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QT n. 2, febbraio 2024 Servizi

La mia esperienza al “Bruno”

Il centro sociale è un bene comune prezioso. La scuola di italiano per migranti, ad esempio…

Ho iniziato a frequentare il centro Bruno nell’autunno del 2022. Da sempre vicino alle problematiche dei migranti, soprattutto vivendo di riflesso l'impegno di mia moglie per Medici Senza Frontiere, da qualche anno seguivo con lei le iniziative del’Assemblea Antirazzista a favore dei senza tetto, e quando lei è mancata ho scelto di impegnare il mio tempo in modo più strutturato, diventando un volontario di Libera La Parola, la scuola di italiano del Bruno.

Avendo vissuto a Padova tra i primi anni '70 e i primi anni 2000, avevo qualche preconcetto nei confronti dei centri sociali, che percepivo spesso come lontani dal mio stile nonviolento, e che frettolosamente classificavo come forme di “antagonismo velleitario” (era questo il termine che girava allora). Bene, l’esperienza vissuta in quest’anno e mezzo, di velleitario non ha proprio niente.

Sono stato decisamente colpito dalla forza, dalla concretezza, dall’intelligenza politica, dalla passione dimostrata da iniziative come la scuola di italiano, lo sportello casa, la ciclofficina, le lotte per i senza tetto.

La scuola di italiano ha un titolo bellissimo: Libera La Parola, per scoprire le parole adatte per comunicare, esprimere i propri bisogni, reclamare i propri diritti, capire il complicato sistema dell’accoglienza, cercare casa e lavoro, integrarsi in questo territorio dove il supporto pubblico per l’apprendimento dell’italiano è stato brutalmente tagliato. Come dicono gli organizzatori, ci sono situazioni in cui le parole che abbiamo a disposizione non bastano, e solo con l’aiuto di altre persone possiamo trovare quelle parole che ci restituiscano dignità e diritti. Libera La Parola vuole offrire uno spazio proprio per questo: cerchiamo insieme le parole per descrivere, chiedere, esigere e rispondere.

Non è una scuola strutturata con lezioni frontali, si lavora con gruppetti che vanno dalle 3 alle 5 persone, privilegiando la comunicazione personale. Sono due incontri alla settimana dalle 19 alle 20, in cui si fa soprattutto supporto linguistico, a seconda dei livelli (alfabetizzazione, vocabolario essenziale, conversazione). Si cerca anche, discretamente, di rendersi conto della situazione di ciascuno: quest’anno molti nostri studenti dormivano fuori, per cui nella conversazione anche domande banali sulla casa erano delicate. Poi diamo una mano, con incontri personali, per l’esame di teoria per la patente e per preparare il curriculum per la ricerca di lavoro. Inoltre c’è uno sportello di orientamento legale, che offre assistenza gratuita per la complessa trafila della richiesta d’asilo. Spesso infine abbiamo accompagnato gli studenti agli appuntamenti in questura o agli incontri coi possibili datori di lavoro.

Nel 2023 ci sono stati 34 volontari, di cui circa 10 presenti ogni lezione, con dai 50 ai 70 studenti per volta, provenienti dal Bangladesh, Gambia, Egitto, Iran, Marocco, Nepal, Turchia, Pakistan, Senegal, Iraq, Tunisia, Costa d’Avorio, Colombia, Cina, Guinea, Russia, Ucraina. Circa 300 studenti e (molte meno) studentesse hanno frequentato la scuola nel 2023. Cento lezioni in un anno, anche in estate e nei giorni festivi, solo due giorni di chiusura nel 2023. Le lezioni iniziano alle 19, ma d’inverno c’è chi arriva alle 18 per accendere la stufa, preparare il tè e avere un luogo caldo dove incontrarsi. Il cortile è spesso ingombro di biciclette in riparazione e di ragazzi che discutono con gli attivisti della ciclofficina.

Quest’anno abbiamo organizzato anche un paio di feste, coinvolgendo gli studenti nella scelta del cibo e della musica, nell’organizzazione e nella pulizia. L’ultima è stata la cena di capodanno, a cui hanno partecipato circa 60 persone. C’era un bel clima, gli studenti marocchini hanno messo su la loro musica e ballato fino a oltre mezzanotte.

Quest’inverno, come già negli anni scorsi, ci siamo coinvolti nella cosiddetta “emergenza freddo”, come se quella di chi dorme per strada non fosse già un’emergenza. In varie occasioni abbiamo organizzato presidi pubblici per denunciare la provvisorietà degli interventi del Comune (che per fortuna è comunque intervenuto nonostante la competenza sia della Provincia), e proprio in questi giorni –siamo al paradosso– facciamo i turni la notte, in collaborazione con l’Assemblea Antirazzista, Melting Pot e il centro Astalli, per gestire il dormitorio allestito dal Comune nella palestra delle scuole Bellesini. Quindi da una parte si chiede lo sfratto del Bruno, dall’altra ci si affida agli attivisti per supplire a quella che è una responsabilità primaria delle istituzioni.

In conclusione, dico la mia su questa richiesta di sfratto: non solo lo stabile di Piedicastello è un bene comune che le militanti e i militanti del centro sociale hanno saputo valorizzare, ma la comunità stessa dei militanti avvicendatisi in questi anni, e soprattutto il tessuto sociale provocatorio, creativo e stimolante che hanno creato costituiscono un bene comune prezioso, che tocca a tutti noi difendere e coltivare.

2002-2024: breve storia di un centro sociale

Crediamo che per comprendere meglio l’attuale vertenza possa essere utile questa sommaria storia del centro Bruno dagli inizi ai nostri giorni. Le notizie riportate sono tratte da colloqui con i militanti, dalla stampa locale e dai due blog del Bruno: csbruno.org e centrosocialebruno.blogspot.com. Le frasi virgolettate sono tratte da questi blog.

2002-2006. Il percorso che porterà alla nascita del centro sociale Bruno nasce nell’estate 2002 con l’occupazione di un edificio abbandonato sotto il viadotto nell’area ex Zuffo. L’occupazione durò un paio di settimane, cui fece seguito la lunga esperienza de “La Tana Libera Tutti” in via Roma, luogo di concerti, assemblee, presentazioni di libri, proiezioni di film, rappresentazioni teatrali frequentato da studenti, precari, migranti, che voleva “accogliere le contraddizioni della città raccogliendo gli spunti più creativi, ospitando i ribelli e i sognatori, i democratici e i delusi, i poeti e i musicisti”.

2006. Il 3 ottobre viene occupata la palazzina Liberty in piazza Dante, pensata come “un’ambasciata dei popoli”, un punto d’approdo per migranti e senza tetto: non un’altra toppa rispetto all’accoglienza, quanto “un punto d’ascolto delle condizioni, le storie, i sogni e i desideri dei senza tetto” (QT , febbraio 2006). La palazzina viene “abitata d'inverno, sentendo lo stesso freddo dei tanti senza dimora che dormono le notti gelide della città”. Viene occupata per poco: “Il Comune ci convinse di lasciare, si impegnava sul suo onore che un nuovo spazio lo avrebbe trovato. Per noi e i nostri progetti, per i senzatetto e la loro dignità, per i migranti e i loro diritti”.

Il 10 ottobre nasce il centro sociale Bruno con la ri-occupazione dell’edificio nell’area ex Zuffo. “Si chiamerà come l’orso JJ1, l’orso bruno che dalla Slovenia è arrivato in Trentino, che ha varcato i confini italiani arrivando in Baviera, trovando lì la morte. (…) C’è un orso ribelle, che detesta i confini e le gabbie perché ama la libertà. È Bruno, un orso metropolitano che si spinge fino a valle, guidato dalla voglia di conoscere e trasformare l'ambiente che lo circonda. Bruno insegue le tracce sporche dello sfruttamento e dell'ingiustizia, alla ricerca di luoghi che sappiano produrre nuove alternative di vita. I percorsi di Bruno sono le orme di un movimento che dice no alle guerre e alle ingiustizie sociali, che è sempre vicino agli ultimi e agli invisibili, che denuncia le devastazioni ambientali, che libera cultura e conoscenze, che si interroga, discute e, soprattutto agisce, creando pratiche disobbedienti e conflittuali”.

L’occupazione prosegue per qualche mese con un susseguirsi di iniziative sociali, politiche e culturali, con il sindaco Pacher che appare disponibile a “legalizzare” il Centro Sociale all'interno della palazzina Ex-Zuffo grazie alla concessione in comodato d'uso dello spazio. A questa soluzione, a detta dell'amministrazione, si può arrivare dopo un temporaneo rilascio della struttura.

2007. Il 5 gennaio la palazzina ex Zuffo viene così liberata spontaneamente, mentre l’attività prosegue in un autobus parcheggiato di fronte al centro sociale. Ma la trattativa col Comune langue, dopo proposte alternative respinte al mittente: “La tenda che ha proposto il Sindaco la cediamo volentieri al circo della politica dei pagliacci e dei domatori di pulci, e al confino di Spini di Gardolo preferiamo mandare qualcun altro”. Si arriva quindi a una nuova occupazione della palazzina, con iniziative in vari luoghi della città per sostenere la dignità e i diritti dei migranti. Finché il 21 marzo Pacher decide lo sgombero, e l'ingresso viene murato. Seguono una manifestazione di protesta per le vie di Trento, una conferenza stampa al Comune con i mattoni del Zuffo riportati a chi ha voluto quei muri e l'occupazione dell'ex ostello Mayer in via Buonarroti, di proprietà dell’Opera Universitaria, abbandonato da 3 anni. Il piazzale, prima luogo di spaccio e consumo di droga, è stato bonificato, la parte verde curata e pulita dalle erbacce. Ma il Cda dell’Opera Universitaria decide di denunciare l’occupazione dell’ex ostello.

Il 21 aprile si svolge un'imponente manifestazione contro gli sgomberi degli spazi sociali, con migliaia di persone che scendono in strada armate di un adesivo rosa, il colore scelto per manifestare il dissenso contro gli sgomberi. Nessuna tensione, negozi aperti. Come scriverà quasi dieci anni più tardi l’Adige (5 ottobre 2016), “forse quel giorno rappresenta il momento della definitiva conquista del rispetto e della credibilità da parte della città”.

In ottobre gli attivisti del Bruno smobilitano dall’ex ostello e occupano l’edificio dell’ex dogana, vicino alla stazione, inutilizzato da circa 10 anni e ideale per la sua posizione centrale. Dopo alcuni lavori di adattamento, la nuova casa viene inaugurata il 27 ottobre. C’è spazio per la ciclofficina, l’associazione Ya Basta, l’osteria popolare, un gruppo di acquisto popolare, un hacklab con connessione internet gratuita aperto a tutti.

2010. Dopo due anni di intense iniziative politiche e culturali, la PAT annuncia l’intenzione di vendere l’immobile della Dogana alla Federazione delle cooperative. I militanti rispondono con la campagna “Bruno bene comune”: “Il Bruno è entrato nel cuore della città. Abbiamo iniziative ogni sera. Non possiamo essere ignorati né ghettizzati in aree industriali dismesse”.

Nel frattempo all’immobile viene staccata l'elettricità e arriva una prima condanna per l’occupazione della dogana: 6 persone denunciate, patteggiamento per occupazione di bene pubblico, 180 euro a testa.

2013. In aprile sui giornali compare la notizia di una permuta dello stabile tra Federazione delle Cooperative e Provincia. Dopo due anni senza luce, i rappresentanti del Bruno si dicono disponibili a una trattativa: “Non volevamo più vedere i centri sociali esclusivamente come luogo dell’antagonismo, ma come luogo di costruzione”. Alla fine si individua l’attuale palazzina di Piedicastello, vuota e abbandonata, per la quale viene concesso un comodato d’uso illimitato.

2014. Il 19 marzo, dopo lavori di sistemazione, pulizia, messa in sicurezza, bonifica e recupero, la sede di Piedicastello viene inaugurata. L'anno successivo un pezzo della storia del Bruno se ne va per sempre: l’ex dogana viene abbattuta dalle ruspe e con lei anche il murales realizzato nel 2008 dagli artisti Omar e Jordi.

2016. Gli strascichi dell’occupazione della dogana proseguono: la Provincia chiede a sei attivisti un risarcimento danni di 119.000 euro per l’occupazione. La causa si concluderà nel luglio 2019 con la completa assoluzione degli imputati, in quanto viene dimostrato che la riapertura dell’edificio non è mai stata ad uso privatistico, ma inserita in un processo di rigenerazione partecipato, tanto che il centro sociale è stato messo a disposizione della collettività, diventando un punto di riferimento culturale e sociale.

In ottobre si festeggiano i 10 anni del Bruno nel nuovo spazio a Piedicastello.

2018. L'8 giugno, sotto la presidenza di Ugo Rossi, Patrimonio del Trentino comunica la cessazione unilaterale del contratto di comodato d’uso, che prevedeva la possibilità di recedere con il preavviso di un anno. Il motivo della disdetta non viene reso noto.

In settembre nasce la scuola di italiano Libera La Parola, “un progetto indipendente che non vuole semplicemente insegnare la lingua italiana ma creare uno spazio di condivisione di idee e intenti su ciò che riguarda le pratiche di accoglienza e mutualismo, e il diritto dei migranti a partecipare in prima persona ai processi di costruzione di una società aperta e antirazzista. ‘Nessuno è illegale’ è uno dei punti cardine della scuola”.

2019. Il 10 aprile un’assemblea pubblica inaugura la campagna “Bruno non si caccia!”: oltre 200 persone stipano lo stanzone principale del Bruno, molte altre sono costrette a rimanere all’esterno della sala. La giunta Fugatti – si dice - vuole “aumentare il deserto culturale e sociale che sta calando su tutta la città (…) Nonostante siano state prospettate molte ipotesi sulla possibile speculazione urbanistica, la verità è che non esiste alcun progetto sull’area, anzi dagli ultimi incontri tra comune e provincia emerge proprio come non ci sia nessuna ipotesi di utilizzo”.

Sostegno al centro sociale arriva da parte di esponenti autorevoli del mondo culturale, artistico, musicale e della solidarietà: quell'edificio è “un esempio virtuoso di come si possa rigenerare il patrimonio urbano inutilizzato e a rischio di degrado per promuovere la partecipazione giovanile (ma non solo)”.

2020. Lettera aperta alle istituzioni da parte della rete delle scuole di italiano di Trento, che denuncia i tagli al sistema di accoglienza decisi dalla Giunta Provinciale.

202 0-2021. Distribuzione di pacchi alimentari durante il periodo della pandemia.

2022. I consiglieri provinciali Moranduzzo e Rosato chiedono di cacciare il Bruno dallo stabile di Piedicastello per fare ciò che il Bruno già fa, cioè assistere le persone che vivono all’addiaccio. Il vicepresidente Tonina ammette candidamente che non ci sono al momento progetti certi sulla zona e sullo stabile, ma che comunque l’edificio va sgomberato.

In un incontro fra lo Sportello Casa per tutt* del Bruno, l’Assessora Segnana, la presidente di ITEA Gerosa, e i dirigenti Giancarlo Ruscitti e Antonella Rovri gli esponenti della Provincia si dicono disponibili a prendere in esame tutti i casi di nuclei familiari in situazione di mancanza di alloggio, sfratto incombente o precarietà abitativa che verranno segnalati dallo Sportello. A dicembre, nuova lettera di sostegno sottoscritta da esponenti del mondo intellettuale, culturale e artistico trentino.

2024. Un grossolano errore formale blocca temporaneamente lo sfratto del Bruno. La giudice Adriana De Tommaso accoglie infatti le osservazioni dei legali del Bruno, gli avvocati Stefania Franchini e Nicola Canestrini: la disdetta inviata con una comunicazione via PEC nel 2018 riportava una particella edificiale diversa da quella che riguarda l’edificio di Piedicastello. La minaccia comunque è solo rimandata.