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Giovani rumorosi e residenti esasperati

Chi ha ragione? Un dibattito affollato (e improduttivo).

Città vivace o città tranquilla? Il dibattito è stato innescato da alcuni fatti di cronaca, che si stanno riproponendo con frequenza: residenti nel centro storico di Trento che lamentano i fracassi notturni prodotti dai frequentatori di bar e pub, e viceversa giovani che si sentono repressi nel loro legittimo desiderio di svago serale. Chiunque abbia ragione, le cifre confermano l’esistenza del problema: dai 10 esposti per schiamazzi presentati all’autorità nel 2003, si è passati ai 22 del 2004, ai 36 dell’anno scorso, ai 23 nei primi sei mesi di quest’anno.

Il Trentino ha aperto le proprie pagine alla discussione, che è stata molto affollata, ma non altrettanto proficua. In politica il bipolarismo, pur non privo d’inconvenienti, è positivo o per lo meno appare ai più indispensabile; ma quando si tratta di discutere di temi controversi, l’arroccarsi su posizioni contrapposte senza distinguo e senza nulla concedere alle ragioni dell’altro, non è molto produttivo. Ed è quello che è successo, tranne poche eccezioni, in questo caso.

"Tutto il giorno con i tappi antirumore: ho spostato la stanza da letto per avere un po’ di quiete" e non è bastato: c’è voluto anche il sonnifero. Un altro era andato ad abitare a Ravina: dicevano che fosse un quartiere dormitorio, "e invece è un incubo continuo, con facinorosi che suonano il clacson alle 4 di notte per salutarsi".

Fin qui, un esempio dei racconti (ma ce ne sarebbero molti altri, tutti disperati per rumori e sporcizia). Dopo di che si giunge alle conclusioni, che lasciano poche speranze per un compromesso. Si parte da un ancora ragionevole "Ma perché non andate a far casino all’Interporto o in via Maccani, dove non ci abita nessuno?"; si arriva ad un perentorio invito rivolto ai "casinisti": "Cambiate ateneo, a Trento non vi vogliamo!"; e si finisce con un giudizio liquidatorio su un’intera generazione: questi giovani "si dimostrano incivili, maleducati, prepotenti e senza nessun valore". Non manca, infine, il tocco qualunquistico: "Perché non si aprono pub e bar sotto le case dei nostri politici in collina?"

Analoga scarsa comprensione per le altrui ragioni dimostrano i ragazzi che intervengono, ai quali possiamo solo riconoscere il merito di un più ampio spettro di argomentazioni, purtroppo più fantasiose che convincenti: "Se si cerca tranquillità, perché andare ad abitare sopra un bar?". "Chi ha i soldi per una casa in pieno centro ha i soldi anche per insonorizzarla. Trentini, soliti bacchettoni, lasciate divertire i giovani!". "Perché non andate ad abitare a Lundo se vi disturba il rumore?". "Se non ci lasciate stare in centro, dobbiamo andar lontano con la macchina. Dopo, non lamentatevi anche degli incidenti sulle strade il sabato sera!". "Le geremiadi per il rumore sono tipiche del basso ceto. Lo stesso ceto che poi bercia in piazza per Ciusi, Gobj e le varie fregnacce etniche".

Molto diffusa appare l’insoddisfazione (o il disinteresse) per l’offerta culturale di Trento, che francamente non ci sembra disprezzabile per una città di centomila abitanti: se si chiudono i bar a mezzanotte, "quali alternative rimangono ai giovani?". "Trento ha una reputazione da cimitero in giro per l’Italia". "Questa provincia è rimasta al Medioevo".

Fino a un ragazzo con l’orologio rimasto indietro che esorta: "Sveglia! Corre il ventesimo secolo!".

Suscita qualche perplessità, insomma, la troppo frequente identificazione fra divertimento e bar, svago e rumore, socializzazione e birra

Gli addetti ai lavori (dai rappresentanti di categoria agli amministratori comunali) appaiono fortunatamente più razionali: parlano di organizzare luoghi d’incontro in zone meno abitate (dalle Albere a piazza Dante, al piazzale Zuffo), richiamano alle regole, tengono presente la differenza fra una città simpaticamente vivificata dalla presenza giovanile e le strade usate come vespasiani. Si tratta naturalmente, individuato il possibile compromesso, di passare dalle parole ai fatti.

Per quanto ci riguarda, non abbiamo una "linea" precisa. Sì, c’è stato anche al nostro interno un accenno di discussione fra due redattori, entrambi residenti nel centro storico. Ma il primo è un tipo tendenzialmente festaiolo, che per di più abita a un quinto piano, mentre il secondo, di abitudini oltre tutto molto casalinghe, sta al primo piano, subito sopra uno di quei locali fonte di lagnanze. Non si è arrivati alle parole grosse, ma neppure si è raggiunto un punto di contatto. I due hanno comunque riconosciuto, una volta di più, che Marx aveva proprio ragione a dire che sono le condizioni materiali a determinare la coscienza delle persone.