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Le beatitudini del Cavaliere

Berlusconi, strano testimonial dei valori cristiani. Da "Il tetto", mensile di Napoli.

Luigi Bettazzi

Qualcuno mi ha chiesto come vada interpretata la sponsorizzazione fatta all’on. Berlusconi dal Meeting di Comunione e Liberazione, a Rimini. La perplessità nasce dal fatto che Comunione e Liberazione (CL) è un movimento ecclesiale e pertanto non milita nella politica. In realtà il Meeting ha una sua autonomia, anche se il suo Dna è di CL e ad esso convengono i "ciellini".

Oltre tutto, al tradizionale Meeting vengono invitate personalità di varia collocazione e non si può impedire ai partecipanti di esprimere visibilmente le loro simpatie, e ai mezzi di informazione di puntualizzarle. Quello che può lasciare perplessi è che un movimento ecclesiale finisca con lo sponsorizzare espressamente un politico che si presenta come simbolo della moralità cristiana. Ed è vero che la bandiera della sua moralità è l’anticomunismo, che è stata tradizionalmente anche la bandiera di CL fin dal suo nascere, quando forse era più difficile chiedersi se il comunismo - soprattutto in Italia - più che da scelte ideologiche non fosse dettato da aspirazione a una maggiore giustizia e ad una libertà concreta, non solo nominale.

Se per un movimento ecclesiale si può pensare a motivazioni ideologiche - che peraltro vanno estese per coerenza ad analoghe condanne del nazismo e del fascismo, così come a quelle di un liberismo radicale - diventa più difficile pensarlo per chi è alla ricerca di successi economici e politici e pertanto non va individualizzato come testimone di scelte evangeliche. E non parlo tanto della sua vita privata (dalle vicende familiari alla adesione alla massoneria), tanto più dopo il monito dei vertici della CEI che bisogna guardare non alla testimonianza della vita quanto al valore delle idee (o forse si può sperare che qui nasca una pastorale più aperta per i divorziati o una più benevola attenzione alla Massoneria?). Parlo della sua vita pubblica, dei valori esaltati dal suo movimento e dalle sue televisioni, oltreché di un passato finanziario non trasparente (alcune situazioni sono decadute per prescrizione, altre sono ancora aperte...), e soprattutto di un liberismo che assicura ricchezza e sviluppo a chi già ne gode ma che non garantisce sicurezze e serenità a chi si trova in situazione di disagio.

Di fronte a questa esaltazione della ricchezza abbiamo dovuto sentirci rammentare da una voce laica, su Repubblica, il monito di Gesù che "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel regno di Dio". Siamo talmente imboniti dal consumismo da ritenere che il "beati i poveri" (sia pure quelli "in ispirito") sia un modo di dire, o un consiglio suggerito a pochi perfetti. Ed è ben vero che un’eminente personalità religiosa, anch’essa vicina a CL, ha precisato di recente che nel Vangelo non si chiede la povertà della Chiesa ma si esortano i cristiani a rinunciare a parte delle ricchezze per rendere la Chiesa più dignitosa; forse avrebbe potuto anche completare il giudizio di Gesù sulla difficoltà per i ricchi di entrare nel Regno dei cieli con la tranquillizzazione data a chi si spaventava che così era quasi impossibile salvarsi: "Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio" (Lc 18,27).

Credo però che il culto della ricchezza e del potere rimanga assolutamente contrario al Vangelo, così fortemente ancorato alla Beatitudine della povertà (non della miseria) e al dovere della solidarietà, così come l’ha richiamato anche il Concilio con la sua attenzione alla "Chiesa dei poveri" e con la conseguente "scelta preferenziale dei poveri", che è innanzitutto vedere la realtà con gli occhi dei poveri, mentre di solito la vediamo con gli occhi e secondo gli interessi dei ricchi.

Capisco che l’Italia, proprio perché uno dei sette Paesi più sviluppati, possa venir catalogata come un Paese "dei due terzi", dove cioè due terzi della popolazione possono considerarsi sufficientemente garantiti in una vita di un certo agio, e che a questi due terzi miri chi vuol conquistare maggioranze di votanti e governare a loro (e proprio!) vantaggio. Ma non vedo come i cristiani che vogliono essere coerenti testimoni del Vangelo possano assecondare in maniera così assembleare questo tipo di politica. Se è vero quanto scriveva Giovanni Paolo II nell’Enciclica "Sollicitudo rei socialis", che cioè la solidarietà è il nome attuale della carità, credo che il cristiano dovrebbe solidarizzare con la parte più povera della popolazione, tanto più considerando che tutti gli altri Paesi - meno sviluppati - rovesciano la percentuale, allargando i poveri ben oltre i due terzi della loro popolazione.

Vorrei alla fine concludere che i movimenti non sono tutta la Chiesa; e che ogni movimento, pur benemerito, nelle sue sponsorizzazioni e nelle sue attese coinvolge solo se stesso e lascia nella Chiesa piena libertà e legittimità a chi ritiene che il Vangelo vada testimoniato in modo diverso.

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