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I calendari di Mussolini

Nostalgie del Ventennio, caporalato impunito, retorica guerresca: l’Italia di oggi. Dal “Giornale di Massa” di Massa Lombarda (Ravenna).

Mario Montanari

A fine mese, di sabato, a Massa Lombarda, in piazza Matteotti, si vendono i calendari del Duce. Quelli nuovi, per il 2002. Quest’estate, in riviera, fra tette e culi, si vendevano anche le "sue" cartoline, con la "sua" Romagna.

Non c’è da stupirsi. Gianfranco Fini non è forse vice presidente del consiglio e non era forse a Genova, in Questura, a dirigere i pestaggi degli anti global lo scorso luglio? E Alessandra Mussolini non è spesso da Bruno Vespa a indicare agli italiani il futuro della nazione? Non c’è da stupirsi, ma non ce lo saremmo immaginato.

Pare che a Massa Lombarda, ma certamente anche nei paraggi, sia tornato il caporalato. Nei bar e sulle pubbliche piazze le braccia degli extracomunitari vengono comprate ogni mattina a prezzi da saldi di fine stagione. Marx è finito irrimediabilmente fuori dal mercato, ma lo sfruttamento sta tornando di moda alla grande per indorare le budella di sempre. Che fuori sono di colore bianco.

Noi l’abbiamo scritto sulla prima pagina del giornale e non possiamo fare di più. Il sindaco l’ha scritto al prefetto chiedendo più carabinieri e forse potrebbe fare qualcosa di più. I sindacati non hanno aperto bocca. Forse perché non ci sono più. E anche per i partiti, tutta la sinistra compresa, il silenzio vale più dell’oro. In pochi mesi e anni si stanno macinando nell’indifferenza generale diritti e conquiste strappate dal sangue di un secolo. "Per una vita migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto"- diceva la canzone.

Non ce lo saremmo mai immaginato, continuiamo a stupirci.

Stare dalla parte della pace diventa sempre più imbarazzante. Meglio parlarne sottovoce. Chi è andato alla marcia Perugia-Assisi, bellissima e popolatissima, si è condannato alla schizofrenia. Sapeva che sarebbe tornato a casa, nel deserto di paesi e città, nelle retrovie di un’Italia che ritorna ad essere Patria e Nazione e che, pur contro un micidiale terrorismo, riesce a immaginare solo la guerra, peraltro ripudiata dalla Costituzione.

E chissà quanto durerà.

In Afghanistan e altrove quanti bambini dovranno morire sotto le bombe e la fame prima di catturare Osama bin Laden? C’è un tetto da raggiungere per poi dire basta? E non sarà che, catturato lui, ne spunteranno altri come funghi? E non sarà che il terrorismo, più che bastonarlo, lo stiamo alimentando?

Conosciamo le risposte di Bush e di Berlusconi. Non riusciamo invece a immaginare come gli uomini e le donne che manifestarono per Cuba, per il Vietnam o per il Cile, che hanno frequentato decenni di cortei pacifisti e che oggi benedicono la partenza delle italiche truppe, sappiano darsi una risposta convincente. Non osiamo indagare le coerenze. Chissà quanti pensieri, ricordi, rimorsi.

Questa sinistra, più avventurista che moderata, costringe oggi la cultura della pace a fare un gigantesco passo indietro. Per ripartire chissà quando.

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