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La fine di Mozart

Un bel progetto impegnativo

Per il terzo anno il Centro Santa Chiara e il Conservatorio “Bonporti” hanno portato a felice compimento un imponente progetto artistico, denominato “Primo Palcoscenico”, avvalendosi della collaborazione di diversi soggetti istituzionali, come l’Istituto delle Arti di Trento e Rovereto, il Centro Moda Canossa e l’Istituto di Formazione Professionale ?Sandro Pertini?. Attribuita al Conservatorio la responsabilità scientifico-artistica del progetto, con il coinvolgimento della classe di canto, il coro e l’orchestra, sotto la regia del docente Augusto Faggioli e la direzione musicale del maestro Julián Lombana, il Santa Chiara ha fornito il personale e il supporto tecnico (luci, gli spazi e i materiali per la realizzazione dell’allestimento).

La proposta di quest’anno, intitolata “La fine di Mozart”, è una novità assoluta per il XX e XXI secolo: si tratta di un’opera lirica composta dal trentino Marco Anzoletti (1867-1929), mai più messa in scena - a quanto risulta - dopo la prima, nel 1898, al Teatro Lirico di Milano. La riscoperta e la trascrizione del manoscritto di Anzoletti si devono allo stesso m° Lombana e a Mattia Nicolini, docente di canto al “Bonporti” e coordinatore del laboratorio vocale, scenico e orchestrale insieme al regista e al direttore. Replicato in tre recite nell’arco di due giorni, lo spettacolo ha potuto contare su un pubblico abbastanza folto e su applausi meritati e sinceri a fine rappresentazione. La disposizione della scenografia - un salotto/stanza da letto/studio - direttamente in platea, tra l’orchestra collocata sul palco e il pubblico, oltre a costituire una curiosa sorpresa si è rivelata piuttosto una necessità, dato che tra musicisti e coro - a quanto annunciato - si superavano le duecento unità. Immaginabile, dunque, la potenza di suono e, di conseguenza, i rischi di una supremazia orchestrale rispetto alle voci dei solisti. In scena, alternati in diverse serate, i cantanti si sono esibiti nei personaggi di Mozart, Costanza, Beethoven, la Contessa di Clary, un Creditore e un Medico, secondo il libretto scritto dallo stesso Anzoletti, che - detto con franchezza - è sembrato l’elemento più debole dello spettacolo.

Nonostante si sviluppi in un unico atto, l’azione drammatica risulta piuttosto statica, tanto è vero che, per la maggior parte del tempo, il cantante nei panni di Mozart ha dovuto preoccuparsi soprattutto di recitare con impegno e versatilità la parte del compositore austriaco, dapprima depresso, poi malato, infine moribondo (per un buon quarto d’ora), nel letto, quasi senza dover cantare. Di contro, l’impianto musicale è apparso spesso gradevole, con una netta prevalenza degli ottoni, wagneriani nell’impeto, e un impiego misurato ma particolarmente efficace delle arpe. Il direttore Lombana, ovviamente all’altezza del suo ruolo, ha gestito il mastodontico corpo orchestrale con esperienza, certamente infondendo sicurezza ai giovani artisti sul palco, coro compreso. Prevista dalla partitura, è parsa molto commovente ed efficace la citazione del “Lacrimosa” dello stesso Mozart, eseguita mentre il personaggio agonizzava.

L’esito dell’operazione può pertanto considerarsi molto soddisfacente, poiché concepito in un’apprezzabile cornice di cooperazione tra pari, non competitiva, collettiva, in cui ognuno - dai maestri direttori all’ultimo corista, ai tecnici, agli scenografi, ai costumisti e ai vari collaboratori - è sembrato far parte di un tutto organico e unanimemente intento a onorare le arti, non solo la musica. In un’epoca in cui, a torto o a ragione, si riflette su come ridurre i finanziamenti da destinarsi alla prassi artistica e alla sua imprescindibile funzione formativa-culturale, allestimenti come questo, peraltro gratuito al pubblico, benché non illuminati dall’inesigibile eccellenza di artisti ancor giovani, consentono a tutti, spettatori e operatori, di coltivare l’esperienza artistica, con impegno professionale e al tempo stesso con uno spirito in qualche modo amatoriale, sganciato da logiche di profitto e da miraggi di gloria.

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