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Vado, l’ammazzo e torno

Da “L’altrapagina” mensile di Città di Castello (Perugia).

Antonio Guerrini

Da quando l’uomo ha iniziato a cacciare ha sempre rincorso le sue prede, e dove esse si spostavano o erano più abbondanti, lì ha posto la sua dimora.

Il cacciatore delle origini è stato un grande viaggiatore. Il cacciatore moderno, turista per hobby e non per necessità, continua a spostarsi da un paese all’altro in cerca di prede sempre più scarseggianti nei dintorni di casa propria. Il tam-tam non è più suonato da primati, ai bordi di foreste impenetrabili, ma da sapienti manager in doppiopetto, tour operator e agenzie specializzate, capaci di convogliare anche i più pigri verso paradisi venatori. E non parliamo della caccia grossa, dei safaristi degli anni ’90. Per questi gli spazi si sono ristretti notevolmente a causa delle ferrea difesa delle ultime oasi naturalistiche africane da parte degli Stati e delle più influenti associazioni di difesa della natura. Solo il Sudafrica con le sue farm, oasi protette e perfettamente selezionate per una clientela facoltosa, consente la caccia ad animali di grossa taglia, dal facocero al coccodrillo.

Le richieste per questo tipo di escursioni sono prevalentemente tedesche. Noi italiani siamo rimasti fedeli alle nostre tradizioni popolari: pennuti, conigli, lepri e animali di piccole dimensioni. E se proprio vogliamo andare in Africa, preferiamo la Tunisia per la caccia al tordo, il Marocco per tortora e pernice o l’Egitto per ogni altro genere di selvaggina. Ma in quest’ultimo paese gli effetti del fondamentalismo islamico hanno provocato restrizioni anche per gli amanti della doppietta. In Italia non si può più cacciare, lamentano i seguaci della dea Diana: costi troppo alti, scarsezza di selvaggina e un calendario venatorio penalizzante. Ma non si lesinano spese quando si tratta di affittare airbus, cargo frigo, pullman e quant’altro per battute scoppiettanti. Il listino offre varie opportunità: per le trasvolate oceaniche, si parte da un minimo di cinque milioni, tutto compreso. La meta preferita è l’Argentina, dove con 5 milioni e mezzo si può sparare per dieci giorni a qualsiasi tipo di animale si muova sull’orbe terracqueo: oche, anatre, lepri, conigli, colombacci. Si parte da Roma o Bologna, e il gruppo di doppiettisti viene preso in consegna dal tour operator inviato dall’agenzia, il quale disbriga tutte le formalità. A Buenos Aires, in aeroporto, l’agente consegna il gruppo di impavidi al corrispondente collaboratore, il quale, con apposito mezzo, conduce l’allegra comitiva a destinazione. L’agenzia, a richiesta, fornisce anche cani, pulisce, conserva e spedisce il frutto della caccia direttamente a casa. Sempre oltre oceano, in alternativa, si può scegliere Cuba per gli uccelli acquatici: anatre (ovunque), uccelli di ripa (dalle gambe lunghe), pivieri, ecc.

Ma il paradiso venatorio dei cacciatori è l’Europa, Italia esclusa. In Francia si può sparare dal 14 luglio, presa della Bastiglia, fino al 28 febbraio. In Inghilterra, per alcune specie (colombaccio, coniglio selvatico ecc.) la caccia è aperta tutto l’anno e così in Irlanda e Scozia. La Spagna è privilegiata per i tordi da ottobre a marzo, ma anche la Germania. Solo in Italia non si può sparare alle oche. Negli altri paesi, basta pagare all’agenzia, e per alcuni tipi di selvaggina migratoria è previsto l’abbattimento illimitato. Si va dai 3 ai 4 milioni e 250 mila: la cifra è stabilita forfettariamente. Per la selvaggina stanziale, invece, si paga una cifra commisurata alla quantità di capi abbattuti.

E poi ci sono i paesi dell’est, altro paradiso venatorio. La caccia ha superato tutte le barriere ideologiche. I doppiettisti sono un popolo trasversale: spaziavano dalla Russia al continente americano già prima dell’abbattimento del muro di Berlino.

La Jugoslavia, meta preferita negli anni della guerra fredda, oggi non è più praticabile per i noti problemi. Ad essa si preferisce la Romania o l’Ungheria. Un viaggio venatorio in Ungheria, con partenza in pullman, debitamente attrezzato con cargo frigo, costa 1 milione e 200 mila lire a cui bisogna aggiungere 2 milioni per la selvaggina e 700/800.000 lire per le cartucce, poiché dall’Italia non si possono trasportare più di 20 chili di proiettili nostrani. Al resto pensa tutto l’agenzia.

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