Bangarra Dance Theatre

Spettacolo potente e magnetico quello portato in scena al Teatro Sociale tra gli ultimi appuntamenti della stagione di InDanza, visibilmente uno dei più apprezzati dal pubblico, che grazie ad un interminabile applauso finale è riuscito a richiamare più volte sul palco i danzatori, apparentemente commossi da tanto calore. In realtà il Bangarra Dance Theatre dev’essere abbastanza abituato alla “meravigliosa fiducia e reciproco scambio con il pubblico” perseguito dal suo direttore artistico, Stephen Page, che, grazie alla consulenza artistica di due esperte di cultura aborigena, la coreografa Frances Rings e la consulente Kathy Marika, ha saputo portare in scena il fascino discreto di una cultura millenaria - quella appunto degli aborigeni australiani - mescolandola sapientemente con i movimenti della danza contemporanea.

Difficile parlare dei singoli “pezzi” perché è proprio il senso di fusione e di continuità a travolgere gli spettatori di Spirit, guidati in un lungo viaggio senza possibilità di fuga alla riscoperta delle origini del tempo e della creazione degli esseri viventi, il mitico dreamtime della cultura aborigena. L’atmosfera astratta e tenebrosa avvolge e svela le continue metamorfosi dei quattordici abilissimi animali-danzatori, guidati in questa sorta di percorso iniziatico dalla straordinaria figura di Kathy Balngayngu Marika, che nonostante l’aspetto spettrale (il volto e i capelli sono completamente bianchi) e qualche chilo di troppo dovuto alla veneranda età, cattura e allo stesso tempo dirige lo sguardo dello spettatore con l’autorità e la naturalezza dei veri stregoni indigeni. Il compito di unire tradizione e contemporaneità è affidato, oltre che alla perfezione tecnica degli interpreti, all’avvincente colonna sonora di David Page, fratello di Stephen e pluripremiato compositore australiano, che spazia con incredibile nonchalance dalle musiche rituali del popolo aborigeno ai ritmi martellanti della musica elettronica.