che scorgevano la ghiotta occasione di mettere un concorrente in difficoltà.

Volete degli esempi pratici? Sulla vicenda del NOT i nostri lettori conoscono la campagna di QT sulla scandalosa conduzione dell’appalto da parte di Fugatti e del suo braccio destro De Col, che avevano fatto approvare un progetto vergognoso, impresentabile, che non rispettava le prescrizioni di gara, di un’impresa che non aveva le coperture economiche per portare a termine l’operazione (e che per questo adesso deve vedersela con i giudici). Bene, per due volte abbiamo fatto pranzi di lavoro con i consiglieri del Pd portando dati, documenti, sullo scandalo: loro si erano detti colpiti, impressionati; ma poi in Consiglio, sulla stampa, nulla hanno mai fatto. Silenzio assoluto: fare il meno possibile.

Un altro esempio? L’infiltrazione mafiosa. In tutta la campagna non è stata mai pronunciata la parola “mafia”. A Lona Lases i comizianti del centro-sinistra - e la candidata di Verdi e Sinistra (!) Italiana - sono riusciti a non profferire le parole “mafia” “‘ndrangheta” “Perfido” e nemmeno “porfido”. Neanche fossero a Corleone. Chiaramente poi i (pochi) elettori - vedi il dolente resoconto di Walter Ferrari a pagina 13 - hanno dato retta a chi diceva che Perfido era una bufala, e votato chi veniva indicato da cavatori e zona grigia: Fugatti appunto.

Con il Pd in stato letargico, quel che rimaneva dell’opposizione, ossia in pratica i 5 Stelle, si è anche data da fare: Filippo Degasperi e Alex Marini (in particolare quest’ultimo sul tema mafia) sono stati molto attivi; ma si sono divisi. Fugatti li ha potuti impunemente ignorare, manco rispondeva alle interrogazioni. E, se volessimo essere cinici, dovremmo dire che ha avuto ragione lui: alle elezioni i 5 Stelle si sono presentati slabbrati, divisi in tre liste, e anche se nei 5 anni di opposizione hanno sviluppato e portato temi, elettoralmente hanno pagato la divisione, oltre che la vaghezza della linea nazionale di Giuseppe Conte.

Tutta colpa delle valli?

E’ in questo quadro che va inserita la divaricazione del voto città\valli. Le città, e in particolare Trento, oltre ad essere storicamente orientate a sinistra, si vedevano evidenziate, vivendole in prima persona, le grossolane mancanze di Fugatti. Trento è la città dell’apparato provinciale, che in questi anni ha toccato con mano le improvvisazioni e incapacità di una Giunta di mediocri, e del personale altrettanto mediocre (eufemismo) che veniva nominato nei vari enti, a iniziare da Itea e Centro Santa Chiara. Trento e Rovereto sono le città dell’Università, taglieggiata dal fugattismo al punto da far pubblicamente prospettare al rettore, pochi giorni prima del voto, l’ipotesi che l’Ateneo abbandoni la Provincia per tornare università pienamente statale: bruciante delegittimazione dell’Autonomia e involuzione delle stesse città, elevatesi dal provincialismo proprio grazie alla presenza di una delle migliori università italiane.

Marco Brunazzo

Trento inoltre soffre di tensioni abitative, e Fugatti ha portato l’edilizia pubblica ai minimi storici. Dopo lo smantellamento dell’integrazione diffusa si trova ad essere l’unico centro costretto ad ospitare tutti i migranti, i quali peraltro non generano particolari conflitti, ma l’idea fugattiana è chiara. Se a questo aggiungiamo altri strafalcioni cittadini come il concerto di Vasco Rossi o la telenovela del NOT, non c’è da stupirsi che lungo le rive dell’Adige il nulla del centrosinistra abbia prevalso sul sottozero di Fugatti.

Diverso invece il discorso nelle valli.

Fugatti ha dimostrato un’attenzione costante al mondo valligiano, attraverso atti magari simbolici, ma di evidente impatto: gli Stati Generali della Montagna, la giunta provinciale itinerante in ogni comprensorio - ci dice il politologo Marco Brunazzo, ordinario a Sociologia a Trento - L’attenzione è stata poi concreta con alcuni provvedimenti, su cui magari c’è da discutere ma che vengono incontro a sensibilità di valle, come il mantenimento dei punti nascita negli ospedali periferici.”

E’ poi riuscito a porre come problema centrale, centralissimo, l’orso.

Lo ha volutamente drammatizzato. Ha anche cercato di dare soluzioni, peraltro poi bloccate dai tribunali. Ma ha saputo volgere a proprio favore anche questo, presentandosi come l’unico che ha risposte, bloccate però dai poteri forti. E’ la retorica del leader che vede i problemi, conosce le soluzioni, che però vengono boicottate: di qui la richiesta di maggiore consenso perché possa avere più forza, per poter fare le cose giuste. Dall’altra parte il centrosinistra non ha saputo portare proposte alternative, sottovalutando il sentimento anti-orso che ormai c’è nelle valli”.

Questa centralità dell’orso esiste soprattutto perchè il centrosinistra non ha portato all’attenzione altri temi.

Avrebbe potuto sfruttare meglio l’insoddisfazione dei cittadini per la sanità, e non lo ha fatto, pur avendo una persona come Valduga più che qualificata sul tema. Fugatti ha risposto “Abbiamo fatto la facoltà di Medicina”: anche questa è una strategia nota, quella del buon senso attuata con successo da Salvini nel 2018, costruiremo l’ospedale, avviamo Medicina così avremo più medici”.

Un buon senso fasullo: Fugatti con i suoi pasticci per favorire un’impresa di Rovigo, il NOT lo ha affossato, e l’ospedale di Cavalese lo ha definanziato per sostituirlo con uno proposto dall’impresa amica Mak Costruzioni poi non realizzato…

… e i laureati di Medicina, poi devi riuscire a tenerli in Trentino, mentre invece i tagli alla sanità fanno scappare anche i medici attuali. Queste dovevano essere le controrepliche del centrosinistra… Non ci sono state, se non all’ultimo minuto e troppo flebili. Il punto è che la sinistra forse ha scheletri nell’armadio, di sicuro ha corresponsabilità. Il declino della sanità è iniziato prima di Fugatti, lui la ha accentuata”.

E così anche per il discorso delle presenze mafiose

C’è l‘idea che il Trentino sia fuori dalle infiltrazioni criminali, e quando queste si manifestano si pensa che siano limitate a realtà micro e specifiche. Anche qui, una delle difficoltà del centrosinistra ad affrontare il tema è che tali dinamiche non si sono sviluppate negli ultimi cinque anni. C’è un’autocensura, si pensa di essere coinvolti con il passato e allora si tace, si nasconde l’argomento sotto il tappeto”.

In conclusione c’è bisogno di una rottura con il passato? Innanzitutto con gli esponenti politici, ma anche con la cultura politica che ha improntato questi anni?

Assolutamente sì, c’è bisogno di una rottura, il centrosinistra deve trovare il modo di costruire una narrazione per presentarsi come qualcosa di diverso”.

L’abbandono dell’equità sociale

Qui arriviamo a un discorso ancor più di fondo. All’ultimo comizio alla Sala della Cooperazione, la segretaria del PD Elly Schlein ha scaldato i cuori dei militanti, parlando di difesa del lavoro, dell’ambiente, del welfare, e soprattutto di lotta alle diseguaglianze. Applausi scroscianti, sinceri.

Ma qualcuno in campagna elettorale (se non la lista della sinistra residuale di Marco Rizzo, peraltro a digiuno dei temi trentini) qualcuno ha mai pronunciato la parola “disuguaglianze”?

Abbiamo già spiegato in un articolo dell’ottobre 2022 come in questi ultimi 40 anni ci sia stato un colossale spostamento della ricchezza prodotta, dal basso verso l’alto: se nel 1980 un amministratore delegato prendeva uno stipendio pari a quello di 45 dipendenti, nel 2020 prendeva quello di 649, la disuguaglianza era aumentata di oltre dieci volte. Non solo: i lavoratori italiani – unici in Europa – dal 1990 al 2020 hanno visto diminuire il loro reddito(vedi la tabella a destra) e poi con il Covid è andata ancor peggio. In parallelo, sono diminuite le protezioni offerte dal welfare, come ben sanno tutti quelli che devono fare i conti - e sono tanti - con la sanità attuale.

Orbene, in questi decenni il centrosinistra è stato spesso al governo in Italia, e in Trentino sempre fino al 2018. Quindi di tale tracollo sociale è pienamente responsabile.

Questo spiega le sconfitte elettorali. L’elettorato un tempo ferreamente di sinistra (a iniziare dagli operai) vota altrove. O non vota. Oppure va - per un po’ di tempo - dietro a uno dei tanti pifferai che compaiono sulla scena politica, prima Grillo, poi Salvini, oggi Meloni. Nel nostro piccolo, dietro a Maurizio Fugatti, che nel 2018 aveva dirottato il discorso inventandosi lo spauracchio degli immigrati, nel 2023 quello degli orsi.

La sinistra, di disuguaglianze non parla, di declino del welfare, nemmeno. Abbiamo visto sulla sanità. Stesso discorso si potrebbe fare sull’Itea: c’è un’emergenza sociale nelle abitazioni per i non abbienti, ma l’Itea non solo non costruisce più (un evidente regalo all’ammanicatissima lobby delle immobiliari), ma nemmeno assegna gli alloggi resisi liberi: ce ne sono più di un centinaio, ristrutturati da un paio di anni e mai assegnati. Sarebbe stato un ottimo argomento in campagna elettorale, e invece il centrosinistra ha fatto silenzio. Perché? Ma perchè il declino di Itea data dagli anni di Dellai, e poi di Pacher, di Rossi…

Ed ecco quindi che dalle elezioni, dopo la parola “mafia” si è espunta anche la parola “disuguaglianze” riempendosi invece la bocca con frasi vuote su “Autonomia”, su “territori”.

Come diceva Norberto Bobbio, quello che distingue la sinistra dalla destra, sono le disuguaglianze - conclude Brunazzo - E per la sinistra dovrebbe essere il primo problema: quando le disuguaglianze, come adesso, aumentano e il welfare retrocede, la società rischia di sfaldarsi. Perché c’è di più: la democrazia, con il suffragio universale, si propone come strumento per creare una società più solida, omogenea, riducendo appunto le disuguaglianze; quando questo non accade, anzi si va nel verso opposto, l’allarme vale innanzitutto per la sinistra, ma anche per la stessa democrazia. Che se non ottempera a questo compito primario entra in crisi. Di qui la disaffezione verso le dinamiche democratiche viste come inutili e fasulle e invece la ricerca dell’uomo forte”.

La sinistra trentina ha capito questa lezione? Ne vede la dirompente gravità?

Oltre agli applausi alla Schlein, se ne sono comprese le parole, condivisi gli obiettivi?

Non sembra: il dibattito post elettorale pare concentrato su volontaristici inviti agli eletti ad “andare sui territori”. Cosa commendevole senz’altro, ma del tutto secondaria. Occorre invece cambiare radicalmente rotta, propugnare con forza, anche a costo di essere divisivi, gli obiettivi – come la difesa del welfare e il contrasto della criminalità - che dovrebbero essere basilari, indiscutibili per il centro-sinistra ed oggi invece sono dei meri optional.

Se non si cambia, tra dieci anni, dopo aver perso i territori, si perderanno anche le città.