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QT n. 12, dicembre 2023 Cover story

Riva e Arco: speculazioni in corso

I nodi vengono al pettine nelle grandi operazioni immobiliari.

Quando vi raccontiamo dei grandi affari in corso nella Busa, potrebbe sembrare che ce l’abbiamo personalmente con Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti. Ma vi giuriamo che non è così.

A noi, di Hager e Signoretti, non potrebbe importare di meno, se non fosse che nelle operazioni immobiliar-turistiche che hanno messo in piedi tra Riva e Arco c’è una indebita compressione dell’interesse pubblico, che viene messo letteralmente sotto a favore di quello privato.

Per onestà intellettuale - al netto di comportamenti illeciti degli imprenditori stessi, di cui non abbiamo prova al momento - dobbiamo dire però che siccome “nessuno può farci del male senza il nostro permesso” (citando il Mahatma), alla fin fine i responsabili sono i sindaci e le amministrazioni comunali che hanno consentito all’interesse privato di dilagare.

René Benko è caduto dalle stelle. E si è fatto molto male. Il magnate austriaco è stato recentemente messo alla porta dai soci perché il suo impero immobiliare sta crollando. Le banche gli hanno chiuso i rubinetti da tempo e la sua Signa, cuore dell’impero, ha già portato le carte al tribunale fallimentare in Germania. Ci riguarda? Anche sì. Perchè Heinz Peter Hager è ufficialmente il rappresentante di Benko nei suoi affari italiani. A partire dal Waltherpark di Bolzano. Sugli affari di Riva e Arco, Hager ha sempre smentito il collegamento con Benko. Ha anche dichiarato recentemente che basta una visura camerale per verificare che non ci sono legami. Ma Hager sa perfettamente, da buon commercialista, che le strutture societarie ufficiali spesso nascondono, più che svelare, da dove realmente vengono i soldi. Quindi al momento non sappiamo da dove potrebbero venire i soldi per i progetti dell’area Cattoi e dell’hotel Arco. E se ci fosse un qualche legame con Benko, allora forse qualche problema ci sarebbe..

Le pressioni a cui gli amministratori si sono piegati devono comunque essere state molto forti o molto seducenti. Perché sia a Riva che ad Arco le amministrazioni comunali hanno sfidato le leggi di sostanza e di procedura fino al limite, pur di soddisfare gli interessi di questi e di qualche altro imprenditore. Ma i nostri Benko Boys - i legami col miliardario austriaco, sempre negati, stanno sullo sfondo fin dall’inizio - sono senz’altro i campioni, attualmente.

E allora riprendiamo il filo dell’affare più dibattuto degli ultimi anni nella Busa, ovvero quello dell’area Cattoi a Riva del Garda. (vedi QT di febbraio).

Un progetto immobiliare condensato in un accordo pubblico-privato per il quale ad Hager e Signoretti viene concesso di costruire cinquemila metri quadri di residenziale turistico di lusso nell’ultimo spazio libero sulla riva del lago in quello che, al momento, è ancora solo uno sterrato non edificabile. Uno spazio che molti in città vorrebbero conservare libero e aperto, a parco pubblico

In cambio il Comune ottiene effettivamente un parco di 15mila metri quadri e una serie di cosette di contorno, come la costruzione di un tratto di ciclabile e altre piccolezze.

Un progetto che però dovrebbe rispettare la norma per cui negli accordi tra pubblico e privati, il “guadagno”, variamente calcolato, deve essere spartito come minimo al cinquanta e cinquanta. Già nei mesi scorsi avevamo fatto i conti e non tornavano.

Tornavano talmente poco che quando è stato il momento di approvare in Consiglio comunale la variante urbanistica e l’accordo, quasi tutti i consiglieri di maggioranza si sono dichiarati incompatibili. Così, giusto per mettersi al sicuro da possibili richieste future della Corte dei Conti (che, come tutti sanno, i soldi li vuole dalle tasche degli amministratori che hanno votato/firmato atti che provocano un danno all’interesse collettivo).

La Provincia ha quindi dovuto nominare un commissario ad acta, l’avvocato Nicolò Pedrazzoli, ex dirigente del servizio legale di piazza Dante.

A quel punto - ed eravamo a inizio estate - tutto si è fermato in attesa delle elezioni provinciali. Ma quando l’ultima scheda è caduta nell’urna, la macchina si è rimessa in moto a gran velocità e il 9 novembre il commissario ha prontamente adottato la variante urbanistica 13 bis. Senza cambiare nemmeno una virgola di quello che gli era stato consegnato da un manipolo di incompatibili.

Il conflitto di interessi

E qui abbiamo un macroscopico problema. Perché l’incompatibilità è una dichiarazione di conflitto di interessi. Però parecchi dei consiglieri (compresa la sindaca di Riva Cristina Santi e il presidente della commissione urbanistica Franco Gatti) che si sono tirati indietro all’ultimo minuto, fino a quel momento avevano allegramente disegnato mappe e deciso destinazioni urbanistiche. Quindi, se avevano dei conflitti di interesse per la votazione finale, tanto più li avevano mentre decidevano in commissione urbanistica. E se erano incompatibili alla fine, lo erano anche lungo il percorso. Quindi - scusate la pedanteria giuridica - gli atti che loro hanno preparato sono affetti da un vizio all’origine. Come minimo sono annullabili.

Col buonsenso si potrebbe dire che comunque il commissario, fatti i suoi controlli, abbia concluso che, nonostante gli interessi che si sovrapponevano, le decisioni prese erano adeguate all’interesse pubblico.

Ma allora perché l’accordo incriminato tra Hager & Signoretti e il Comune non viene, come prescrive la legge, integrato nella previsione urbanistica?

Perché il commissario ne prende solamente atto? Tanto da non inserirlo nemmeno nei documenti allegati alla sua decisione?

Il suo nuovo agritur con circolo ippico

Il problema è che quell’accordo lo ha firmato Cristina Santi, e lei è incompatibile. Quindi, a rigor di logica, quell’accordo potrebbe essere nullo o annullabile. Se il commissario lo avesse inserito come parte integrante della variante, rischiava di rendere illegittima tutta la parte del provvedimento urbanistico che da quell’accordo discende. Che è un bel pezzo della variante urbanistica in corso di adozione. Quasi il perno della risistemazione della fascia lago immaginata dall’attuale giunta comunale.

Qui si apre l’incognita del ricorso al Tar. Particolarmente da parte di altri soggetti che, nella stessa variante, vengono trattati in modo ben diverso rispetto ai tappeti rossi offerti ai Benko Boys.

In particolare parliamo dei proprietari dell’ex cementificio Buzzi Unicem. Quattro ettari di terreno da bonificare e un cementificio in disarmo da demolire.

Lì i consiglieri incompatibili fanno i governanti duri e puri: nessun accordo - che pure era in corso di trattativa - ed esproprio della metà del terreno.

Ma il Comune ha tutto il diritto di decidere come vuole che si sviluppi la città, direte voi. Ovvio. Ma deve motivare adeguatamente la decisione. A parità di situazioni, tu Comune mi devi dire quali sono le ragioni per cui tratti me in un modo e altri in un altro. E nella variante queste motivazioni non ci sono. La strada per il Tar è aperta.

L’Hotel Arco

Nel frattempo lo stesso schema operativo adottato per l’area Cattoi è stato utilizzato anche ad Arco, dove Hager e Signoretti hanno acquistato un vecchio hotel in rovina, l’hotel Arco, e fatto un bell’accordo pubblico-privato con il Comune per ristrutturarlo e, già che ci sono, chiedono di costruirci accanto, sulla riva del Sarca, anche 2400 metri quadri di appartamenti. Di lusso, ovviamente. (Per i dettagli rimandiamo a QT di settembre). In cambio promettono di risistemare la zona intorno all’albergo, strade, fontane e ciclabile compresa.

Qui però è già emerso un ostacolo. La giunta provinciale - che ha diritto di parola sulle varianti urbanistiche dei Comuni - a fine ottobre ha detto che quell’accordo non va mica bene e che bisogna rivederlo radicalmente.

Per due ragioni principali. La prima è che il progetto dei Benko Boys mette a rischio la tutela idrogeologica del Sarca e questo, si capisce subito, potrebbe creare seri problemi. La seconda, che questo tipo di accordi devono avere una stima accurata dei valori in gioco e ad Arco hanno fatto i conti di quanto riceve il Comune, ma non hanno scritto alcuna cifra su quanto guadagnano i privati. E quindi non si può calcolare se l’accordo rispetta il cinquanta e cinquanta che prescrive la legge.

Tirando le somme, da piazza Dante arriva un messaggio: potete fare la ristrutturazione dell’hotel - già prevista dalle attuali norme urbanistiche - ma non gli appartamenti di lusso. Che sono però fondamentali per i Benko Boys, che non si muovono mai se non c’è la previsione di guadagnare valigioni di soldi. Molto oltre la redditività media delle normali operazioni immobiliari.

Toh, ci siamo detti, in piazza Dante si sono svegliati e stanno giustamente tutelando l’interesse pubblico. Sia sul piano della sicurezza ambientale che su quello del corretto valore dato all’interesse pubblico.

Noi i conti, a spanne, ce li eravamo fatti e decisamente anche per Arco - come per l’affare Cattoi a Riva, peraltro - non tornavano. A favore dei privati, ovviamente.

Quanto a piazza Dante, abbiamo il sospetto che se nella Busa non avessero davvero esagerato con le concessioni ai privati non ci sarebbe stato problema. Ma la legge è chiara e quindi i funzionari provinciali hanno dovuto necessariamente rilevare i problemi.

L’affare al momento è in stallo perché ora bisogna convincere i Benko Boys che non possono straguadagnare. Potrebbe non essere facile, considerato pure che Paolo Signoretti è stato uno dei finanziatori della campagna elettorale del sindaco Alessandro Betta alle ultime comunali di Arco. PD e Lega pari sono, di fronte al potere dei soldi, a quanto pare.

Le interlocuzioni sono in corso, dicono in Comune ad Arco. Noi aspettiamo di vedere che coniglio faranno uscire dal cappello. Aspettiamo poi anche di vedere se per Riva del Garda verrà usato lo stesso metro. A breve, una volta trascorsi i tempi tecnici, la variante di Riva del Garda dovrà passare il vaglio di piazza Dante. Logica vorrebbe che le critiche siano praticamente le stesse: anche nell’accordo per l’area Cattoi non ci sono stime di valore. In questo caso né del valore concesso ai privati, né di quello che “guadagna” il pubblico. E una volta fatti i conti le cose potrebbero cambiare di molto anche a Riva del Garda.