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Primi segnali dal governo di destra-destra

Propaganda, attacco ai princìpi, disinteresse per i problemi reali.

Molti si sono chiesti come mai la nuova coalizione di destra-destra che sostiene la giunta provinciale sia riuscita a scrivere il suo programma, dovendo la Svp accontentare, come partito di raccolta, anche chi al suo interno chiede il rispetto dei diritti delle donne e l’attenzione ai poveri. Il programma di coalizione ha evitato le questioni spinose e ha definito il clima di confronto fra i partiti di giunta di “grande armonia”. Accordi generici e poi ognuno fa quello che gli pare. Da parte del partito etnico si è ripetutamente assicurato che comunque si sarebbe fatto valere sempre il peso dei 13 voti, per garantire “i nostri principi”, che peraltro in genere sono più propagandati che concretamente sostenuti. Come la sostenibilità ambientale, che ha poco a che fare con le tonnellate di cemento riversate sulle nostre Alpi ad ogni riunione di giunta. Comunque l’attacco ai principi è cominciato con una questione che riguarda i diritti delle donne.

La destra italiana ha cercato di trasformare in questione partitica e etnica la nomina delle rappresentanti del Comitato Parità. La legge prevede che le associazioni facciano le proposte e che tre vengano elette dalle opposizioni in Consiglio provinciale; la consigliera di Parità è componente di diritto, così come il presidente della giunta che ha la delega. Le altre vengono proposte dalle associazioni. Ci sono esponenti cattoliche, e di vario orientamento culturale, unite dall’interesse ad ampliare e rafforzare i diritti delle donne. Gli esponenti dei partiti di destra italiani hanno chiesto di inserire, anche se non spettava loro, una fervida nemica del diritto all’interruzione di gravidanza e delle minoranze sessuali e di genere. La quota italiana era già stata raggiunta. Per avere ragione hanno definito “di sinistra” la rappresentante delle Soroptimist, associazione di donne imprenditrici. In questo caso il presidente Kompatscher, che ha la delega in materia, ha fatto rispettare la legge. Sulla stampa si è dato spago ai politici che hanno cercato di trasformare la cosa in una questione etnica o di equilibri politici. Sull’Alto Adige si è letto che è un “tema dall’apparenza non fondamentale” e la preoccupazione era che ci fossero screzi nella giunta. È un segnale preoccupante. Quando fu fatto il primo comitato per le pari opportunità, infatti, si escluse che il nuovo organismo potesse avere come oggetto la rimessa in discussione della legge 194.

Anche sul piano sociale si ha l’impressione che si faccia più propaganda che cercare di risolvere i problemi. La questione dei tanti migranti concentrati nel capoluogo viene affrontata dal punto di vista securitario, invece di farsi carico almeno dei numerosissimi giovani che si potrebbero mandare a scuola o a imparare un mestiere, tenendo conto della mancanza di personale in molte realtà produttive e in particolare nel settore turistico.

I numeri della Caritas

E sempre sul piano sociale, c’è troppa indifferenza verso l’altro Sudtirolo, ben lontano dai masi lussuosi e dagli alberghi a tante stelle. Un allarme che è venuto dalla direttrice della Caritas, Beatrix Mairhofer, ex sindaca Svp di Ultimo. Suscitano preoccupazione non sono solo i migranti, ma anche coloro che lavorano e non hanno un’abitazione o non se la possono permettere; e le famiglie dove entrambi i genitori lavorano e non riescono ad arrivare alla fine del mese.

Mairhofer ha elencato i dati in crescita degli interventi della Caritas: 235 rifugiati e richiedenti asilo assistiti nei suoi 4 centri. 1821 persone hanno chiesto aiuto per debiti e una consulenza su problemi sociali. Il numero di donne senza fissa dimora è cresciuto del 17%. A Bolzano e a Bressanone nel 2023 sono stati distribuiti 63.000 pasti caldi. “Se visibilmente sempre più persone non riescono a vivere con il loro reddito, questo significa anche che sempre più persone finiscono sulla strada, le famiglie si frantumano e le tensioni sociali aumentano”, fa sapere la presidente della Charitas. I prezzi delle abitazioni sono diventati irraggiungibili, sia per acquisto che per affitto, per chi ha uno stipendio anche non tanto basso.

E finalmente un sindacalista, il segretario del sindacato etnico ASGB, Tony Tschenett, ha alzato la voce, criticando il fatto che i contadini non pagano tasse ma fanno ampio uso dei contributi pubblici, a cui però non danno neppure un centesimo. Lo spunto è stato dato dalla dichiarazione dei redditi del folkloristico consigliere provinciale Anderlan, maestro di sci, rapper e agricoltore, che ha dichiarato orgogliosamente zero entrate per il 2023. Il sindacalista ha detto ad alta voce cose che vengono dette spesso sottovoce, per timore del grande potere politico e mediatico della casta dei contadini proprietari, che sono il 6% della popolazione sudtirolese, ma contano moltissimo nella SVP.

Per le tasse il Sudtirolo è pienamente Italia

In realtà nessuno mette in discussione le normative a favore dei piccoli contadini di montagna, il cui lavoro è faticoso, molto importante per conservare il paesaggio e la stessa cultura della minoranza. Un lavoro spesso non sufficientemente redditizio, per cui tanti devono accompagnare l’attività principale con altre occupazioni. Ma i rappresentanti della Lega dei contadini mettono nello stesso calderone anche i ricchi agricoltori delle monocolture di frutta e vite. Il sindacalista propone che i soldi vadano ai piccoli contadini di montagna. Ne fa anche una questione di giustizia: le tasse vengono pagate soprattutto dai lavoratori dipendenti, che però spesso non hanno accesso agli aiuti.

Inoltre, a un lavoratore che compra un appartamento la Provincia chiede una documentazione completa su reddito e proprietà, mentre ai contadini per le costruzioni e la gestione dell’Urlaub am Bauernhof (vacanze nel maso), che integra non poco le loro entrate, i finanziamenti vengono dati à la carte. Tschenett (si legge Cenétt) denuncia che i grossi contadini fanno largo uso di contributi e finanziamenti che provengono dal denaro pubblico. Secondo lui, chi gira con un’auto da 100.000 euro non dovrebbe ricevere soldi per comprarsi un nuovo trattore. Una famiglia in cui lavorano in due, non ha accesso a contributi né per la casa né per le borse di studio per i figli, perché supera i bassi limiti di reddito fissati in un modo che non ha nulla a che fare con la realtà dei prezzi in provincia.

Le critiche di Tschnett hanno scatenato il finimondo. Raramente si è parlato di queste cose in Sudtirolo: il Bauernbund, la Lega dei contadini, si è mobilitata in televisione e sui giornali. Il suo presidente ha sostenuto che in generale ben pochi pagano le tasse in Italia e quindi non si capisce perché si devono incolpare i contadini che sono esenti per legge e “sono utili alla società”. Insegnanti, assistenti sociali, infermieri e medici, impiegati, muratori e braccianti agricoli, ecc. non sono utili? - si è chiesto sottovoce qualcuno.

Il direttore del Bauernbund ha spiegato che il reddito dei masi derivante dalla produzione agricola non è sufficiente per mantenerli, e che i finanziamenti sono necessari per tenere bassi i prezzi dei prodotti. I contadini le tasse non le pagano perché esentati e i soldi mancano per colpa di chi non le paga, pur non essendo esentato. Fino al 2023 inoltre l’esenzione dalle tasse è stata decisa dallo Stato a causa dalla “miserabile condizione delle imprese agricole in Italia”.

Continua il portavoce del Bauernbund: i contadini danno lavoro in Sudtirolo a 7.500 lavoratori. Per quanto riguarda le borse di studio e i contributi per l’edilizia residenziale, tutto si basa sull’ISEE, anche quando li chiedono i proprietari di aziende agricole. Nelle tasche degli agricoltori entrano anche contributi statali, anch’essi provenienti dagli stessi contribuenti, i lavoratori e le lavoratrici dipendenti. Risposta: è meglio che li incassiamo noi, piuttosto che quelli della pianura padana.

Appello patriottico, ma non del tutto convincente per coloro che pagano le tasse e non ne ricevono niente.

Un problema molto italiano, quello dell’ingiustizia fiscale. Qui il Sudtirolo è proprio Italia, niente a che fare con la fedeltà fiscale degli austriaci.

La percezione dell’ingiustizia viene accresciuta dal confronto fra gli sprechi multimilionari per opere magari inutili o addirittura dannose come il Biathlon di Anterselva e l’avarizia verso chi ha bisogno di piccoli aiuti per non affogare. La nuova giunta provinciale non sembra avere sensibilità per capire questo aspetto della politica sociale.

P. S. Infine una buona notizia

Ricordate il libro “Freunde im Edelweiß” - Amici nella stella alpina - (cioè nella Svp, di cui la stella alpina è il simbolo)? È uscito il 18 marzo 2022, suscitando un pandemonio che ha cambiato molto (anche se non abbastanza) la politica sudtirolese. Ancora prima che uscisse è stato fatto di tutto perché non venisse pubblicato e distribuito. Il giornale Alto Adige non ne diede notizia per un bel pezzo e a chi protestò il direttore rispose che nel suo giornale non si parla di libri scritti in tedesco.

Ora, dopo due anni, è uscita la sentenza della Cassazione che ha confermato l’assoluzione in primo grado di giudizio. Gli autori Christoph Franceschini e Artur Oberhofer hanno naturalmente festeggiato, dopo aver fatto un grande respiro di sollievo, perché le richieste in denaro dei loro avversari - e avversari dell’informazione, - erano sproporzionate e intimidatorie. I due autori hanno così commentato la conclusione definitiva della vicenda: “Dopo i numerosi tentativi sul piano politico, mediatico e giuridico, di impedire anzitutto l’uscita del libro 'Freunde im Edelweiß' e di criminalizzare in seguito gli autori del best-seller, la sentenza dell’Alta Corte di Roma costituisce una pietra miliare nella storia dei mass-media sudtirolesi. Altrettanto grande è oggi il sollievo per noi (e per le nostre famiglie). Oggi è una bella giornata, non solo per noi, ma per tutto il Sudtirolo. Il tentativo di certi gruppi di interesse, politici e di alcuni mass-media potenti, di impedire ogni forma di giornalismo investigativo, di criminalizzare e piegare i giornalisti scomodi e intimidirli con denunce e richieste di indennizzi milionari, è finalmente fallito grazie a questa sentenza che per noi è motivo e sprone a continuare il nostro lavoro – malgrado le minacce di denuncia che anche in relazione al libro di rivelazioni sullo scandalo sudtirolese sulle maschere (‘Das Geschäft mir der Angst’, Gli affari con la paura) continuano ancora oggi”.

Non si può che congratularsi con i due coraggiosi autori ed essere felici di questa conclusione. E fa piacere scriverlo su un giornale che corre anch’esso dei rischi per raccontare verità a volte scomode.

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