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Il Prodi interrotto

Domenica ascoltavo a Radio Radicale la conclusione del Festival dell’economia. L’anno scorso ero venuta a dare un’occhiata e a sentire una conferenza su "economia ed etica" e avevo scritto della differenza fra le due città dell’antico Tirolo: Trento, che con questo festival si apriva al mondo, e Bolzano, occupata stabilmente da improbabili feste della zucca e dello speck e chi più ne ha più ne metta. L’apparire su piazza Walther di una tenda in cui si vendevano libri ha suscitato qualche settimana fa forti proteste. E’ un genere che evidentemente non si addice al salotto cittadino.

Con questo spirito un po’ invidioso, ascoltavo Prodi. Che richiede sempre attenzione, perché si capisce poco, e di quel poco non si sa se lo dica per fare un favore a chi l’ha invitato a parlare e si appresti dunque a smentirlo di lì a poco, o se ci creda veramente. A suo tempo mi sono presentata al seggio, occupato da poco stimabili politicanti locali, per votarlo alle primarie. Speravo che l’afflusso di popolo l’avrebbe reso forte proprio nei confronti di questa petulante clientela che lo circondava. Forte di fare ciò che diceva di voler fare. Falsa partenza. Comunque domenica a Trento, dati gli interlocutori, veniva fuori il suo lato liberista: "Ho rimesso in moto l’Italia, si deve correre e competere".

Da sempre penso che il Nord del mondo, di cui facciamo parte, debba andare più piano, consumare meno energia, per permettere ai due terzi dell’umanità non dico di raggiungerci, ma di avvicinarsi a noi in standard di vita decenti. E anche per permettere a noi di avere maggiore qualità, cioè più attenzione a ciò che conta nella vita. "Tutti per vivere ci appoggiamo a tre pilastri fondamentali: - è la sintesi di uno psichiatra di Milano - lavorare, abitare e non essere soli".

Romano Prodi all-Auditorium di Trento.

Correre per andare dove? E’una domanda che temo non ci si ponga. Per questo ritengo sbagliato costruire grandi opere inutili e di dubbia finanziabilità, come il tunnel del Brennero, l’aeroporto di Bolzano, i megainceneritori. Per questo sono contraria alle svendite dei beni pubblici come l’energia e l’acqua. A Trento però da nessuna parte si sollevava l’ipotesi che le "risorse umane" o il "materiale umano" potesse proporre altro che ciò che con risultati disastrosi si sta facendo.

Proporre di rallentare, perché gli economisti del Nord al pari dei sindacalisti del pubblico impiego hanno sbagliato, facendoci credere che l’avanguardia avrebbe migliorato la vita di tutti. La realtà è ben altra. Il Sud è sempre più povero, in seguito ai meccanismi della corsa, e nel pubblico impiego crescono privilegi (compresi quelli di rubare e non venire licenziati), mentre nel privato si licenzia e quando si va in assenza per maternità si viene pagate solo all’80%.

Per ciò che riguarda la competizione, si è dimostrato che è molto più produttivo sviluppare la capacità di collaborare e aiutarsi a vicenda, perché l’intelligenza (da intelligere, cioè capire) migliora con il confronto e anche la creatività non cresce nell’isolamento. Anche l’artista più solitario è al corrente delle opere altrui, se vuole esprimersi al meglio. Sul piano politico, a maggior ragione, il correre e competere contrastano col fatto che le giovani donne e famiglie, se hanno figli, sono destinate di per sé a perdere tutte le corse. Il vecchio uomo che ne ha sostituito un altro altrettanto vecchio, diceva invece quella domenica che dare soldi alle famiglie non è decisivo, e fare come la Germania, che ha investito di recente imponenti cifre in asili nido, non è decisivo. In attesa della panacea di tutti i mali, non si fa dunque nulla.

Ma comunque, anche se non è chiaro se in Italia le linee del governo vengano dai politici o dalle banche, cercavo disperatamente di trovare qualcosa di buono in quel discorso, anche perché l’alternativa è, se possibile, ancora peggio.

In questo disagio è arrivata l’interruzione dei No Dal Molin, accompagnati dai No Tav. Li conosco, perciò mi sono inquietata meno degli azzimati signori del tavolo trentino, che credono il popolo facile al terrorismo. Il moderatore ha proposto che una portavoce spiegasse per "un minuto" le loro ragioni.

Prima indignazione. Quel festival è pagato anche con parecchio denaro pubblico. Stona che si offra un minuto. "Brevemente" sarebbe stata un’espressione più elegante. La portavoce è stata brava, giustamente emozionata dalla mannaia del tempo e dall’ostilità che percepiva intorno a sé sul quel palco. Ha detto ed è andata giù. E il discorso è ripreso. "Dunque dove eravamo rimasti…".

Mi sono disgustata. Non è degna di risposta la richiesta civile di tante persone che si fanno carico del bene comune? E di un’elettrice che chiede che venga mantenuta fede al programma votato?

Non esiste al mondo un altro paese in cui i politici al potere possano ignorare in modo così plateale l’opinione pubblica. Che si tratti di una minoranza è una presunzione non supportata dai fatti, non è stato fatto un referendum in materia. Se è una minoranza rimane il dovere di rispondere.

Perfino nella roccaforte bolzanina, dove un partito ha la maggioranza assoluta da 60 anni, dopo le proteste dei No Tav/Stop Bbt, la SVP si è affrettata a organizzare una serie di assemblee. L’ha fatto per concorrere con le riunioni informative ad alto livello proposte dagli avversari del tunnel, e può darsi che riesca a stancare la gente, ma l’ha fatto. Non si può governare e avere per avversari o addirittura nemici i propri concittadini.