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L’affaire “Amicus”

Informatica Trentina e il nuovo software che ha fatto fare un poderoso balzo indietro alle biblioteche trentine.

Si sta rivelando una vera Caporetto, per Informatica Trentina, "Amicus", il nuovo software per le biblioteche acquistato dalla Provincia. Dopo che Questotrentino aveva segnalato le disfunzioni del software con un servizio comparso sul numero 16, Un software per nemico, altri hanno trovato il coraggio di parlare e sono apparsi vari articoli sulla stampa locale. E il quadro che ne emerge è davvero grave.

In una intervista comparsa sull’Adige, Federico Fanizza, bibliotecario di Riva, ha dichiarato tra l’altro che con la migrazione dal vecchio al nuovo programma si sono persi i dati di molti libri, che ora non sono più associati alle biblioteche di appartenenza. E’ una rivelazione drammatica per la credibilità dell’azienda che ha in carico la gestione di tutta l’informatica pubblica in provincia di Trento. Non serve essere un guru dell’informatica per capire che se un catalogo bibliografico perde i dati sui libri, mette a rischio una caratteristica essenziale della sua funzionalità: sarebbe come se una banca dovesse utilizzare un software che ogni tanto cancella i dati sui conti correnti dei clienti.

Di fronte alla marea montante dello scontento, adesso si attende la reazione della società che ha acquistato per conto della Provincia il software "Amicus", vale a dire Informatica Trentina. Dopo aver sentito parlare per mesi della sua possibile privatizzazione, sarebbe lecito attendersi dai vertici un approccio improntato alla trasparenza, come insegnano i migliori manuali di Business administration, che consigliano di gestire le crisi parlando con la stampa per cercare di ottenere una riduzione del danno di immagine. Invece siamo di fronte al più classico dei comportamenti da apparato, non molto dissimile - per intedersi - da quello di chi, dopo aver soffocato col gas centinaia di ostaggi per liberarli dai terroristi, si è rifiutato di rendere nota la formula dell’antidoto che poteva salvarli. Insomma, più che in via Gilli, sede di Informatica Trentina, sembra di essere alla Lubjanka, sede del KGB: nessuno rilascia dichiarazioni ai giornali, nessuno dà spiegazioni, nessuno fornisce dettagli su quello che si farà per mettere una pezza alla situazione creata. E il motivo, secondo alcuni bibliotecari, è che la soluzione forse non c’è. Il difetto sarebbe troppo radicale per essere corretto. "Amicus" è un software pensato per biblioteche situate in realtà istituzionali uniche, come una sede universitaria. Non può girare su postazioni troppo distanti dalla sede centrale, se non a prezzo di rallentamenti rilevanti. Ma la rete delle biblioteche trentine è proprio fatta di piccole sedi situate in piccoli paesi di montagna, lontani dalle sede centrale di Trento. "Allora vorrà dire che vi doterete tutti della superlinea ADSL..." - ha detto in una riunione il funzionario provinciale responsabile della adozione di "Amicus". Un bibliotecario ha replicato che l’ADSL nel suo paese non arriverà mai.

E il punto è proprio questo: i servizi di linee ad alta velocità nelle zone periferiche non sono convenienti per le compagnie telefoniche, e le biblioteche connesse ad "Amicus" non sono tutte a Trento o a Rovereto.

Ma l’affaire "Amicus", al di là dei dettagli tecnici, dovrebbe riaprire la questione Informatica Trentina. La società è rimasta in mano pubblica per garantire alla Provincia un braccio operativo nel settore strategico e tecnologicamente complesso dell’informatica. Dalla vicenda "Amicus" si apprende invece che il suo ruolo è solo quello di acquistare prodotti progettati da altri e di rivenderli alla PAT, lucrando sostanziosi margini di profitto. Il programma delle biblioteche infatti è prodotto in Belgio e Informatica Trentina è solo l’intermediario che ha permesso alla Provincia di acquistare questo software, a quanto pare facendo un pessimo affare.

Normalmente, quando dai vizi di funzionamento di un bene acquistato (e pagato) derivano dei danni, l’acquirente può chiedere il risarcimento al venditore. Ma a chi chiederà i danni la Provincia? A se stessa, visto che è tuttora l’azionista di controllo di Informatica Trentina?