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L’immigrazione necessaria

Luigi Serravalli

Le campagne in favore delle nascite di Mussolini hanno creato, penso, ancora in molti italiani, l’idea che il nostro paese sia prolifico. Così non tutti sanno che, da anni, in Italia, il numero dei morti supera quello delle nascite.

Stabilito questo, l’immigrazione non è un optional ma una necessità assoluta per mandare avanti un paese agricolo ma anche sempre più industrializzato. Si tratta poi di una situazione generalizzata a tutta l’Europa. Senza pensare che la grande ricchezza degli Stati Uniti non sarebbe mai stata possibile senza l’arrivo, per tanti anni, di forti correnti migratorie, fra le quali, prima di tutte, quelle di italiani.

Eppure, secondo alcuni affetti da miopia acuta, dovremmo, chiuderci a riccio quando dal mondo di coloro che non hanno provengono correnti immigratorie, che fino ad un certo punto, invece, ci sono di prima necessità.

Se poi questo fenomeno ha saturato l’Italia settentrionale mentre in quella centrale e soprattutto meridionale resta ancora tanto da fare, la colpa non è certo degli extracomunitari ma di settori della nostra opinione pubblica.

Molti italiani così sono disposti ad accettare gli immigrati: ma, secondo loro, si dovrebbe trattare di operai altamente specializzati, possibilmente bilingui, non islamici, contenti di contratti vessatori (siamo noi che facciamo loro un piacere) disposti alla mobilità, alla flessibilità e a tutti quegli altri eufemismi con i quali l’impresa moderna difende i suoi più egoistici interessi.

Insomma, si vorrebbe una realtà felicemente utopica e non si tiene conto di situazioni disastrose, dalla Jugoslavia all’India.

C’è un flusso di popoli alla disperazione che cercano di raggiungere le parti più ricche dell’Europa. Come i messicani che spingono verso gli Stati Uniti o quella gente che rischia con i gommoni una vita già di per sé quasi perduta. Braccianti ricchi solo di braccia, proletari ricchi solo di figli.

E’ un problema di proporzioni enormi, al quale non solo il nostro Paese, ma l’intera Comunità europea, ricca e affamata di manodopera, è chiamata a rispondere.

Una emigrazione di popoli è sempre anche una calamità epocale che non si può esorcizzare con i catenacci, la polizia e, magari, le mitragliatrici.

Abbiamo sentito recentemente un noto imprenditore italiano promettere che in dieci anni, se verrà eletto premier, potrà risolvere ogni problema italiano. Noi pensiamo che aumenterebbe solo il suo già incredibile conto in banca.

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