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Giuseppe Terragni: problemi di composizione

Un’opera dell’architetto lombardo a confronto con i capolavori di altri protagonisti del ‘900.

Se la caratteristica principale che conraddistingue l’uomo è la capacità di creare simboli e di costruire un mondo coerente, ancor di più questi simboli si caricano di valenza di fronte all’esistenza della morte e alla coscienza della brevità della vita. "Il rito, l’arte, la poesia, il dramma, la musica, la danza, la filosofia,la scienza, il mito, la religione sono tutte cose essenziali per l’uomo come il suo pane quotidiano: questa umanità redime la piccolezza dei singoli uomini" (Lewis Mumford).

Giuseppe Terragni: monumento funebre di Roberto Sarfatti.

Di fronte alla morte può funzionare il dolore iniziale, la dimenticanza o il valore del ricordo. L’erigere un monumento combatte la certezza dell’oblio: "Bastano una o due generazioni per annullare il sacrificio della vita per migliaia, milioni di uomini".

Il Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio ha organizzato una mostra interessante su un monumento funerario realizzato da un protagonista assoluto del Novecento, il lombardo giuseppe Terragni, su commissione di Margherita Sarfatti, scrittrice d’arte e di politica (scrisse una biografia del duce, ma fu costretta a lasciare l’Italia in seguito alle leggi razziali). L’opera realizzata a 30 anni e inaugurata due anni dopo (giusto in tempo prima di fuggire in America), fu posta sulla sommità di Col d’Echele sui prati dell’Altopiano di Asiago che aveva appena restituito le spoglie del primogenito Roberto Sarfatti, lì caduto come un eroe nel 1918.

Un ritratto di Margherita Sarfatti opera di Umberto Boccioni.

Questo memoriale colpisce ancora per la straordinaria semplicità e modernità pur nella modestia delle dimensioni, come può essere una statuetta egizia che conserva in sè la dimensione del grandioso.

Per l’architetto lombardo parlano i blocchi di pietra, le spazialità puramente geometriche. Il progetto prevede un monolite cubico su basamento con ali laterali e scala centrale di raccordo per unire il mondo dei vivi all’anima dell’eroe. Terragni sembra seguire il precetto di Adolf Loos quando afferma che "soltanto una piccolissima parte dell’Architettura appartiene all’arte: il sepolcro e il monumento", visto che già a 22 anni presenta le planimetrie con la profonda quinta urbana della piazza di Como per il monumento ai Caduti, cui seguiranno gli studi per l’esedra e la scalinata per i caduti di Erba e i bellissimi schizzi prospettici a pastelli e carboncino per la tomba Mambretti. Sembra, la sua, una corsa contro il tempo, come se prevedesse la fugacità dell’esistenza (morirà a trentanove anni). Già Goethe aveva iniziato questa riduzione della lingua alle forme primarie nel giardino della sua casa con un monumento in onore della Buona Sorte (Agathe Tiche): il cubo, sedes virtutis, è contrapposto alla sfera; Aldo Rossi realizzerà molti anni dopo nel 1962 un monumento alla Resistenza a Cuneo e sceglierà la forma di un cubo di 12 metri di lato con una scala di accesso ad una piazza superiore (dove la purezza e l’amore per l’ordine raggiungeranno le forme di un altro capolavoro).

Mies van der Rohe realizzerà con mattoni da recupero un muro di 15 metri per il monumento a Rosa Luxemburg, poi distrutto dai nazisti (in mostra c’è un modello in vetro): anche quest’ultima forma contribuirà a stabilire un nuovo alfabeto fatto di monoliti, cunei, che stupisce per le capacità ideative e commuove per i rapporti con il cielo e con lo spazio circostante.

Un grande poeta lombardo, Gampiero Neri, scrive in onore dell’architetto queste semplici parole: "Un elenco di opere dell’architetto Terragni comprende una casa in Corso Sempione..., il progetto di un Danteum mai realizzato e alcuni disegni... Nel suo palazzo di Como si riflette una luce, una geometria davanti alla cupola verde azzurra del Duomo".

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