Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 18, 30 ottobre 2004 Servizi

Otto mesi con gli indigeni del Chiapas

Intervista ad una volontaria trentina reduce dal Messico.

Antonio Graziano

Il Chiapas è lo stato della confederazione messicana presente sulla scena politica internazionale grazie al movimento Zapatista. Il movimento è in contrasto con il governo di Città del Messico, accusato di adottare una politica che nega alla popolazione locale di origine Maya i diritti fondamentali quali l’accesso alla terra, all’istruzione ed alla sanità di base. Elisa Benassi da Trento è voluta arrivare fino a S. Cristóbal de Las Casas, luogo simbolo della lotta zapatista, dove ha trascorso otto mesi lavorando per un progetto di studio e ricerca relativo alla militarizzazione dello stato del Chiapas. L’abbiamo intervistata per comprendere meglio qual è, oggi, la condizione degli indigeni nel sud est messicano.

Cosa ti ha spinto ad arrivare fino in in Chiapas e con quali realtà sei entrata in contatto?

"Dopo la laurea avevo voglia di viaggiare e volevo inserire nel mio viaggio un’esperienza come volontaria presso una ONG in un paese dell’America Latina. Sono arrivata in Messico e sono rimasta affascinata da San Cristóbal de Las Casas dove ho deciso di fermarmi e di cercare lavoro presso una ONG locale. Ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con la popolazione indigena, con i rappresentanti del movimento zapatista e con il mondo delle associazioni e dei movimenti messicani ed internazionali.

Cosa facevi?

"Ho lavorato in una ONG messicana, il CAPISE (Centro de Análisis Político e Investigaciones Sociales y Económicas) come ricercatrice. Il CAPISE si occupa principalmente delle violazioni dei diritti collettivi dei popoli indigeni chiapanechi. Il progetto cui ho partecipato prevede un’analisi storico-politico-giuridica della presenza dei gruppi paramilitari nelle comunità indigene".

Qual è la percentuale della popolazione indigena rispetto alla popolazione totale del Chiapas e quali sono le condizioni di vita attuali?

"La popolazione del Chiapas, di quasi quattro milioni di abitanti, è costituita per il 24 % da indigeni, ma nella zona dei Los Altos (gli altipiani) gli indigeni sono il 69% della popolazione. Gli indigeni soffrono di un alto grado di emarginazione. La maggior parte vive in zone rurali prive di energia elettrica, acqua corrente e fognature. La denutrizione è elevata: non è difficile incontrare bambini e adulti con la pancia gonfia e macchie scure sulla pelle. Il nutrimento base è costituito da tortillas e fagioli, l’acqua non è potabile e molte persone soffrono di disturbi intestinali dovuti alla scarsa alimentazione e alle precarie condizioni igieniche. La percentuale di analfabeti è piuttosto alta, soprattutto nelle zone più lontane dalla città. Ma è incredibile, nonostante la miseria, la discriminazione e l’ingiustizia sociale a cui sono costretti da secoli, incontrarli sempre sorridenti, splendidi nei loro vestiti colorati, fieri nell’affermare la loro dignità indigena".

Che relazione esiste tra la negazione dei diritti degli indigeni in Chiapas e le politiche commerciali internazionali del governo Fox?

"Le politiche commerciali internazionali tendono a non considerare nei loro progetti le esigenze ed i diritti della popolazione indigena chiapaneca. Il Messico aderisce alle politiche economiche neoliberiste: ha firmato già numerosi trattati a livello internazionale, primo fra tutti il NAFTA (o TLCNA), il Trattato di libero commercio con il Nord America, entrato in vigore nel 1994. Credo che questi accordi peggioreranno le già precarie condizioni di vita delle popolazioni locali in quanto i progetti di "sviluppo" internazionali non prendono in considerazione le esigenze reali degli indigeni, la cui sopravvivenza è in contrasto con lo sfruttamento indiscriminato delle risorse".

Puoi spiegarci in breve cos’è oggi lo Zapatismo e che ruolo ha nella tutela dei diritti della popolazione locale?

"All’interno dei municipi autonomi vengono sviluppati progetti per garantire alla popolazione il diritto all’istruzione, alla sanità e alla vendita dei propri prodotti ad un prezzo equo".

Gli Zapatisti sono ancora un movimento armato?

"Nel febbraio scorso feci la stessa domanda ad un membro della giunta del Caracol di Oventic: mi rispose che, anche se l’EZLN, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, continua ad essere armato, oggi gli zapatisti e le loro basi d’appoggio stanno cercando di raggiungere l’autonomia attraverso la lotta politica e non violenta.

Il Chiapas è oggi uno stato fortemente militarizzato dalle forze governative, soprattutto nella zona della Biosfera di Montes Azules, patrimonio di biodiversità e in cui sembra trovarsi la comandancia dell’EZLN. Dal 1° gennaio 1994 l’attività dei gruppi paramilitari è notevolmente aumentata. Il governo messicano giustifica la presenza dei militari con la necessità di controllare il flusso di migranti irregolari e il contrabbando di droga, di armi e di legname pregiato. Ma le reali motivazioni sono di tutt’altra natura…".

Quali problemi porta questa presenza alla popolazione locale?

"La presenza dei militari favorisce l’ingresso di alcool, droga e prostituzione nelle comunità indigene. I militari, che non possono fare certe cose negli accampamenti, utilizzano le comunità vicine per i propri divertimenti! Chi più risente della militarizzazione sono le donne, continuamente molestate e spesso sottoposte a violenze. E pensate che nei vari idiomi Maya la parola ‘prostituta’ non esiste".

Il Movimento Zapatista ha un futuro?

"Il Movimento Zapatista è fondamentale per bloccare o almeno ritardare le politiche commerciali in atto. In aggiunta è assolutamente necessario uno sforzo del governo messicano per garantire agli indigeni il riconoscimento ed il rispetto dei propri diritti".

Pensi di tornare in Chiapas?

"Si, perché ho vissuto un’esperienza indimenticabile. Anche se attualmente sto cercando un progetto che mi permetta di lavorare nel campo dei diritti umani e della risoluzione dei conflitti in un altro paese dell’America Latina. Il problema della crescente militarizzazione è una piaga che può essere letta su scala continentale e purtroppo, su scala mondiale".