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QT n. 2, febbraio 2024 Servizi

Sanità, il Veneto privatizza in silenzio

Nel confronto con i nostri vicini scopriamo che il metodo leghista è sempre lo stesso: si fa ma non si dice.

Sembra proprio che la parola d’ordine leghista, quando si parla di sanità, sia “nascondere”.

Lo diciamo a ragion veduta, perché di sicuro il nostro presidente leghista Fugatti ci ha nascosto, fin dall’inizio, le sue intenzioni di depotenziare il sistema pubblico e dare sempre più spazio al privato. Dicendo esattamente il contrario, vedi alla voce punti nascita. Ma, buttando l’occhio oltre Borghetto, abbiamo scoperto che la stessa identica cosa ha fatto l’ineffabile Zaia.

La privatizzazione della nostra sanità - ci dice Chiara Luisetto, consigliera regionale PD del Veneto - è scivolata dentro in maniera silenziosa”.

Ecco, non avremmo saputo dirlo meglio anche per il Trentino (vedi QT di gennaio).

In Veneto, però, i leghisti hanno cominciato a svendere pezzi di sistema sanitario ben prima di noi. A partire da una riorganizzazione dell’intero settore, nel 2016, che ha spezzato il sistema della sanità di prossimità rendendolo estremamente fragile.

Vicenza, in 12.000 a difendere la sanità pubblica.

Va da sé che nessuno ha detto ai veneti: “Guardate, vogliamo privatizzare grossi pezzi della sanità e dovrete pagare di tasca vostra un bel po’ di cose, d’ora in poi”. Perché accà nisciuno è fesso e una tale dichiarazione esplicita vuol dire la morte elettorale. Ma è un dato di fatto che i privati sono avanzati a grandi falcate dentro il sistema veneto nel corso degli ultimi sette/otto anni. L’ultima perla riguarda i medici di base. A Mestrino, in provincia di Padova, ha aperto a fine gennaio il primo ambulatorio con medici di base privati. Che garantisce appuntamenti velocissimi.

Per ora solo un’iniziativa imprenditoriale pura, che il cittadino si paga in toto, ma il sistema è sempre lo stesso. Si apre una testa di ponte privata che risponde ad un bisogno effettivo della collettività (lasciata colpevolmente senza coperture mediche, esattamente come in Trentino) e poi vedrai che prima o poi l’azienda ottiene l’agognato “accreditamento” e a quel punto ha fatto bingo: i servizi che il pubblico non riesce più a coprire vengono pagati, sempre dal pubblico, ad un soggetto privato accreditato.

Andando a vedere i dati generali si scopre poi che Zaia continua a mentire sui fatti (e questo ci serva da esempio: ogni volta che ci daranno dati sulla nostra sanità guardiamoli per bene, perché potrebbero essere falsi).

Le dichiarazioni ufficiali di Luca Zaia puntano continuamente sul fatto che “in Veneto il privato rappresenta il 6 per cento della sanità”.

I numeri, calcolati da studi non sospetti come indagini della Bocconi, ad esempio, dicono un’altra cosa: ad oggi le prestazioni specialistiche private sono il 13,7 per cento e i post letto ospedalieri del privato accreditato sono il 22,48 per cento del totale dei posti letto per tutta la regione. Ma, soprattutto, sul totale dei fondi spesi per la salute in Veneto, ben il 14,1 per cento va al privato. Decisamente un po’ di più del 6 per cento sbandierato da Zaia. Che per parte sua continua a dichiarare fedeltà da carabiniere al sistema pubblico.

Poi, a dire il vero, non è che il sistema nel suo complesso funzioni meglio. Sentite la lista delle lagnanze e vedete come ci risuona: liste di attesa sempre più lunghe per visite ed esami nella sanità pubblica, aumento delle rette delle RSA, medici di base oberati di lavoro. D’altra parte il privato, in Veneto come da noi, si prende la ciccia: ortopedia, dermatologia, fisioterapia, diagnostica e via dicendo. Tutte le specialità facili da gestire, sulle quali si possono ottimizzare i costi. Nessuno che dica: “Toh, apro un reparto oncologico e una terapia intensiva”. Quelli sono settori costosi, complessi, che hanno bisogno di tantissimo personale e di alti investimenti in medicinali e macchinari.

Chiara Luisetto

Per darvi l’idea di quanto male possano andare le cose, basta un numero: nel 2022 su un totale di 27 milioni di impegnative staccate dai medici di base, ben 13 milioni, la metà, non sono state utilizzate. Questo vuol dire che per quelle visite ed esami prescritti dal medico di base, il cittadino non ha trovato risposta nel sistema pubblico. E ha pagato per curarsi. Oppure ha rinunciato a farlo.

L'importanza di unirsi nella protesta

Ma i veneti, nel frattempo, un po’ si sono svegliati. Come funghi sono spuntati, e non da oggi, comitati locali per la difesa del sistema pubblico. Ognuno col suo obiettivo: dal Comitato per la salvaguardia degli ospedali pubblici di Pieve di Cadore e Agordo a quello per la difesa della sanità pubblica dell’Alta Marca Trevigiana, ad altri simili tra Padova, Rovigo, Vicenza, Venezia e Verona.

Tanta gente che a marzo 2020, con la pandemia che azzannava persone e ospedali, ha capito che dovevano unirsi. Hanno fondato il COVESAP, Coordinamento Veneto Sanità Pubblica.

Tanta gente che ha lavorato e lavora.

Il 15 aprile 2023 hanno messo insieme oltre 10mila persone in una manifestazione regionale a Vicenza. Tutti per dire no alla privatizzazione della sanità.

Ne hanno fatte molte di manifestazioni, l’ultima in ordine di tempo è stata il 27 gennaio scorso a Mestrino, proprio contro il medico di famiglia privato. Perché ormai tutti hanno capito il trucco.

E hanno cominciato anche a capire che su questo tema occorre fare Politica, proprio con la P maiuscola. E occorre fare rete e vedere il sistema nel suo insieme.

Ad esempio, dal COVESAP viene un dato illuminante: dal 2013 al 2023 il Veneto ha perso 800 posti letto ospedalieri nel pubblico. Ma il privato ne ha guadagnati - ovvero se li è visti accreditare - 833.

I poliambulatori e centri medici privati nel 2011 erano 258. Nel 2021 ce n’erano 947. I fondi erogati per recuperare le prestazioni saltate causa Covid sono stati, in Veneto, un totale di 40 milioni. Di questi ben 10 - ovvero un quarto - sono andati al settore privato.

Tornando a noi, la strada sulla quale ci ha messi fin dal 2018 la giunta Fugatti è la stessa che vi abbiamo descritto qui sopra. Ci piace? La vogliamo?

Queste domande dobbiamo porcele seriamente. E se la risposta prevalente, così a naso, ci pare sia no, dobbiamo agire.

Prima di tutto prendere coscienza di quel che sta accadendo. Poi organizzarci e dire a voce alta che così non va bene.

Quanto ai privati, giusto per puntualizzare, non siamo proprio dei vetero comunisti: hanno tutto il diritto di esistere. Ma, citando per traslato la Costituzione, “senza oneri per lo Stato”.