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Padri e figli

Goliardate per le vie di Trento

"Un giovane in mutande, uscito da una bara costruita con il polistirolo, ha esibito un fallo di plastica di dubbio gusto ("maxi", "gigante", "di dimensioni priapesche" - si precisa altrove). Quello che però ha infastidito alcuni passanti è stata la sceneggiata mimata dal neo-dottore, il quale prima si è esibito in strusciamenti vari, poi ha accostato la protesi ingombrante alle labbra di un’altra neo-laureata, costretta ad inginocchiarsi a mo’ di Monica Lewinski". Così l’Alto Adige del 18 marzo, che racconta come qualche cittadino scandalizzato abbia chiamato le guardie, che hanno denunciato il ragazzo - "figlio di un noto professionista" - per atti osceni in luogo pubblico.

A questa performance, messa in scena per festeggiare il conseguimento della laurea, se ne sono accompagnate molte altre meno trasgressive ("S.C. si è esibita in uno strip rimanendo solo con un pannolone gigante. S. G. è stata invece avvolta nella carta igienica e legata ad una cabina telefonica. C. F., con addosso un completino rosso, si è esibita con la chitarra sopra un carrello in piazza Duomo", ecc), che dimostrano la rinascita di uno spirito goliardico che si riteneva definitivamente affossato.

E subito si apre il dibattito. Il leghista Boso se la sbriga con la consueta mancanza di chiaroscuri, e dopo aver deplorato il moralismo di chi invoca i rigori della legge contro certe esibizioni (e qui siamo d’accordo), non rinuncia a fare un po’ di propaganda, lamentando che quelle stesse persone non si diano da fare altrettanto "di fronte alle strade invase da tossicodipendenti e prostitute". Quanto alla goliardia, "è sempre stata una manifestazione di buoni intenti e la fine del duro periodo di studio".

Affermazione piuttosto azzardata: la goliardia pre-sessantottesca non era solo quella della primaverile festa delle matricole e di qualche "numero" quando ci si laureava: erano le piccole e grandi prevaricazioni sugli studenti del primo anno all’uscita dalle lezioni, le molestie alle ragazze, e più in generale l’esaltazione di uno stile di vita ispirato al non far nulla e al godersela, che cercava di nobilitarsi col richiamo ad antiche tradizioni con cui non aveva più nulla in comune; il tutto all’insegna di un maschilismo eccessivo anche per quei tempi, molto "tolleranti" in materia.

Tornando al dibattito in corso, un anonimo docente nota che certi happenings che ricompaiono nelle nostre università nacquero come una sorta di rito iniziatico per chi, terminati gli studi, si avviava ad una vita definitivamente adulta; "forse avevano senso molti anni addietro - dice - quando a laurearsi erano sparuti gruppi di studenti che mantenevano poi i contatti anche lavorativi dopo la laurea", molto meno oggi.E soprattutto, aggiungiamo noi, avevano senso in una società, com’era quella degli anni Sessanta, ancora ingessata da obblighi, controlli e giacche-e-cravatte che i giovani di oggi neppure immaginano. Anche nelle società più repressive, anche nei tempi più remoti veniva istituzionalizzato un periodo - molto breve - in cui era consentito sfogarsi sovvertendo la normalità quotidiana. Cos’altro era il carnevale?

Ma in un’epoca in cui ti lasciano fare e dire tutto quello che vuoi (salvo poi non farti contare né darti un lavoro), questa ricerca di ulteriore trasgressione ha un sapore alquanto infantile, e fa una certa tristezza; soprattutto al pensiero che quel titolo di dottore non è più un automatico lasciapassare per la cittadella della classe dirigente.

"Sono studenti drammaticamente a corto di argomenti - annota il sociologo Pier Giorgio Rauzi - Quando sento intonare la stessa canzone ‘Dottore del buco...’ sono colto da un senso di sconforto. A questi ragazzi servirebbe un corso di auto-ironia..."

Mario Caroli, sull’Alto Adige del 19 marzo, dopo aver doverosamente deprecato il risorgente spirito bacchettone di chi vede in queste mascherate un attentato alla pubblica moralità degno dei rigori della legge, invita i padri a ricordare il proprio passato e ad essere quindi indulgenti nei confronti di questi ragazzi, che, come noi un tempo, si divertono a volte in modo maleducato e, se s’impegnano in politica, lo fanno con spirito manicheo e senza quell’equilibrio che vorremmo.

Niente prediche, è giusto, perché l’esperienza la si fa sul campo e non si acquisisce tramite le prediche degli adulti: dispiace - ci si conceda - che la creatività - quando c’è - si esprima pubblicamente soprattutto in queste frivolezze. E poi ci auguriamo che la rinascita della goliardia non vada al di là delle carnevalate cui assistiamo in questi giorni e non torni ad essere quella realtà organizzata che era un tempo almeno nelle grandi università. Sarà un caso, ma i goliardi "militanti" che ho conosciuto nella mia giovinezza erano tutti fascisti...

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