Fondi Pensione: come giocarsi la vecchiaia alla roulette
"Gli uffici dei fondi sono sommersi da telefonate di persone che temono per i propri soldi". Con queste parole, sull’Adige del 22 maggio, il prof. Cerea, economista e presidente di PensPlan, si lamenta per quella che è stata una settimana difficile per la Spa controllata al 92% dalla Regione, che svolge attività amministrativa e di consulenza negli investimenti per i fondi pensionistici regionali, Laborfonds e Plurifonds. L’accusa rivolta dall’associazione dei piccoli artigiani agli amministratori del Zentrum ha sollevato polemiche, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica su PensPlan e sui fondi pensione.
La partita attorno ai fondi pensione è molto importante, non foss’altro che per i 200 miliardi di lire, destinati a divenire 500, che la Regione ha versato a PensPlan. In sostanza l’associazione di via Brennero ha fatto notare che nel bilancio d’esercizio per il 2001 sono state "nascoste" con un’operazione contabile perdite per 11 milioni di euro, a fronte di una perdita dichiarata di 5,8 milioni. Insomma, secondo gli artigiani una perdita totale di 17,8 milioni di euro. Ma dove sono finiti quegli 11 milioni di differenza?
Ci viene in aiuto il prof. Cerea: "Quella cifra è una minusvalenza potenziale", derivata dalla perdita di valore di titoli sui quali PensPlan ha investito il 64% del proprio capitale, ma che la Spa non vuole vendere. Si tratterebbe, dunque, soltanto di una perdita potenziale, che dovrebbe crescere con la ripresa della borsa. "Per intenderci, noi abbiamo acquistato azioni ad un prezzo di 100, che a fine 2001 è calato diciamo a 80. Ma i titoli non hanno azzerato il loro valore" ; da qui la decisione di non tenerne conto nella stesura del bilancio.
Una perdita potenziale dunque; però è strano, come fa notare un articolo apparso sul Trentino, che "quei medesimi investimenti... nei bilanci precedenti - quando le Borse puntavano tutte all’insù - facevano la loro bella figura nel conto economico e dunque sono evidenti le ragioni del ‘maquillage’ che hanno improvvisamente fatto mutare i criteri di classificazione. Operazione forse legittima - ha commentato qualche socio - ma certamente poco elegante che non contribuisce alla trasparenza di un bilancio di fatto pubblico".
E’ vero, probabilmente le ragioni che hanno spinto gli artigiani a sollevare il problema non sono limpide: l’associazione non ha digerito la creazione di Plurifonds, il fondo complementare aperto per i lavoratori autonomi, che di fatto gli ha tolto l’iniziativa in questo campo, ma d’altra parte il furioso intervento di Roland Atz sulla questione ha indicato che chi difende PensPlan ha forse altre mire politiche, come quella di far diventare il Zentrum un lussuoso feudo per fedelissimi della SVP.
I telefoni hanno dunque squillato a lungo agli uffici dei fondi: lavoratori che chiedevano di essere tranquillizzati. Gli è stato dato detto che PensPlan e Laborfonds non sono la stessa cosa, hanno consigli di amministrazione diversi. Certo, ma la preoccupazione nasceva da una domanda legittima: "Se PensPlan perde soldi perché le borse vanno giù, come farà Laborfonds a garantirci una pensione degna di questo nome fra 10, 20, 30 anni?". Il quesito rimanda a un dibattito sulla natura dei fondi pensione colpevolmente evitato da istituzioni e partiti. Ormai esiste sull’argomento un’ampia letteratura e molti autori ne hanno mostrato il carattere speculativo. Un dibattito tanto più necessario in quanto Laborfonds, con le sue 56.000 adesioni, è al terzo posto in Italia per numero di iscritti, con un capitale raccolto attorno ai 100 milioni di euro.
Ma come funziona un fondo? Il capitale raccolto dalla contribuzione volontaria degli iscritti viene affidato a dei gestori finanziari che lo piazzano in titoli del debito e in azioni sui mercati borsistici internazionali, per ottenerne un guadagno che andrà a costituire la pensione del futuro. Ma secondo quale principio questi soldi vengono investiti in borsa? Quello del massimo profitto a breve termine: io investo su un certo titolo prevedendo che salga la sua quotazione, poi lo rivendo appena ho sentore che stia andando giù. Insomma, una scommessa che non si basa sul sostegno ad una politica di investimento e di ampliamento della produzione e dell’occupazione. Questa è quella che Keynes chiamava la "dittatura dei creditori": ormai i fondi pensione detengono fette consistenti delle maggiori aziende mondiali, cui chiedono elevati margini di redditività, criteri ai quali le aziende si adeguano utilizzando un vecchio metodo: licenziando lavoratori per far balzare in avanti le proprie quotazioni.
Qualcuno può garantire che Laborfonds non sarà implicato in vicende di questo tipo? Dunque l’attività dei Fondi pensione è essenzialmente speculativa, con tutto ciò che di insostenibile ha la speculazione finanziaria. Affidare la vecchiaia a una scommessa?
Chi ci garantisce che la vinceremo?
Mentre una polizza vita per legge deve garantire comunque un rendimento del 3% minimo, i fondi pensione non hanno tale obbligo. Illustra bene questo concetto l’opuscolo esplicativo di Laborfonds, che recita a pag. 8: "Laborfonds è un fondo a contribuzione definita senza garanzia di risultato. Di conseguenza non può essere garantito in modo certo l’ottenimento... di un rendimento finale corrispondente alle aspettative". E Pietro Monti, presidente del fondo dice, commentando l’aumento nel 2001 della singola quota del 4,2%, che il buon risultato è dovuto al fatto che sino al dicembre 2001 "il C.d.A. ha investito le risorse sostanzialmente in operazioni ‘pronti contro termine’, evitando con ciò d’incorrere nelle drammatiche scivolate che hanno caratterizzato l’andamento delle Borse", ma che "i risultati conseguiti non sono necessariamente rappresentativi di quelli futuri". Più chiaro di così!
Dunque il 31 dicembre i fondi di Laborfonds sono stati affidati ai gestori finanziari, incaricati di investirli in borsa. Tra di essi Lombar Odier International Portfolio Management, sul cui sito (www.lombardodier.com) si possono vedere le proposte di portafogli azionari fatte dal gestore. Ve n’è uno del tutto simile a quello che presumibilmente la Lombard Odier gestirà per Laborfonds. Si chiama "LO-Invest UK Europe". Tra i primi 5 titoli troviamo Danone e Nestlè, per le quali è in atto un boicottaggio internazionale per malefatte ormai largamente riconosciute, e poi Novartis, all’onore delle cronache per la sperimentazione sugli OGM. Queste fra le prime 5. Tra le altre ci dobbiamo aspettare forse Beretta e Smith & Wesson?
Qualcuno su Vita Trentina ha detto che è prematuro chiedere una gestione basata su criteri etici dei soldi dei lavoratori, ma su queste cose non credo possa esserci un prima e un dopo: gli aderenti a Laborfonds dovrebbero chiedere che i titoli vengano resi pubblici a scadenze regolari ravvicinate.
Infine: ormai anche da noi sono sempre di più i giovani con contratti a termine, precari. La pensione complementare basata sulla contribuzione prevede che più alto è il quantitativo di soldi versato, più la pensione sarà grande, secondo un principio individualistico che mette in discussione il carattere solidaristico della pensione pubblica. Ma con la flessibilità e la precarietà, se non c’è lo Stato che mi garantisce, come faccio a essere sicuro che avrò una pensione decorosa? A questo scopo sembra che la Regione elaborerà un regolamento per garantire l’erogazione di una prestazione sociale ai lavoratori in difficoltà, disoccupati o non in grado di pagare i contributi. Prestazione sociale che PensPlan vorrebbe gestire direttamente, contro il parere dei sindacati: un altro bel gruzzolo da giocare in borsa? A me pare, in conclusione, che chi punta sui fondi pensione voglia mobilitare nuove risorse da buttare in quella fornace famelica che è la borsa; e chi gli dà corda non capisce che i principi su cui si basano i fondi pensione avvicinano il momento della rimessa in discussione della pensione pubblica. Con la scusa che i conti dell’INPS peggioreranno per l’invecchiamento della popolazione, si piccona una conquista epocale, senza dire che basterebbe una seria lotta alla disoccupazione per rimettere in sesto le finanze della pensione statale (35 ore, ricordate?). E infine i sottoscrittori di un fondo pensione, a cui si chiede di firmare un assegno in bianco da giocare alla roulette della finanza, vengono, di fatto, resi complici di un sistema basato sulla speculazione finanziaria e della sua ideologia, contraria agli interessi del mondo del lavoro.