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QT n. 6, giugno 2010 Trentagiorni

Corri, Beppino

È un fiume in piena Beppino Englaro, deve raccontare, oggi di corsa a Trento e poi di corsa a Padova e forse Venezia, Trieste, Udine ed altre cento città. Deve spiegare alla gente, a tutta la gente, che “l’unico diritto che abbiamo è che non abbiamo nessun diritto”. E deve dire forte e chiaro che si può, anzi si deve, nutrire ancora la speranza di poter ottenere un giorno il rispetto di ciò che sei. “E se non sei più, di poter non essere, se è questo che vuoi”, grazie alla sua battaglia di 17 anni di dispute medico-legali, di ricerca forsennata di qualcuno che potesse dargli il diritto di avere rispetto per la dignità di Eluana

Beppino Englaro

“Mia figlia ha avuto le cure migliori, è stata soccorsa in modo tempestivo, con i mezzi più adeguati, i medici migliori, ma dopo due anni di rianimazione (il protocollo solitamente è di un anno) in cui sono stati attivati idratazione e respirazione forzata, la prognosi rimaneva quella di stato vegetativo permanente. Di fronte alle nostre richieste sullo stato dell’arte della medicina - racconta con fervore - il primario ci guardava sorpreso. La letteratura medica non va oltre la medicina al servizio della non morte, il rispetto della persona e delle sue volontà non rientra in nessun protocollo medico. Io ero un cane randagio che abbaiava alla luna, non mi ascoltava nessuno”.

Papà Englaro è un friulano, un montanaro del Carso che sembra un milanese. Non è uno che si fa prendere dall’emotività. Quando parla di Eluana, del suo essere intellettualmente libera, provocatoria e fulminante nei suoi assunti, mezza sala Rosa del palazzo della Regione ha gli occhi umidi, lui no. Englaro racconta ancora, dell’amico di Eluana che un anno prima di sua figlia aveva subito la stessa sorte e di tutte quelle conversazioni in famiglia, su di lui e sulla medesima vicenda del campione di sci Leonardo David.

Irriducibile e determinato, Beppino non si abbandona alla pietà, ma punta dritto alla dignità, tenta tutte le strade. Alla fine nel 1999 si apre uno spiraglio, il Comitato di Bioetica, ma si tratta di studi, di enunciazioni di principio. Nel 2001 la convenzione di Oviedo, sull’autodeterminazione terapeutica. Poi il gruppo di studi ed il convegno con il professor Veronesi. La stampa inizia a mostrare più attenzione al caso. Nel 2004 non può più essere il tutore di sua figlia ma ne diventa il “curatore speciale”. Finalmente la sentenza del 2007 sancisce per la prima volta che i medici non hanno il potere di obbligare a curare. Nessuno può decidere né “per”, né “al posto di”, ma “con”. La sentenza annulla tutta la cultura precedente. Il 9 luglio 2008 la conferma della Corte di Cassazione, ma il Calvario, quello vero, doveva ancora cominciare. Contro quella sentenza si scatena l’inferno e si consuma uno delle pagine più indegne che la politica di questo paese abbia mai scritto, con il ricorso alla Corte Costituzionale, che ratifica. La battaglia di civiltà di Englaro termina nel pantano di ricatti e veti da parte di eminenti personaggi del governo alle strutture che dovevano ospitare l’ultimo viaggio di Eluana.

In sala qualche domanda e poi la corsa verso Padova, mentre tutti i soci dei Laici per i Diritti Civili in assemblea vorrebbero stringergli ancora la mano, ringraziarlo ancora. Beppino, corre via verso un’altra platea, altri incontri, un’altra attonita città.