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QT n. 3, marzo 2010 Trentagiorni

Dalmaso: fumata bianca, metodo nero

C’è voluta una carbonara seduta notturna della Giunta provinciale per arrivare all’approvazione della riforma Dalmaso sulla scuola trentina. L’ennesima dimostrazione di un metodo abborracciato, incapace di costruire un confronto franco e propositivo con docenti e studenti. Incapace perfino di accogliere quei sindacati che pure si erano dimostrati tanto proni e accondiscendenti. Il più grande fallimento (politico e mediatico) della Giunta ha riguardato proprio il metodo, che è stato sempre inqualificabile (come già raccontato su queste pagine nei mesi scorsi). Il Presidente che ha dato dei “pappagalli” agli studenti non poteva che meritarsi il “coniglio” che i ragazzi gli hanno portato in dono durante le manifestazioni di protesta. Privo di coraggio nell’ammettere gli errori commessi e privo di coraggio nel costruire (un anno fa, non oggi) una riforma degna di questo nome.

Per ora la Giunta ha deciso quali saranno gli indirizzi delle future scuole superiori trentine e, come previsto, l’istituto professionale statale è stato cancellato. C’è, però, un’altra novità interessante: il liceo cosiddetto “tecnologico” passerà in gestione dagli attuali Istituti Tecnici ai Licei, prendendo il nuovo nome di “liceo delle scienze applicate” come previsto dalla riforma Gelmini. Un nuovo liceo che probabilmente avrà meno ore rispetto al vecchio liceo tecnologico e che soprattutto ha generato una guerra sotterranea tra gli Istituti Tecnici che non vogliono perdere l’indirizzo (quindi iscritti, quindi soldi) e i Licei. Una squallida guerra tra scuole che riproduce la bassezza del confronto su questa riforma. Una caccia all’iscritto che deprime. Nessuno a chiedersi, senza fare conti di bottega, se un indirizzo denominato “liceo” debba finire in un Liceo o altrove. E per quali ragioni.

Intanto si aspettano con ansia i quadri orari di ciascun indirizzo. E nel frattempo, lungo i corridoi che portano negli uffici dei dirigenti scolastici, si notano le file dei lobbisti che cercano di accaparrarsi il 20% di ore “autonome”, gestite dai singoli istituti. Un lento lavoro di retrobottega che nelle scorse settimane ha generato parte del profilo della scuola superiore trentina. Alla fine, ci saranno contenti e scontenti, sommersi e salvati, nella solita logica spartitoria italiana. Per parlare di come innovare la didattica e renderla davvero efficace, prego passare un’altra volta. L’assessore e i dirigenti ora sono stanchi.