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Da Bolzano alla Birmania

Una associazione umanitaria e un documentario su una tragedia dimenticata.

Da tre anni Benno Röggla ha fondato insieme ad altri giovani sudtirolesi e tirolesi un’associazione, Helfen Ohne Grenzen (Aiutare senza confini), mettendo in piedi un’efficiente organizzazione di aiuto umanitario per luoghi della terra dimenticati dalla stampa internazionale. Grazie alla rete che si è formata negli ultimi tempi intorno all’ÖEW, un’associazione di Bressanone specializzata in cooperazione internazionale, e che comprende anche una società cinematografica che testimonia quelle realtà del sud del mondo dove ambiente e minoranze subiscono degrado e rischiano la scomparsa, dell’avventura birmana di Helfen Ohne Grenzen esiste oggi un documentario. Una troupe ha infatti seguito uno dei viaggi che conducono ai campi di raccolta dei profughi della Birmania.

Di questo paese è nota la vicenda di Aung San Suu Kyi, premio Nobel, la coraggiosa figlia del primo presidente birmano dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1947, assassinato dopo tre anni di mandato, la quale, vissuta per gran parte della vita all’estero e sposata con un inglese, è tornata nella sua patria d’origine per guidare il popolo alla riscossa democratica. Dopo le feroci repressioni delle proteste popolari del 1988, Aung San Suu Kyi decise di non tornare né in Inghilterra né a Kyoto, dove aveva un incarico all’università, e si presentò candidata alle elezioni del 1990, dove ebbe un successo enorme e trasversale rispetto ai popoli e alle minoranze che abitano un territorio vasto due volte l’Italia. I militari non convocarono l’assemblea eletta, insediarono una giunta, e posero la presidente eletta agli arresti domiciliari, dove si trova ancor oggi e da cui è stata liberata solo per un breve periodo su pressione di Amnesty International e dell’opinione pubblica internazionale. Due anni fa il marito, malato terminale di cancro, chiese invano di visitarla; a San Suu Kyi sarebbe stato possibile raggiungerlo, ma senza poter poi ritornare. Coraggiosamente scelse di restare con il suo martoriato popolo. Rimase vedova senza poter rivedere l’uomo che l’aveva sempre incoraggiata e sostenuta.

Gli interessi internazionali per le risorse naturali della Birmania sono fortissimi e questo spiega in parte la sua condizione di estrema povertà e di terribile oppressione totalitaria.

All’Accademia Europea di Bolzano alla presentazione del film di Patrick Kofler, della cooperativa Helios, c’erano molte persone, fra cui due birmani in esilio. Il primo è portavoce ufficiale della comunità in Germania e rappresentante del governo in esilio, la maggior parte dei cui membri vive negli USA, l’altro è uno degli organizzatori delle dimostrazioni studentesche del 1988, che vennero represse nel sangue. Sonny Aung Than Oo racconta in una mostra di fotografie "rubate" e in un suo scritto le condizioni inumane in cui ha vissuto per nove anni e in cui sono morti o si trovano ancora molti suoi compagni. Ora studia Scienze politiche in Germania, ma il ricordo è vivo e i segni delle violenze visibili nel corpo e nello sguardo. La loro venuta a Bolzano, oltre che per la presentazione del documentario, è stata utile a prendere contatti con gli studiosi dell’area minoranze dell’Accademia, ai quali è stato chiesto di prestare la loro opera per la realizzazione di una costituzione democratica e attenta ai diritti delle minoranze (che sono 136 in tutto il paese e per questo sottoposte a repressioni dai militari al potere) per la futura Birmania libera dalla dittatura. Un’apertura sembrava vicina. Ma pochi giorni dopo, il 19 ottobre, il presidente in carica, generale Khin Nyunt, è stato improvvisamente messo agli arresti e sostituito da un militare dalla linea più dura. Khin Nyiunt aveva la colpa di avere condotto alcuni colloqui con Aung San Suu Kyi.

Il sudtirolese Benno Röggla, dopo alcuni viaggi, è ormai noto fra bambini, donne e uomini fuggiti alle violenze dello stato e degli eserciti contrapposti (oltre a quello principale se ne sono formati diversi a seconda delle minoranze etniche e religiose, fra cui divenne famoso, anni fa, quello condotto da due generali di dodici anni, la cui foto fece il giro del mondo, suscitando un troppo breve orrore nell’opinione pubblica).

Chi fugge in Tailandia (dove ci sono circa 300.000 rifugiati, mentre in India altre migliaia, secondo il bel sito Internet www.mizzima.com) si ritrova in un paese anch’esso povero, dove i casi di sfruttamento da parte di contadini e imprenditori sono facilitati dal ricatto, basato sul timore di essere respinti al di là della frontiera.

Helfen Ohne Grenzen porta materiali per ospedali e per le scuole e addestra medici-artigiani che preparano le protesi per le centinaia di persone, soprattutto bambini, che perdono gli arti nello scoppio delle mine antiuomo che infestano le campagne.

Il film di Patrick Kofler, che si spera venga presto editato anche in italiano (ora è in tedesco e verrà trasmesso dalla Rai di lingua tedesca di Bolzano), racconta soprattutto della minoranza Karen, una delle più oppresse e maltrattate dall’esercito della SPDC (State Peace and Development Council), lo strano nome della giunta militare.

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