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QT n. 19, 8 novembre 2003 Servizi

Tutti gli sbagli da non ripetere

Considerazioni sul diktat di Dellai alla luce del risultato elettorale.

Se il buongiorno si vede dal mattino, dobbiamo essere alquanto preoccupati. Il nuovo corso della politica trentina inizia alle 9.45 del 27 ottobre quando erano state scrutinate appena 20 sezioni su 516. In diretta su TCA appare il senatore Betta giustamente trionfante, accompagnato dalle congratulazioni del direttore della rete Dalpez, in veste di un ossequiente Bruno Vespa. Così probabilmente sarà per i prossimi 5 anni.

Non è difficile comprendere i dati elettorali: stravince l’ala destra della Margherita, cioè il partito territoriale, cioè il partito dei sindaci e dei potenti di valle. Dellai sbanca e con la tenuta, per me inaspettata, del Patt rilancia il suo progetto territoriale. Vince anche Malossini con un pieno di preferenze inaudito, ma che la dice lunga sullo stato della democrazia trentina. La sinistra democratica e riformista mantiene seggi e percentuale, ma guardando il numero dei votanti perde dappertutto, anche a Trento e Rovereto. L’astensione, come avviene anche nel resto dell’Italia, sfavorisce proprio l’elettorato di sinistra, quello che in teoria dovrebbe essere il più motivato a votare.

Ma quali motivi c’erano davvero per votare la sinistra riformista? Dopo 5 anni quasi fallimentari dal punto di vista politico (non sui contenuti perché credo che qualcosa di buono è stato fatto, ed anzi molte critiche sono state eccessive), la realtà non poteva essere diversa. Dalla Jumela in poi è stato tutto un susseguirsi di azioni basate sul principio di subalternità alla Margherita, che ha potuto via via affossare l’Ulivo, gestire le alleanze, fino a impedire alla stessa sinistra di decidere sui nomi dei candidati da mettere in lista.

Su questo punto vorrei fare alcune considerazioni partendo dal lungo, realistico e interessante articolo di Michele Guarda sul caso Casanova apparso due numeri fa (Il niet a Casanova: perché la sinistra ha (giustamente) perso).

Premetto subito che avendo a disposizione i dati elettorali, possiedo maggiori strumenti interpretativi rispetto all’articolo di Guarda. Concordo sul fatto che Dellai abbia fatto "una prova di forza da una posizione di forza"; l’operazione "Umiliazione-della-sinistra" è perfettamente riuscita e ha spalancato le porte alla vittoria della componente centrista della coalizione. Quindi niente grazia ricevuta da parte di Dellai, perché la sua strategia non era quella di rompere con la sinistra, bensì di consumarla piano piano. Certo, il presidente avrebbe potuto tranquillamente spaccare la coalizione, visto che i sondaggi gli hanno dato ragione; purtroppo però solo a lui, mentre alla Quercia, che sperava di fare 6-7 consiglieri, le cose sono andate peggio del previsto. Sono convinto anch’io, come Michele Guarda, che una lista cede una parte di sovranità alla coalizione e quindi al candidato presidente: ma questo in una coalizione seria e costruita insieme, e non raffazzonata e praticamente inesistente, creata per imposizioni successive da Dellai. Nel 1998, come nota Guarda, "i Ds avevano partecipato alla costruzione del programma elettorale", mentre in questa tornata elettorale hanno subìto tutto, dalla coalizione, al programma, fino alle candidature.

Ragionando secondo la logica dei rapporti di forza (ottica in cui entro con molta fatica, anche se da qualche anno è l’unica maniera per capire a fondo la logica di Dellai), l’errore della sinistra sarebbe stato quello di mettere in lista una persona, Casanova, che alla fine non si è riusciti a difendere fino in fondo. Un grave errore di valutazione politica, perché se il segretario diessino Bondi (e, bisogna pur ammetterlo, anche Costruire Comunità) avesse capito che la pistola l’aveva in pugno Dellai, non bisognava iniziare il braccio di ferro, oppure essere pronti a sostenere Casanova fino alle estreme conseguenze.

La storia comunque è chiusa e gli errori maggiori vanno ricercati nei mesi precedenti, costellati dai continui litigi interni, da mancanza di comprensione reciproca, da strappi (come quello, abbastanza disastroso, dei Riformisti) rimarginati all’ultimo secondo.

Alla fine hanno perso tutti. I Riformisti che dopo tanto strepitare e dopo tante spese non hanno fatto neppure un consigliere, Costruire Comunità che non ha potuto partecipare alle elezioni (la mia rinuncia era inevitabile: con che faccia avrei potuto candidare dopo l’esclusione di Casanova?), Bondi e i Ds che si devono accontentare di un magro risultato, Leveghi e i socialisti che, ragionando con la logica del partitino, sono finiti fuori dal consiglio.

Cosa fare ora? Michele Guarda propone un salto in avanti, un ritorno ad una politica alta, di proposta e non solo di opposizione alle scelte di Dellai: solo così "si riuscirà a contribuire maggiormente alla definizione della linea politica del governo provinciale". Questa potrebbe essere la strada giusta, anche se penso che sia per lo meno inadeguata e insufficiente, perché il problema, prima che programmatico, è politico.

Occorre elaborare un progetto credibile che sia capace di innovazione dal punto di vista organizzativo, ideale e culturale. Questo progetto politico deve andare oltre i Ds e non essere etichettabile con le categorie di riformisti e massimalisti, sinistra radicale o sinistra di governo. Per far questo ognuno deve però mettersi in discussione. Anche le proposte, pur lodevoli, di Mauro Bondi di presentarsi come l’area che guarda di più all’Ulivo e alle logiche nazionali e, dal punto di vista programmatico, come la lista che punta sulla cultura, sulla tutela dell’ambiente e sull’innovazione, non sono bastate né basteranno in futuro.

Occorre guardare in faccia alla realtà: i trentini hanno voluto e premiato il partito territoriale, la Casa dei Trentini e la logica politica sottostante. Chi sperava che i cittadini cambiassero opinione dopo il diktat dispotico su Casanova, hanno subito una cocente delusione: alla maggioranza dei trentini il comportamento di Dellai è sembrato legittimo, giustificabile se non giusto. Molti degli arrabbiati sono stati a casa.

Ci sono ora due possibilità. Stare all’opposizione con dignità e marcare così una propria identità e almeno coerenza, iniziando un lavoro di contrasto alle scelte (che si prevedono di gran lunga peggiori di quelle degli scorsi anni) della nuova giunta provinciale. Sarebbe una prospettiva facile e allettante, giustificata e giustificabile, ma che alla fine dividerebbe la sinistra e soprattutto ci taglierebbe fuori dai prossimi appuntamenti elettorali, a partire dalle elezioni europee e dal progetto di Prodi della lista unica.

La seconda possibilità è quella di tentare (per l’ultima volta prima di scomparire) una via di governo pronti ancora ad inghiottire amaro. Servirà mettere nel cassetto, almeno a livello provinciale, il totem dell’Ulivo, almeno come era visto nelle nostre speranze. Mi spiego meglio. La Margherita trentina farà sempre parte dell’Ulivo, anche se in realtà non ne vuole sentire nemmeno parlare e propugna un progetto completamente diverso. "Con la Casa dei Trentini nell’Ulivo", questo era lo slogan. In parole povere, la sinistra non avrà mai il copyright dell’Ulivo, ce l’avrà sempre e comunque anche Dellai, che lo ha completamente affossato ma che a livello nazionale è celebrato come il grande vincitore ulivista. Tentare di intavolare un dialogo con Dellai sarà utile per il governo provinciale, ma indispensabile se l’operazione lista unitaria alle europee va in porto. Altrimenti la lista unitaria sarà composta dalla Margherita e dal Patt con qualche spruzzatina di spray Verde. Per questo anche l’ultima proposta di Tonini di lavorare anche con la Margherita per la lista unica non va sottovalutata.

In secondo luogo occorre creare un soggetto politico nuovo, che unisca tutta la sinistra ma non solo essa, e che si leghi di più al cosiddetto territorio, in un modo però molto diverso se non opposto a quello del partito territoriale di Grisenti. E cioè: attenzione alla democrazia nei piccoli comuni, rilancio di attività economiche non basate solo sui contributi provinciali, turismo più innovativo e più sostenibile, riforme istituzionali, nuovo regolamento consigliare, istituzione di elezioni primarie (almeno all’interno del soggetto politico: basterebbe!!), rapporto con i movimenti e molto, molto altro.

Personalmente provengo da una storia politica non di sinistra, ma ugualmente mi ero messo in gioco con la Quercia, perché ritenevo che in Trentino c’è bisogno di una nuova sinistra che sappia in qualche modo controbilanciare il partito territoriale, pur restando nella stessa coalizione. Dopo queste elezioni l’urgenza di questo nuovo progetto si fa più stringente. Chiamiamolo subito partito democratico trentino, a partire dalle elezioni comunali del 2004.

Recentemente l’on. Kessler ha lanciato anche in Trentino i comitati "Cittadini per l’Ulivo": l’iniziativa è lodevole perché là si può anche discutere con la parte migliore della Margherita. Ma da sola questa idea non basta, bisogna che i Ds lancino un loro progetto, aperto e unitario. I due progetti non sono in contraddizione, anzi devono andare di pari passo.

Oppure si sceglie la via dell’opposizione. Non si faccia però come gli ultimi cinque anni, o non si aspetti che sia la Casa dei Trentini a buttarci fuori.

Anche Costruire Comunità deve scegliere: continuare il dialogo, pur nella diversità di ruoli e magari di comportamenti, con le altre forze di sinistra e non solo, per la costruzione del nuovo progetto. Non perdendo ovviamente la sua natura di movimento esigente e anche critico, ma cercando un rapporto con quegli eletti più vicini alla propria sensibilità.

In alternativa si potrebbe ricominciare da zero, ricominciare dal punto di vista culturale, non aver paura di parlare e di opporsi con tenacia, avvicinarsi ai cittadini scontenti. Anche questo è fare politica!

Nelle prossime settimane si deciderà quale strada imboccare. Non voglio ora dare un giudizio definitivo; una sola cosa dobbiamo tutti evitare: quella di ripetere il copione dell’ultimo anno. Perché alla fine perderemo di nuovo tutti.

Piergiorgio Cattani è un esponente di Costruire Comunità, ritiratosi dalla lista DS dopo l’esclusione di Luigi Casanova imposta da Dellai.