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QT n. 12, 14 giugno 2008 Monitor

“De Gaspari” con Orchestra

Un saggio di fine anno di una scuola elementare: l'incontro tra i bambini e gli studenti di musica, in una divertente, pregevole esperienza didattica.

Lo spettacolo di fine anno della scuola elementare "De Gaspari" di Trento ha sempre avuto, fin dagli inizi, l’ambizione di andare oltre il classico "saggio" scolastico. Intanto perché è pensato come progetto che scompone le classi e i relativi maestri e li ricompone in gruppi di lavoro trasversali. Poi, perché agisce come un impegno dalle molte facce nell’arco di un quadrimestre, in cui i bambini (tutti i bambini) sono coinvolti per ideare, costruire, organizzare, recitare e coinvolgere a loro volta genitori e nonni affinché non siano solo spettatori della recita finale.

Una vocazione a rompere i confini (del maestro con la "sua" classe; della scuola con la famiglia e la città; di un linguaggio con l’altro) che si è arricchita quest’anno di un’idea nuova: coinvolgere un’orchestra, una vera orchestra, aprendosi a un linguaggio che non ha di solito grande spazio nella scuola. Così è nata la collaborazione con la scuola di musica dei "Minipolifonici", e all’evento finale di venerdì e sabato scorsi, all’Auditorium, la presenza viva e pulsante di 86 ragazzini musicisti faceva la differenza rispetto a qualunque base musicale registrata. Ma era anche qualcosa di più: tutto lo spettacolo partiva dall’idea narrativa di un gruppo di bambini che incontrano degli studenti di musica, dei principianti, e sembrava così porre la domanda: da dove viene lo spirito musicale?

La risposta è stata la messa in scena di quelli che potremmo definire viaggi fantastici nello spazio e nel tempo, a incontrare certe tradizioni o generi musicali (le melodie messicane, piuttosto che il jazz del Cotton Club) o fantasie legate alle suggestioni sonore della natura e balletti quasi astratti.

Non che il risultato teatrale sia stato perfetto, altri spettacoli dell’animazione delle De Gaspari (anche quelli cui abbiamo assistito all’aperto, magari sotto la pioggia) restano narrativamente più unitari e "leggibili", ma questo ha aperto una prospettiva di incontro tra linguaggi che merita di essere portata ancora più avanti e, nonostante le difficoltà tecniche di una messa in scena complessa (200 bambini che si alternano sul palco), ha dato il senso di una situazione di "laboratorio", di spirito corale, e di vero divertimento dei protagonisti, che sono prerogative di questa pregevole esperienza pedagogica.

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