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Una radio per resistere

Due esperienze di organizzazione comunitaria alla periferia di Montevideo.

Antonio Graziano

Montevideo, capitale della Repubblica Orientale dell’Uruguay, emisfero australe, aprile 2005. Nel piccolo paese rioplatense è ormai autunno. L’inizio di questa stagione è caratterizzata da un’alternanza di temperature estive di giorno e di gelo notturno, in attesa che venga definitivamente l’inverno. Durante l’inverno, il vero inverno, i venti freddi che attraversano il Rio de la Plata ti tagliano la faccia, penetrano nelle baracche di legno e lamiera, trapassano i vestiti ed arrivano fin nelle ossa. In Uruguay in inverno, se sei povero, senti ancora più freddo…

Gli insediamenti dei quartieri della periferia si organizzano come possono. A Santa Catalina, nella periferia occidentale della città, dove ormai la gente mi conosce e mi saluta amichevolmente, l’associazione H2O ha ideato una maniera originale per fornire dei vestiti caldi ai figli delle famiglie più indigenti, e nello stesso tempo evitare che questa azione sia considerata come un regalo e si trasformi nell’ennesima forma di assistenzialismo. I vestiti, raccolti anche grazie ad una donazione della città italiana di Verbania, vengono "prestati" ai genitori a patto che questi si impegnino, per alcune ore alla settimana, a fornire aiuto volontario all’associazione. In questo modo, oltre a collaborare concretamente al lavoro sul territorio, viene valorizzato l’aiuto materiale, evitando che sia calato dall’alto, con l’obiettivo di utilizzare le potenzialità presenti. In aggiunta, i vestiti non sono regalati ma forniti in prestito, in modo che l’anno seguente, quando i figli sono cresciuti, possano essere passati ad altre famiglie che ne hanno altrettanto bisogno.

Bambini a Santa Catalina.

Nel Cerro Nord, altro quartiere della zona ovest, il 12 marzo scorso 30 famiglie hanno occupato un pezzo di terra con tende e baracche provvisorie. Le famiglie che hanno deciso di passare all’azione erano stanche di vivere in situazione di promiscuità, ospitate da parenti ed amici. Il luogo occupato era un immondezzaio abusivo a cielo aperto che è stato ripulito dalle stesse famiglie, le quali si sono poi divise lo spazio disponibile. L’occupazione, avvenuta inizialmente senza alcuna tensione, è stata poi osteggiata dal comune di Montevideo, che afferma di voler creare in quella zona un punto verde, ovvero un luogo di raccolta e differenzazione dei rifiuti.

Il tentativo, in realtà, è quello di attuare una politica che eviti l’espansione degli insediamenti attraverso la costruzione di nuove abitazioni. Difficile, però, evitare la nascita dei figli e l’espansione delle famiglie…

A supportare l’occupazione è radio FM resistencia, una radio comunitaria che lavora da sei mesi nel quartiere e che è nata grazie al lavoro di Adriana Gabriel e Leo, che hanno trasformato una stanza della propria casa nella sede della radio, la quale trasmette fino a 2 chilometri di distanza, e parla di temi locali ma ha un occhio anche sugli eventi internazionali. Anzi, sono così interessati a ciò che accade fuori dell’Uruguay che hanno insistito per intervistarmi. Durante l’incontro mi hanno chiesto della mia famiglia, della politica italiana ed europea e della visione che io ho, come italiano, dell’Uruguay.

A Montevideo l’esperienza delle radio comunitarie è molto diffusa. Si tratta quasi sempre di radio con mezzi limitatissimi che tentano di fare un’opera di informazione e di coscientizzazione in relazione a temi che sono all’ordine del giorno ed interessano direttamente la vita, e la sopravvivenza, della popolazione locale. Allo stesso modo esistono tante esperienze di organizzazione dal basso, di utilizzo e valorizzazione delle risorse umane e materiali a disposizione e di resistenza alla povertà, all’indigenza, alle ingiustizie ed al freddo.