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Il bubbone delle Case di Riposo

Francesco Piscioli

Il problema delle Case di riposo sta emergendo in modo drammatico, ma non è una sorpresa! Per anni queste strutture sono state considerate parcheggio prima dell’exitus. Inutile nasconderselo. Come tali sono state gestite, quasi di nascosto. Oggi sono strutture ospedaliere, ospitando malati cronici con patologie debilitanti, progressive ed evolutive, ma come tali non sono riconosciute, né vi è una struttura dirigenziale che si è adeguata al cambiamento dell’ospite.

In molte Case di riposo i Consigli di Amministrazione sono spartizioni partitocratiche o ad uso riconoscenza per qualche merito di un paesano, ben lontani dalle competenze sempre più complesse da applicare, necessarie per assistere malati cronici. Ogni Casa di riposo è un fortino a sé, lontano da un controllo efficace ed efficiente che meriterebbe. La Provincia Autonoma di Trento, che dovrebbe vigilare e controllare sul funzionamento assistenziale ed economico, non riesce né ha le risorse umane per farlo.

Il Comune ha un ruolo determinante nel finanziamento mediante il pagamento delle rette, ma i rappresentanti nel consiglio di amministrazione presentati dal Comune non hanno alcun dovere istituzionale di riferire l’andamento socio-assistenziale della Casa di riposo. Spesso le nomine dei medici vengono fatte senza concorso, su indicazione del direttore, in assenza di requisiti specifici e consolidati. Ciò non succede in nessuna altra struttura sanitaria. I comitati dei familiari sono una eccezione. Non bisogna nascondere spesso la disaffezione dei parenti verso i loro cari. Spesso il compleanno di un utente è festeggiato dal personale, in presenza di una telefonata del parente che spesso manca anch’essa. C’è un vincolo economicistico come in nessuna altra struttura sanitaria. Pur di mantenere bassa la retta si ricorre ad escamotage di risparmio che creano profondo disagio all’utente non autosufficiente. La riduzione dei pannoloni è un esempio. L’ospite soffre, ma ciò che conta è il risparmio. Improvvisamente esplodono casi singoli di disfunzione.

Sono le punte dell’iceberg di un mondo sommerso di dolore, sino ad oggi tollerato dall’ipocrisia della giornata dell’anziano o dalla visita saltuaria di un politico. Per voltare pagina bisogna ripristinare un controllo gestionale e qualificato che impedisca che la complicità soffochi come accade chi vorrebbe gridare la propria sofferenza e non può. Appellarsi alla solidarietà è doveroso, ma ormai sono grida che cadono nel vuoto in un mondo che esalta il lucro e il profitto.

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